Orville Press, nuovo marchio editoriale ideato da Matteo Codignola (sostenuto dalla casa editrice Garzanti), debutta con un romanzo sorprendente e spiazzante, “Box Hill” di Adam Mars-Jones. Una storia lontanissima dalla scintilla romantica, fatta invece di attaccamento e di abusi. La sfida dell’autore sta nel raccontarla usando il registro della leggerezza

“Gli sono franato addosso. Ho inciampato, e gli sono franato addosso. Ogni volta che raccontava come ci eravamo conosciuti, Ray lo metteva bene in chiaro: non è che per me Colin ha perso la testa, ha perso l’equilibrio.”

Box Hill di Adam Mars-Jones (Orville Press, traduzione di Matteo Codignola) è una storia di equilibri forzati, di simmetrie distorte: lo sono tutte le relazioni umane, ma questa nasce e si sviluppa sul confine della violazione, è asimmetrica e degradante.

Box Hill di Adam Mars-Jones

Nel giorno del suo diciottesimo compleanno, Colin inciampa letteralmente nelle gambe fasciate di pelle del biker Ray. Siamo a Box Hill, nel Surrey, là dove la domenica si trovano i motociclisti.

Ray è un misto di sicurezza e di enigma, è fatto di cenni più che di parole. Si tira giù la lampo della tuta, è quello il suo modo di comunicare a Colin: lo mette davanti all’inevitabilità di un rapporto, lo comanda con uno schiocco di dita.

Inizia così, all’ombra di un albero, una storia lontanissima dalla scintilla romantica, fatta invece di attaccamento e di abusi. Colin è uno schiavo consensuale, minato da un’autostima bassissima che gli fa accettare tutto, ricercare l’attenzione di Ray, e riceverla come un regalo, anche quando brutale. Ray lo stupra, lo fa dormire per terra, lo condivide con gli amici del poker, gli taglia i capelli, lo porta al pub al guinzaglio: in una logica che ha tutte le dinamiche di una Sindrome di Stoccolma, Colin ne è conquistato, lo ama, lo rispetta riconoscendo nei suoi comportamenti una superiorità misteriosa e irresistibile.

Il fascino ipnotico di Ray fa per tutto il romanzo da contrappeso all’inadeguatezza di Colin, alla sua idea di essere nient’altro che “un’ameba”, senza nemmeno un girovita, un ragazzino grassoccio e bullizzato: questo confronto diventa un’ammissione di fortuna, l’essere stato scelto una vincita immeritata.

“Stavo sudando anch’io, un po’ per paura, un po’ per il gran caldo. Solo che il mio sudore era una scoria, il suo un velo di splendore, un ultimo tocco di bellezza. Una specie di nettare.”

La comunicazione gestuale, sessuale e carnale che sovrasta quella verbale fino a sostituirla totalmente diventa anche per Colin una modalità sicura, che gli assicura un suo ruolo, un punto di osservazione che condivide come narratore della vicenda.

Mentre siamo straziati dall’arrendevolezza di Colin, e infastiditi dalla crudezza degli abusi, cogliamo la complessità e la sfida di Adam Mars-Jones nel registro della leggerezza con cui la relazione viene raccontata, in una prima persona incredibilmente e insensatamente gioviale. Siamo distratti dalla semplicità allegra di Colin, che è inesperto e troppo inconsapevole delle implicazioni degli orrori subiti, rivelando un’ingenuità così profonda da fargli sembrare sana la condizione di sottomissione in cui si trova.

Colin sembra però sviluppare, aneddoto dopo aneddoto, un gioco perverso col lettore, che finisce per chiedersi se Colin è davvero così sprovveduto o non vuole vedere, quando racconta le violenze subite introducendole con espressioni come “un aspetto molto apprezzabile” o “pensavo sarebbe stato molto peggio”.

