“Si dice che secoli fa passò una carovana di zingari, che decise di fermarsi e così, attraverso le generazioni, la popolazione nomade si mischiò con quelle locali”. Daniela Raimondi, scrittrice e poetessa, racconta a ilLibraio.it le suggestioni popolari e letterarie alla base della stesura di “La casa sull’argine”, saga familiare acclamata dal pubblico in cui l’autrice ripercorre due secoli di storia – L’intervista

Daniela Raimondi, poetessa e autrice, con il bestseller-rivelazione La casa sull’argine (Nord) mette in scena una vicenda familiare che attraversa i secoli e le epoche e profuma di realismo magico.

La storia, che si svolge principalmente in provincia di Ferrara, in un borgo che si snoda lungo il fiume Po, prende avvio con il matrimonio tra un ragazzo del posto, Giacomo Casadio, e la zingara Viollca, che abbandona il suo popolo per amore. Sarà una profezia di Viollca, una visione oscura e di morte, a determinare le scelte della famiglia nelle generazioni a venire. Raimondi con La casa sull’argine racconta il potere violento e pericoloso dei sogni, motore inevitabile di ogni scelta umana.

L’autrice ripercorre con ilLibraio.it la genesi del romanzo che l’ha fatta scoprire dal grande pubblico. Parliamo infatti di uno dei casi editoriali degli ultimi mesi, da settimane protagonista in classifica.

Daniela Raimondi, La casa sull'argine, Nord

Com’è nata l’idea del romanzo?
“Questa storia è la prima cosa a cui ho pensato quando, a quarant’anni, quindi molto tardi nella vita, ho deciso di scrivere. Mi sono però accorta quasi subito che non avevo ancora gli strumenti per portare avanti il progetto, quindi ho cominciato a scrivere altro, poi mi sono occupata anche di poesia, ma ogni tanto tornavo su questa storia”.

Come mai?
“Perché è la storia della mia famiglia. La gestazione è stata così lunga proprio perché cominciavo e abbandonavo, ricominciavo e abbandonavo di nuovo, spaventata dalla mole di lavoro che necessitava. C’era tutta la storia da controllare, le date, gli episodi che dovevo trasformare narrativamente… Poi nel 2012, con la morte di mio padre, è arrivata la spinta emotiva necessaria per sedermi e continuare il romanzo e, effettivamente, un paio di anni fa l’ho finito”.

Il risultato di tanto lavoro è un testo molto fluido, in cui i contorni di realtà e invenzione si confondono.
“Con il materiale che avevo a disposizione non ero in grado di andare al di là dei miei nonni, con qualche piccola incursione nella storia dei bisnonni. Infatti, inizialmente, il romanzo cominciava nel Novecento, con il personaggio di Neve. Poi un’amica mi ha parlato di una leggenda locale: molte persone della zona in cui sono nata, sul confine tra la provincia di Mantova e di Ferrara, hanno la pelle più scura rispetto alla gran parte di chi vive in quei luoghi. Si dice, dunque, che secoli fa passò una carovana di zingari, che decise di fermarsi e così, attraverso le generazioni, la popolazione nomade si mischiò con quelle locali. In realtà è una vicenda con delle fondamenta storiche, documentate, dunque ho pensato che, se c’è un fondo di verità, i miei colori scuri possano indicare che anche in me c’è una parte di sangue tzigano. Allora ho deciso di creare un passato magico per la mia famiglia e riempire così i vuoti che non conoscevo. La parte delle generazioni più antiche, quindi, è molto romanzata, mentre la seconda parte, quella del Ventesimo secolo, è più fedele alla realtà. Sopratutto per quanto riguarda il personaggio di Guido, che è mio padre, la cui vita è stata riportata in modo molto preciso. È anche l’unico personaggio di cui ho mantenuto il vero nome”.

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Com’è stato lavorare a un simile intreccio?
“Non è stato per niente facile. Uno dei passi fondamentali ha riguardato le date di nascita e morte di ogni personaggio, per evitare che qualcuno tornasse alla ribalta a trent’anni dalla sua morte, o che qualcuna restasse incinta a ottantacinque anni: sono errori in cui si può incorrere quando si ha a che fare con oltre trenta personaggi principali, più tutti quelli secondari. E poi, a fine stesura, con la casa editrice, ci siamo assicurati che non ci fossero incongruenze per quanto riguardava date ed episodi storici. Ho fatto una lunga ricerca, soprattutto per quanto riguarda le testimonianze, per esempio ho studiato molte lettere scritte da soldati durante la prima guerra mondiale, per adeguare il racconto intimo dei personaggi alle vicende reali”.

