“Il Caffè filosofico ci insegna a essere sempre disponibili per una nuova verità, a porre e a porci domande senza la paura di esporci per non rivelare troppo di noi, perché al Caffè filosofico non si vende e non si compra niente, non si fanno affari, non si finge, si sta con gli altri in un rapporto di fiducia e di condivisione e si riscopre il piacere dello stare insieme…”. La riflessione di Simonetta Tassinari, scrittrice, insegnante e animatrice di caffè filosofici…

Che il caffè, questo tesoro di origine africana, tenga svegli e aiuti la fluidità e la lucidità del pensiero, era una verità ben presente agli Illuministi, che ne erano grandi consumatori.

Come dimenticare la rivista Il Caffè dei fratelli Verri, che nella Milano “illuminata” del Settecento si prefiggeva di destare le coscienze e di svecchiare il mondo?

Voltaire ne beveva almeno una trentina di tazze al giorno, a casa sua e presso  il celebre Café Procope di Parigi –  peraltro tuttora aperto, nel sesto arrondissement – dove si scrissero, tra l’altro, molti articoli dell’Encyclopédie.

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Al Café Procope si davano appuntamento i giornalisti, i politici, gli intellettuali più in voga e per l’appunto i philosophes, per scrivere, discutere e confrontarsi, tra una tazza delle prelibata bevanda, un sorbetto e un dolce.

L’abbinamento caffè-filosofia è stato riscoperto in Francia negli Anni Ottanta del Novecento su iniziativa di un professore di filosofia, Marc Sautet, autore del bestseller internazionale intitolato Socrate al caffè. Sautet prese a incontrarsi con i suoi alunni, con persone interessate e con semplici curiosi al Café de phares, in Place de la  Bastille, per discutere dei più vari argomenti, fondando in effetti il primo café-philo contemporaneo e dando l’avvio  a un genere di attività filosofica pubblica e divulgativa che ormai dalla Francia si è diffusa ovunque.

Conduco dei caffè filosofici da molti anni e mi è capitato di tenerne in diverse regioni italiane, sempre con una fitta partecipazione di pubblico. Si chiama “Caffè filosofico” ma vi si discute in modo colloquiale, senza troppi termini specialistici, perché filosofico è il modo di procedere, discorsivo e razionale, aperto e inclusivo, e filosofici ne sono gli obiettivi. Questi incontri non sono semplici riunioni, ma veri e propri spazi di riflessione e dialogo, in cui le persone possono esplorare gli argomenti più disparati senza barriere o limitazioni.

Ai “Caffè filosofici” partecipano persone di ogni tipo, insoddisfatte della cultura di massa e desiderose di dialogare davvero.

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Le “regole” sono molto semplici. Occorre innanzi tutto un filosofo – o comunque qualcuno che conosca la materia e sappia condurre la discussione –  il quale propone un tema di rilevante interesse (ad esempio l’amicizia, il multiculturalismo, i conflitti di genere, l’esistenza di Dio, il valore dell’arte, i limiti della scienza, il principio di prestazione e la competitività nella nostra società, la bellezza e l’apparire, e così via…).

Bisogna naturalmente rispettare l’ordine delle prenotazioni e lasciare che ognuno concluda il proprio intervento senza interromperlo; professare, direbbe John Locke, opinioni ragionevoli e non violente; prestare attenzione, dimostrando anche di saper ascoltare.

Chi presiede funge nello stesso tempo da moderatore; se qualcuno divaga o si “accaparra” troppo del tempo a disposizione, il conduttore gli ricorda con garbo che è bene anche dare ad altri la possibilità di esprimersi, perché il pluralismo delle opinioni è il sale dell’incontro.

All’occorrenza, il conduttore-moderatore cita frasi e pensieri di filosofi, psicologi e sociologi da commentare, criticare o condividere, che offrono nuovi spunti e nuovi snodi al colloquio.

A differenza delle presentazioni di libri o di eventi culturali in genere, come ad esempio un concerto, i partecipanti sono tutti protagonisti, se lo desiderano; se preferiscono essere soltanto spettatori, nessuno glielo vieta.

Dopo una breve presentazione delle caratteristiche del “Caffè filosofico”, vengono proposti aforismi e frasi tratti dalle pagine dei filosofi, per fornire gli elementi di una prima discussione.

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Supponiamo che l’argomento sia il valore dell’amicizia nella società contemporanea; si citeranno magari Aristotele, Platone, Seneca o Cicerone, e poi, per sollecitare lo scambio di vedute, si proporranno interrogativi come “Quale tipo di amicizia potrebbe essere la più vantaggiosa per il nostro benessere psichico e il senso di soddisfazione che ci aspettiamo dalla vita di relazione? Uomini e donne possono essere amici? É preferibile avere amici ‘così e così’ che non averne affatto? Che cosa ci aspettiamo da un ‘vero’ amico? Quale tipo di esperienze personali abbiamo avuto”, e così via.

