“Creature Luminose” di Shelby Van Pelt è un romanzo dal sapore fresco ma al contempo melanconico; non soltanto un’opera di intrattenimento, ma un esempio di letteratura trasversale da approcciare coi capelli al vento e col cuore vista oceano. Un libro per indagare la parte più autentica di noi stessi, quella che celiamo sul fondale delle nostre storie

La storia di un legame che travalica ogni barriera, anche quella corallina; sviluppando a narrazione la pluralità di circostanze che vedono l’infaticabile Tova Sullivan – una signora settantenne addetta alle pulizie presso l’acquario comunale di Sowell Bay – instaurare un rapporto di affezione con l’intelligentissimo Marcellus Dè Calamarisil polpo gigante del Pacifico ivi ospitato durante i suoi ultimi mesi di vita -, il delizioso Creature Luminose di Shelby Van Pelt, al debutto italiano per Mondadori nella traduzione di Federica Aceto, sensibilizza il lettore circa i temi della comunicazione interspecifica e della solidarietà nel regno animale, fra le pagine scorrevoli di un romanzo per tutti i gusti ricordandoci che, sia esso un gesto fraterno, a quattro zampe o tentacolare, è comunque l’abbraccio di un amico ciò che ci sostiene nel momento del bisogno.

Creature Luminose Shelby Van Pelt

“Quanto siete prevedibili, voi umani! Con una sola eccezione. La donna anziana che pulisce i pavimenti (…) mi parla. Io e lei… conversiamo”, questo ci racconta il cefalopode a proposito della rassicurante protagonista, una vedova di origini svedesi che, a seguito della sparizione del figlio Erik – i giornali hanno parlato di suicidio, anche se il suo corpo non è mai stato identificato – ritrova una parentesi di stabilità all’interno dell’azienda in cui lavora, prendendosi cura dei suoi abitanti quasi fossero i componenti acquisiti di una non convenzionale famiglia allargata.

In particolare, di tutte le creature che popolano Sowell Bayanguille lupo, cetrioli di mare e sculpin dal naso affilato, solo per citarne alcuni – è di certo Marcellus l’esemplare preferito da Tova, e ciò non soltanto per le incredibili caratteristiche che ne contraddistinguono la struttura fisica (come la presenza di tre organi cardiaci, le dimensioni sovra-misura o le sofisticate tecniche di mimetizzazione) ma, soprattutto, per le straordinarie capacità intellettuali che, oltre a facilitarne le complesse strategie di fuga – dalla piscina d’acqua salata sino alla vasca dei granchi cirripedi – lo rendono altresì un abile pensatore e, soprattutto, un confidente senza eguali.

In tal senso, è davvero su Marcellus che il romanzo impiega il maggior focus; nonostante la linearità dell’intreccio sembri infatti concentrarsi sulla figura di Tova (e delle sue relazioni sociali, dalle pensionate Mezze Calzette allo spasimante Ethan Mack), è nel diario di cattività dedicato all’amico polpo che davvero l’autrice ci consegna l’obiettivo finale del romanzo, vale a dire scandagliare le contraddizioni dell’animo umano ma dal punto di vista, inedito, di una creatura abissale.

È d’altronde, costui, un osservato-che-osserva; proclive per sua stessa natura ad addentrarsi nelle interiorità marine, è dalla sua posizione di vedetta al di là del vetro che Marcellus ha accesso a una serie di informazioni per noi altrimenti impossibili da raggiungere, talché il suo intuito costituisce elemento imprescindibile per immergerci nel racconto e discoprirne i segreti di trama.

Prova ne sia che, quando lo squattrinato Cameron Cassmore approda a Sowell Bay per sostituire l’infortunata protagonista come nuovo manutentore dell’acquario, è lo stesso Marcellus a riscontrare nel ragazzo una somiglianza a dir poco genealogica con la fisionomia della donna e ciò sino al punto di anticipare, fra i due, l’esistenza di un legame che andrà poi a consolidarsi ben oltre le aspettative di una favola.

“Quando, anni fa, ho scritto la prima stesura delle pagine che aprono questo libro”, dichiara l’autrice in calce all’opera “(…) Avevo da poco visto su YouTube un video in cui un polpo in cattività riusciva ad aprire una scatola chiusa a chiave con dentro del cibo (…), ho capito che sono le creature più affascinanti che esistano sul nostro pianeta. Vorrei ringraziare anche il polpo di quel video. E tutti i polpi in genere, perché ogni tanto ci consentono di spiare il loro mondo”.

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Con un epilogo dolceamaro che ci predispone alla speranza (come pure a qualche lacrimuccia), con il suo Creature Luminose Shelby Van Pelt firma un romanzo dal sapore fresco ma al contempo melanconico; non soltanto un’opera di intrattenimento, dunque, ma un esempio di letteratura trasversale da approcciare coi capelli al vento e col cuore vista oceano – magari dopo aver visionato il documentario del 2020 Il mio amico in fondo al mare, assolutamente da non perdere -. Per indagare la parte più autentica di noi stessi, quella che celiamo sul fondale delle nostre storie.

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