In realtà, in quanto detentore della narrazione, è sempre Colin ad avere l’ultima parola, a consegnare al lettore una possibile interpretazione, a instillare il dubbio che la sua ingenuità apparente nasconda invece il potere di essersi ritagliato un suo spazio, incomprensibile ai più, di rischio e di brivido, per dimostrare a se stesso di saper affrontare anche il pericolo di un salto, di saper scegliere una vita che lo fa sentire in prova, purché sia una scossa. Nell’estremizzazione dei contorni della relazione tra Colin e Ray, che è durata oltre sei anni in una qualche loro quotidianità, Mars-Jones fa emergere le sensazioni più umane e comuni, creando una continua contrapposizione di prepotenza e intimità.

“Ora, che Ray avesse carisma era evidente, e non ero il solo a subirlo. Però ci avevo messo del mio. Sostenere che sapessi fino in fondo cosa facevo, quando sono inciampato in quelle gambe lunghe e insolenti, significa spingersi un po’ più in là. Non troppo. Ero pronto. Non sapevo a cosa, ma ero pronto.”

Mentre chi legge sprofonda in un racconto sempre più disturbante, fatto di scene esplicite fino a essere spiacevoli e non destinate a un pubblico pudico, la penna esperta di Adam Mars- Jones rivela la volontà più sottile di smascherare le dinamiche di un potere che è nascosto nelle pieghe del rapporto e genera un continuo inseguire risposte a domande irrisolvibili.

Attraverso la descrizione scioccante di una relazione profondamente ingiusta Mars-Jones ci guida, con un umorismo spiazzante ma efficace, alle grandi incertezze dell’amore e lo fa specchiando la coppia Colin-Ray in un’altra coppia, altrettanto squilibrata, quella dei genitori di Colin, che nascondono dinamiche di dipendenza asfissiante e logorante, al punto di trasformare il loro matrimonio in un immobilismo claustrofobico.

Sullo sfondo dei liberi anni Settanta, che emergono vividi in una rievocazione nostalgica di un periodo schietto e rivoluzionario che non conosceva l’AIDS e le sue paure, il racconto di Adam Mars-Jones si dispiega fluido, rapido nel suo non essere mai interrotto da capitoli.

Fellow della Royal Society of Literature, affermato critico del Guardian e romanziere, creatore del personaggio di John Cromer, Mars-Jones fa di Box Hill una rappresentazione selvaggia e originale del comportamento umano con un linguaggio semplice, quasi disadorno, imprevedibilmente umoristico, molto inglese, che miscela con sapienza gli ingredienti. Raccontando l’oscenità ci mette davanti, con coraggio e senza pudore, a una storia d’amore che fa affiorare tracce insospettabili di tenerezza: i sentimenti sono un continuo e violento contrasto, e se ne esce profondamente segnati.

«Ma che devo farci, con te?».

Ci sono domande che non richiedono una risposta, lo so benissimo, ma questa preferivo ce l’avesse: «Tutto». Non essendo sicuro di averlo detto davvero, di non essermelo solo immaginato, l’ho anche ripetuto. Volevo arrivasse forte e chiaro: «Tutto quello che vuoi».

LA NUOVA CASA EDITRICE – A fine febbraio arrivano in contemporanea in libreria le prime due uscite di Orville Press, nuovo marchio editoriale ideato da Matteo Codignola, sostenuto dalla casa editrice Garzanti.

la tempesta è qui orville press

Oltre a Box Hill, di cui parliamo sopra, viene pubblicato anche La tempesta è qui di Luke Molgelson, un lungo reportage sull’America profonda e in gran parte ancora sconosciuta che ha condotto Donald Trump prima alla Casa Bianca e poi, il 6 gennaio del 2021, contro il Campidoglio. Il progetto Orville Press “prevede la pubblicazione di autori italiani e stranieri e si muoverà in campi molto diversi fra loro, dalla scienza allo spettacolo, dalla fotografia all’arte allo sport, oltre alla narrativa e al reportage”.

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