Iniziano gli interventi, di cui il conduttore prende nota perché alla fine dovrà “ricucirli”,  mostrando ai partecipanti i vantaggi (innumerevoli) di ragionare insieme; spesso c’è davvero da meravigliarsi perché accade che la conclusione sia  di forte spessore, soprattutto se gli interventi sono stati appassionati e numerosi.

La sintesi finale verrà letta e a sua volta discussa, e rappresenterà, sull’onda dello spirito socratico, la verità,  comune – e naturalmente sempre in itinere – alla quale si sarà giunti nel corso della serata. Tra i presenti si crea una forte empatia; è come se d’un tratto ci si ricordasse che per questo siamo fatti, per ragionare insieme, per aggiungere tasselli alla nostra visione globale dell’esistenza, per far nostra l’esperienza altrui e viceversa. Partecipare a un Caffè filosofico è una reale e appagante esperienza comunitaria.

Alla fine – mi è accaduto spesso –  ci si domanda: “Ma davvero, tutti insieme, siamo riusciti a discorrere, a riflettere così bene, ad andare così a fondo, a sentirci parte di una comunità dialogante?”.

Se ne esce più maturi rispetto a quando ci si è entrati, con meno errori e meno pregiudizi in testa, in un rapporto più dialettico col mondo, più disponibili a una nuova verità. Anche, s’intende, con più dubbi, ma in  questo contesto il dubbio non è visto come un segno di debolezza, bensì come un motore del pensiero critico.

Il Caffè filosofico ci insegna a essere sempre disponibili per una nuova verità, a porre e a porci domande senza la paura di esporci per non rivelare troppo di noi, perché al Caffè filosofico non si vende e non si compra niente, non si fanno affari, non si finge, si sta con gli altri in un rapporto di fiducia e di condivisione e si riscopre il piacere dello stare insieme, perché a noi uomini piace stare insieme: siamo progettati per vivere “con” gli altri.

L’atmosfera che vi si respira è particolare; il confronto tra i parlanti è paritetico, si presta attenzione a quel che viene detto e non a chi lo dice, si esercita la virtù dell’ascolto attivo,  espressione di rispetto e apertura verso gli altri,  tra persone che si conoscono oppure che non si sono mai viste prima, quasi mai sono esperte della  filosofia “accademica”, ma tutte attente, entusiaste, desiderose di prendere la parola.

Il Caffè filosofico rappresenta dunque un’esperienza profondamente coinvolgente che va oltre il semplice scambio di idee: è un’esperienza che favorisce la creazione di legami significativi e l’approfondimento della comprensione reciproca, nella consapevolezza di aver contribuito, con le proprie idee e riflessioni, a un processo di scoperta collettiva.

L'ultima estate in paese

L’AUTRICE – Simonetta Tassinari insegna Storia e Filosofia nei licei. Ha insegnato “Laboratorio di didattica della filosofia” presso l’Università del Molise, è stata tutor universitario del TFA (Tirocinio Formativo Attivo), da anni coltiva la Psicologia relazionale, la Psicologia dell’età evolutiva, il counseling filosofico e la divulgazione filosofica per bambini e ragazzi. È l’animatrice di partecipati “Caffè filosofici” e tiene conferenze e presentazioni in tutta Italia.

Ha pubblicato romanzi, testi di argomento storico e filosofico (tra gli altri, per Einaudi scuola) e il saggio “brillante” – sull’insegnamento della filosofia nelle scuole – La sorella di Schopenhauer era una escort (Corbaccio). Con Corbaccio ha pubblicato anche Donna Fortuna e i suoi amori, La casa di tutte le guerre e Le donne dei Calabri di Montebello.

Per Feltrinelli ha pubblicato nel 2019 Il filosofo che c’è in te; S.O.S. filosofia. Le risposte dei filosofi ai ragazzi per affrontare le emergenze della vita, rivolto agli adolescenti; Il filosofo influencer. Togliersi i paraocchi e pensare con la propria testa (2020); per Gribaudo Instant Filosofia (2020) e Le 40 parole della filosofia (2021) e Il libro rosa della filosofia – Da Aspasia a Luce Irigaray, la storia mai raccontata del pensiero al femminile (2024).

Ora è in libreria per Corbaccio con L’ultima estate in paese: in uno sperduto paese molisano di montagna, durante l’estate del 1975 giunge inaspettato un giovane straniero biondo, alto, a cavallo di un potente Kawasaki: il suo nome è Pierre Duchamp, di nazionalità belga, di professione architetto

Qui i suoi articoli per ilLibraio.it.

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