“Non sono personaggi facili i cani, chiedono uno spazio che va al di là dell’empatia emotiva che li vorrebbe nostri doppi…”. Un uomo, uno scrittore, e il suo cane. Alberto Rollo torna in libreria con il toccante “Billy il cane” e su ilLibraio.it si sofferma sui personaggi (cino-personaggi?) che hanno lasciato traccia nella memoria letteraria. A partire dal vecchio Argo e dal genio di Omero, per arrivare ad autori come Thomas Mann, Franz Kafka, Jack London e molte e molti altri, anche contemporanei: “Non è solo questione di proverbiale lealtà. La vita di un cane è più breve di quella di un uomo, ma è lunga quanto basta per siglare, prima del consumarsi dell’umana giustizia, la mera pietà che benedice l’esistenza…”

Mi è venuto incontro con l’urgenza semplice delle vicende che hanno segnato la mia maturità. La storia di un cane. Del mio cane, che si chiamava Billy. E ne è venuto fuori Billy il Cane. Avevo una certezza. Che non sarebbe stato un racconto ispirato da mimetismi cinofili.

Billy è stato un antieroe, e come tale appare, senza smancerie. Mi piace (e mi piaceva) la bestia che c’è in lui. Questa ferinità, d’altro canto, non toglie nulla alla violenza degli affetti, e anche quest’ultimi hanno un posto nel racconto.

Per dare qualche compagnia a Billy provo a fare due passi indietro nelle storie e nei personaggi (cino-personaggi?) che hanno lasciato traccia nella memoria letteraria. Essendo la lista sterminata mi affido a un taglio soggettivo e mescolo figure celeberrime ad altre che entrano nella galleria immaginaria da ingressi secondari o non necessariamente narrativi.

Vien voglia di spiare subito, attraverso i secoli, il vecchio Argo sdraiato sul letame, dal padrone “allevato ma non goduto”, che scodinzola da lontano riconoscendo sotto i panni del mendico il padrone tornato. Qui si accende il genio di Omero: “E subito il fato della nera morte colse Argo, / quando ebbe visto Odisseo dopo vent’anni”.

Si avverte lo spessore del tempo, che è tempo d’assenza, e tempo d’attesa. Il cane misura la felicità con un addio. Il cane che eccelleva nella caccia e che, non appartenendo più a nessuno, giace in disparte, può abbandonarsi al nulla, colmo del tutto che non ha smesso di portare in sé.

Non è solo questione di proverbiale lealtà. La vita di un cane è più breve di quella di un uomo, ma è lunga quanto basta per siglare, prima del consumarsi dell’umana giustizia, la mera pietà che benedice l’esistenza.

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L’avventura di Argo, quella sua resistenza senza altro strumento che la propria educata ferinità, non è da meno di quella di Odisseo, delle sue guerre, delle sue imprese sul mare. Per un attimo, quando il fato chiude gli occhi del cane, avvertiamo la sua ignara grandezza, dolcissima, straziante. Pochi versi, tanto mondo. Tolleri Omero che la mia memoria associ al suo Argo il cane senza nome che appare di sguincio nella canzone Jerry Jeff Walker, Mr Bojangles: è la storia di un uomo che ha passato l’esistenza danzando dentro le scarpe logore e i larghi pantaloni da bagonghi e che ora si trova in galera e tutti gli chiedono di danzare e lui dice che lo ha fatto per quindici anni per il Sud in lungo e in largo,  che ha roteato alto nell’aria insieme al suo cane e che poi quel cane è morto così, di punto in bianco, “the dog up and died”, e ancora a pensarlo gli si spezza il cuore.

Di cosa sia fatta l’intesa con un cane ci dice un poeta come Franco Marcoaldi in Animali in versi: “Il problema non è tanto / che io parlo e lui non mi capisce. / Semmai il contrario: il vero enigma / è il cane, che tutto sa di me / e mai ne riferisce”.

È l’enigma che muove Flush, il cocker spaniel di Elizabeth Barrett Browing, che Virginia Woolf  trasforma nell’intrepido testimone di una grande stagione d’amore e di poesia. È l’enigma che muove Bauschan, il bracco da ferma a pelo corto di Thomas Mann che appare in Padrone e cane.