Il romanzo attraversa diverse epoche storiche, a volte sfiorate, a volte approfondite.
“L’approfondimento dipende dall’episodio e dall’importanza che riveste nella vicenda. A volte la Storia mi è servita solo come uno sfondo entro il quale far muovere i personaggi, altre volte ha modificato in modo tangibile le loro vite, come succede con Donata e il terrorismo nella parte finale del romanzo. In quel caso si tratta di un mondo che ho conosciuto abbastanza da vicino, attraverso una parente, e che sentivo potenzialmente riconoscibile dai lettori, quindi ho voluto approfondirlo. Mentre quasi tutti i personaggi del romanzo subiscono la Storia con la esse maiuscola spesso senza comprenderla davvero fino in fondo, come Erasmo, che muore sul fronte del Carso senza capire cos’è la guerra, invece Donata è uno dei pochi personaggi a prendere le redini del proprio destino, a prescindere dalle sue scelte, giuste o sbagliate che siano”.

Le scelte di Donata si inseriscono in un contesto drammatico.
“Come autrice ho cercato di mantenere un tono neutrale, di fare un passo indietro. M’interessava raccontare come la scelta politica di Donata cambi profondamente la sua personalità, perché si tratta di un periodo in cui molte persone hanno dedicato la propria vita alla causa, con conseguenze spesso tragiche”.

I protagonisti della Casa sull’argine sono, prima di tutto, persone normali con affanni quotidiani, ma alcuni di loro nascondono guizzi di sogni e magia.
“Ho cercato di creare una divisione tra i personaggi più terreni, più ordinari, ma comunque sognatori, e quelli toccati dalla magia della zingara Viollca, che per esempio possono parlare con i morti. Credo di aver bilanciato bene i due aspetti, quello magico e quello realistico, la vita ordinaria di tutti i giorni, con le sue fatiche, il sudore del lavoro, la povertà da affrontare, con il guizzo visionario dei Casadio, che invece sognano di costruire arche o passano le notti svegli a determinare le dimensioni esatte del purgatorio dantesco”.

Che rapporto intercorre tra la normalità e lo straordinario?
“La magia fa parte del mondo contadino, poi possiamo chiamarla superstizione, leggenda o, se vogliamo, poesia. Per citare Primo Levi: nel mondo dei contadini si entra con un tocco di magia. E in fondo quel tocco di magia c’è nella vita di tutti noi, anche le persone più ordinarie, magari con meno cultura e senza molta immaginazione, hanno un mondo interiore fatto di sogni, di speranze, di ambizioni nascoste. Il sogno è una caratteristica di tutti gli esseri umani, ed è quello che si avverte in ogni mio personaggio”.

Tutta la vicenda muove da una profezia nera, oscura, che viene raccontata nei primi capitoli e attribuita alla zingara Viollca, capostipite della famiglia: cosa rappresenta il legame, che si mantiene saldo attraverso i secoli, della famiglia Casadio con questa profezia?
“Simbolicamente la profezia rappresenta il pericolo dei sogni. Sognare significa affrontare delusioni, sofferenze, e quindi può fare paura. È anche un fatto generazionale: i giovani sognano, intraprendono nuovi cammini e le generazioni più vecchie cercano di frenare queste ambizioni, che magari ritengono esagerate. Succede tra tutte le generazioni, in tutte le famiglie. Non sempre i sogni sono una cosa positiva: ci sono sogni distruttori, come quello di Donata, o che portano solo a sconfitte, come succede a Giacomo, o sogni che vengono soffocati dalle necessità economiche, perché sono qualcosa che solo i ricchi possono permettersi. La profezia richiama il pericolo del sogno, però, come scrivo nella conclusione del romanzo, nonostante i rischi, sognare fa parte dell’animo umano, è indispensabile per dare un senso alla nostra esistenza”.

Fotografia header: Foto di Nicholas Taylor

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