“L’aspetto rivoluzionario, sovversivo, queer, di ‘Camere separate’ sta nella presentazione di una storia omosessuale come una storia d’amore qualunque”. Su ilLibraio.it la riflessione, dedicata all’opera di Pier Vittorio Tondelli, di Luca Starita, in libreria con “Canone ambiguo: della letteratura queer italiana”

Quella che si sente nelle pagine di Camere separate è una musica, movimenti musicali che scandiscono la storia di Thomas e Leo. Come un’opera sinfonica, per quanto coinvolgente, meravigliosa e struggente, è destinata a un epilogo, così l’amore dei due uomini è destinato a un distacco irreversibile.

La scomparsa prematura di Thomas, infatti, divide i due amanti e sembra quasi una previsione dell’altrettanto prematura scomparsa dello stesso Pier Vittorio Tondelli, che muore di AIDS il 16 dicembre 1991, due anni dopo la pubblicazione di questo suo ultimo romanzo.

Camere separate è una lunga elaborazione del lutto da parte di Leo, che si interroga sulle scelte non fatte, sul suo non esserci stato abbastanza, non aver fatto abbastanza, non aver detto abbastanza.

In un solo decennio Pier Vittorio Tondelli riesce a ribaltare e a stravolgere tutti i canoni e le percezioni di ciò che significava, alla fine del secolo scorso, essere una donna o un uomo, un eterosessuale o un omosessuale.

Se si confronta Camere separate con il resto delle opere tondelliane, si avverte l’elemento più originale che caratterizza la storia d’amore omosessuale raccontata in queste pagine: l’apparente normalità.

In Mimi e istrioni, racconto contenuto in Altri libertini del 1980, Tondelli presenta alcune donne che si nutrono di un potere indiscusso, un potere che permette loro di creare un equilibrio tutto personale, indirizzato verso una libertà desiderata: sono donne, appunto, libere, esagerate e coraggiose, che fanno della propria vita il mezzo primario per ottenere l’indipendenza.

In Pao Pao, romanzo del 1982, è l’uomo che viene messo al centro, un uomo svirilizzato che nemmeno negli ambienti della caserma, il più longevo museo dell’esasperazione della maschilità, riesce più a tenere insieme i pezzi di un’interiorità ormai frammentata, divisa in mille volti che rappresentano nient’altro che i diversi lati della natura di una stessa entità.

L’aspetto rivoluzionario, sovversivo, queer, di Camere separate sta nella presentazione di una storia omosessuale come una storia d’amore qualunque: l’eros raccontato è uguale per tutti, è un eros che si concretizza nella scoperta di due corpi che provano a conoscersi, che tentano di distaccarsi dai pregiudizi e dagli schemi sociali rigidi in cui si trovano costretti perché è la vita, quella vita normale, che li impone.

“Forse camere separate era l’illusione, forse fin troppo turistica, che la sua idea dell’amore corrispondesse a quella delle canzoni e dei libri. Ma quale altro tipo di amore poteva esistere?”.

Le camere separate del titolo rappresentano lo stratagemma con cui Leo tiene a distanza Thomas da tutte quelle situazioni sociali che, di norma, apparterrebbero alle sole coppie eterosessuali. È una sola la domanda che Leo si pone: come avrebbe vissuto la sua relazione se avesse avuto la possibilità di renderla reale?

È come se Leo oscillasse continuamente tra la ricerca di una normalità e la consapevolezza della sua impossibile realizzazione, tra il tentativo di avvicinarsi ad una conoscenza approfondita di quello che lui sa essere l’amore della sua vita e quello di allontanarlo, perché la società non permetterebbe una simile unione contro natura.

“«Io lo amo. E il resto vada al diavolo». Ma l’amore ha bisogno del mondo, per potersi affermare e Leo sapeva come la felicità avesse bisogno di restare mondana per potersi appagare”.

Il momento esatto della realizzazione della discrepanza tra ciò che rappresenta la relazione dei due uomini e ciò che essa è, nel concreto, per la società è quando Leo va a fare visita al suo amante in ospedale. Gli elementi che esistono e che danno concretezza e legittimità di esistenza all’amore dei due uomini sono il contatto delle loro mani, gli occhi spalancati di Thomas che si aggrappano alla figura dell’amante, i sussurri di alcune verità valide solo per entrambi e per quel loro mondo personale che di separato non ha nulla. Gli elementi “altri”, invece, esterni, sono lo sguardo del padre di Thomas, che intima a Leo di uscire e di andarsene, la presenza dei soli familiari in ospedale, un legame che non è autorizzato a esistere perché non ufficializzato da nessuno.

I movimenti dell’amore dei due uomini sono fatti di una lotta continua che frammenta, riunisce, separa e ricongiunge, una lotta perenne tra ciò che si è, nel profondo, e ciò che si deve essere, per gli altri.

Canone ambiguo di Luca Starita

L’AUTORE – Luca Starita (Napoli, 1988) si è laureato in Italianistica all’Università di Bologna con una tesi sul queer nella narrativa di Aldo Palazzeschi. Collaboratore di numerose riviste letterarie, è autore del romanzo La tesi dell’ippocampo (Bookabook, 2019) e delle due drammaturgie Quanta strada nelle mie scarpe (2018) e Caleidoscopio (2019) per la compagnia teatale Murmuris.

Cosa significa letteratura omosessuale? Si intende forse l’opera di una persona omosessuale? O piuttosto il punto è l’argomento? Ma poi, che senso ha preoccuparsene? Starita pone queste domande nel suo libro in uscita per effequ dal titolo Canone ambiguo: della letteratura queer italiana.

Luca Starita

Luca Starita

L’autore rimette in scena diversi momenti di classici della letteratura italiana attraverso i quali gli è possibile ridiscutere le idee stesse di maschilità e femminilità, interrogando allo stesso tempo la propria esperienza e la propria identità: in quest’insolita catabasi, si compone gradualmente un canone, se non alternativo, certamente aumentato. Starita entra in dialogo con narrazioni che, in tempi non sospetti, piantavano un seme di queerness nel cuore del nostro immaginario collettivo. Queer, oltre che strano, gay e diverso, può significare anche radicalmente autentico.

Libri consigliati