Faremmo un torto alle creature che sanno e non riferiscono negando loro la ferinità che dimora dietro i loro occhi, quella che da Buck in Il richiamo della foresta di Jack London conduce a Osak Il mio cane del Klondike di Romana Petri.

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Non sono personaggi facili i cani, chiedono uno spazio che va al di là dell’empatia emotiva che li vorrebbe nostri doppi. Franz Kafka che ha prestato loro la parola ne prende atto in Indagine di un cane: “A noi cani, quasi a scherno, fu concesso un cuore meravigliosamente robusto, dei polmoni impossibili a logorarsi anzi tempo, resistiamo a tutte le domande, anche alle nostre, da baluardi del silenzio quali noi siamo”.

Baluardi del silenzio, già. È così che ci viene incontro Tito il cane che occupa la parte centrale di Paradiso del poeta Stefano Dal Bianco: “e camminiamo nel silenzio / e Tito ha il naso rasoterra / tutto il tempo perché tutto / profuma di qualcosa / io ho il naso per aria / perché il profumo è altrove, / perché niente mi basta sulla terra”.

Quanta distanza e quanta prossimità. Uomo e cane. Chi sia “padrone” l’uno dell’altro, difficile dirlo. Sandra Petrignani ha raccontato di sé attraverso i suoi cani in Autobiografia dei miei cani: non ha mai smesso di mescolare le esistenze, contemplando questi meravigliosi baluardi del silenzio, con il naso rasoterra.

Bibliografia:

Omero, Odissea, traduzione di G. Aurelio Privitera, Oscar Mondadori, 1991

Jerry Jeff Walker, Mr Bojangles, ATCO, 1968

Franco Marcoaldi, Animali in versi, Einaudi, Collezione di poesia, 2006

Jack London, Il richiamo della foresta, traduzione di Gianni Celati, ET Classici, 2014

Thomas Mann, Padrone e cane e altri racconti, traduzione di Ingrid Hardbeck, Universale Economica Feltrinelli, 2014

Romana Petri, Il mio cane del Klondike, Neri Pozza, 2017

Franz Kafka, Indagine di un cane in Il messaggio dell’imperatore, traduzione di Anita Rho, Adelphi, 2023

Stefano Dal Bianco, Paradiso, Garzanti, 2024

Sandra Petrignani, Autobiografia dei miei cani, Gramma Feltrinelli, 2024

alberto rollo billy il cane

 

L’AUTORE E IL LIBRO – Un uomo, uno scrittore, e il suo cane. Alberto Rollo torna con il toccante Billy il cane (Ponte alle Grazie), un racconto in cui non mancano le gite nei boschi, tra ontani, aceri e castagni.

Billy il Cane si muove non visto verso una meta che conosce lui solo: ha consumato il suo tempo. Si sottrae fieramente al consorzio umano, come la sua profonda ferinità gli impone.

I suoi tutori lo cercano e lui, fratello della notte, inciampa con la memoria nella sua vita da cane: rivede l’infanzia disgraziata, l’ingresso nella casa del balzano terzetto dei suoi tutori che lo hanno strappato alla strada, la biblioteca del tutore dove ha “assaggiato” la carta di tanti libri e per osmosi ha imparato la sua lingua. E poi le risse, i morsi, gli amori e soprattutto la rabbia che sempre ha abitato il suo bellicoso cuore smargiasso, impaziente di avanzare nel mondo…

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Rollo, nato a Milano, è autore di diversi libri: dall’autobiografico Un’educazione milanese (Manni, 2016, finalista al Premio Strega 2017) a Il grande cielo (Ponte alle Grazie, 2022), passando per il poemetto L’ultimo turno di guardia (Manni, 2021), e Il miglior tempo (Einaudi Stile Libero, 2021).

Critico letterario e traduttore (fra gli altri, di Jonathan Coe, Steven Millhauser, Truman Capote, Henry James), dal 2016 è consulente della narrativa italiana Mondadori, dopo essere stato a lungo un importante editor della Feltrinelli.

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