“Donna di luce” è il primo romanzo di Kali Fajardo-Anstine: è anche un western, ribalta la prospettiva dell’epopea della frontiera ed è il racconto dell’oppressione di un’intera popolazione, ma anche di tutti gli altri che non rientrano nell’unico standard dell’uomo anglo – come sono chiamati i bianchi – che è compatto e anonimo nelle pagine. Luz Lopez, la protagonista, non legge le carte, ma le foglie di tè. Nella sua tazza prendono vita immagini che non si rivolgono solo al domani, ma raccontano una storia famigliare: quello che hanno vissuto i nostri antenati continua a parlare di noi…

Chi legge le carte lo sa bene: i tarocchi non raccontano il futuro. Quello che costruisce il futuro esiste già: gli arcani svelano il passato e il presente, e le strade che da lì si possono imboccare. Luz Lopez non legge le carte, ma le foglie di tè. Nella sua tazza prendono vita immagini che non si rivolgono solo al domani, ma raccontano una storia famigliare. Il vissuto dei nostri antenati continua a parlare di noi.

Donna di luce è il primo romanzo di Kali Fajardo-Anstine, già autrice della raccolta di racconti Sabrina&Corina (Racconti edizioni), pubblicato da Black Coffee nella traduzione di Federica Gavioli.

Luz e il fratello maggiore Diego vivono a Denver con la zia Maria Josie. È una vita di tanto lavoro, finestre che si affacciano sulle fabbriche di carne, sedili in fondo sugli autobus, insieme a tutte le persone non bianche. Sono gli anni Trenta e il Ku Klux Klan sfila per le strade e brucia le croci.

Donna di luce, Kali Fajardo-Anstine, black coffee

Intorno a loro tre, c’è una comunità. C’è la cugina Lizette, il suo promesso sposo Alfonso, di origine filippina, il greco Papa Tikas che ha fatto i soldi con i negozi di alimentari e ha potuto far studiare il figlio David come avvocato. David, che si batte per i diritti sociali dei suoi clienti, ma aspira a entrare in un mondo ricco e bianchissimo.

Accanto al quotidiano si aprono altre storie davanti a Luz, Piccola luce. Quelle della sua famiglia, e come dal Territorio perduto è arrivata a Denver, attraverso quattro generazioni. Sono storie che parlano tante lingue: spagnolo, tiwa, inglese e francese. Il passato di Luz prima della sua nascita si distende tra una Profetessa assonnata che adotta un bambino abbandonato, una pistolera con la mira perfetta e una donna, la madre di Luz, che dopo essere sopravvissuta a tutti i costi, viene lasciata dal marito violento, un minatore belga, e lascia i figli alla sorella per togliersi dalla storia. Anche la zia Maria Josie è toccata da questo filo: tutte le donne della famiglia sono chiaroveggenti, che non si manifesta mai come una piena comprensione delle cose, ma come ispirazioni, visioni.

Come si sa dai tempi di Cassandra, non è un dono: la conoscenza e la testimonianza indicano anche farsi carico di un dolore antico, per poterlo trasformare in un pensiero per il futuro.

Donna di luce è anche un western, ribalta la prospettiva dell’epopea della frontiera. La conquista bianca (o l’acquisto) dei territori è una perdita. È il racconto dell’oppressione di un’intera popolazione, ma anche di tutti gli altri che non rientrano nell’unico standard dell’uomo anglo – come sono chiamati i bianchi – che è compatto e anonimo nelle pagine. Conservare la propria memoria è la prima resistenza possibile. La stessa Fajardo-Anstine ha radici messicane ed europee, e in un’intervista al Manifesto ha sottolineato come non ci sia spazio per la complessità anche negli Stati Uniti contemporanei: “Ci viene chiesto di identificarci con unico background etnico e di negare la vasta convergenza culturale e d’origine che si è verificata e si sta ancora verificando nella società americana”.

Il romanzo rimbalza tra il presente di Luz e le vicende delle sue antenate: è lei il veicolo perché non siano dimenticate, in un’America che cerca di eliminare le molteplici narrazioni che l’hanno costruita. Le donne della famiglia di Luz sono donne chicane, come Fajardo-Anstine: native messicane, che si sono ritrovate negli Stati Uniti non perché si sono spostate, ma perché il confine è passato sopra le loro teste. Il luogo da dove arriva la famiglia di Luz è il Territorio perduto: per Fajardo-Anstine le storie che fioriscono dai fondi del tè non sono solo pura letteratura, ma il suo stesso tentativo di impedire la cancellazione dell’identità chicana in Colorado.

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Fotografia header: Kali Fajardo-Anstine nella foto di Dominique Muñoz

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