Il nuovo romanzo di Walter Siti, “I figli sono finiti”, ha il merito di intrecciare nel tipico stile dell’autore temi come la pornografia tra corpo fisico e digitale e il postumano esplorato nella ricerca dei limiti. E rappresenta anche una sfida per arrivare a comprendere la visione del mondo delle nuove generazioni…

Walter Siti, lo scrittore vincitore del Premio Strega nel 2013 con Resistere non serve a niente, è tornato in libreria con I figli sono finiti (Rizzoli). L’autore, tra l’altro, ha già dichiarato che sarà l’ultima sua opera.

Nume tutelare della letteratura italiana contemporanea, Siti ha trasformato le sue ossessioni in letteratura, la sua trilogia finto-autobiografica che culmina in Troppi paradisi (Einaudi, 2005) è anche uno dei modelli italiani di autofiction: “Non devo parlare di letteratura, devo parlare di me”, scrive del resto nelle prime pagine di Scuola di Nudo (Einaudi, 1994).

Quali sono le ossessioni di Siti? Il nudo maschile, i muscoli, i pettorali, i glutei dei bodybuilder, gli escort delle borgate romane, gli Ercoli che affollano i bassifondi delle province italiane.

I figli sono finiti non può che ripetere il racconto di queste ossessioni, ma questa volta la riflessione si fa ancora più vivace, perché alimentata dal dialogo tra due personaggi antitetici.

Nel primo capitolo entriamo nella vita dolente di Augusto, settantenne cardiopatico consumato dagli acciacchi alla prostata e dalla vita in generale, vedovo di Vincenzo, il compagno a cui era legato tramite unione civile, morto annegato in vacanza in Colombia. Augusto non è Walter Siti, ma ci assomiglia. “Devo espettorare il cinismo dal mio personaggio, devo essudarlo da me”, dice la voce narrante in una delle prime note al testo. Augusto è il risultato dunque di un processo di distaccamento: privo di morale e di senso della giustizia è la chiave per interrogare il futuro senza pregiudizi.

Walter Siti - I figli sono finiti

Il futuro – o quel che resta del futuro – è rappresentato da Astore, un perfetto #GenZ, nato nel 2002, tra quelli che (non) hanno festeggiato il diciottesimo compleanno nell’anno del Covid.

Perché I figli sono finiti è anche un libro sulla pandemia e sul mondo post-Covid che stiamo vivendo da qualche anno. Si tratta di un libro contemporaneo a tutti gli effetti, racconta l’Italia degli ultimi anni, non solo ci ricorda le restrizioni del 2020/2021, il cambiamento climatico, la guerra in Ucraina, ma tratteggia in particolare il tessuto sociale della città di Milano, tra design week e second hand luxury, l’ascesa dei podcast, tiktoker e onlyfanser, la riqualificazione urbana in ottica green 2.0, la Milano alternativa della controcultura e insieme la borghesia privilegiata che non vuole cambiare, immune alla crescita dell’inflazione, e che abita nelle palazzine liberty in Moscova.

Il personaggio di Astore è un mezzo dell’autore per immedesimarsi nella vita dei giovani ventenni di oggi. Figura edipica, soggetto fragile incastrato in uno scenario familiare complesso, Astore si ritrova solo nell’appartamento in via Lovanio, deluso dalla realtà. Incompreso dal mondo, si chiude in se stesso, un quasi hikikomori. Quando il vecchio settantenne Augusto scopre di avere come dirimpettaio il giovane ribelle la curiosità prende il sopravvento, nonché il desiderio di sconfiggere il tedio della vecchiaia e i malumori della vedovanza.

Il rapporto tra Astore e Augusto suscita tutti gli interrogativi del nostro tempo, l’inefficacia della scuola, la tecnologia avanzata come unico motore dell’economia, la schiavitù dei social, la fine del desiderio, della storia e del corpo.

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Il corpo infinito, l’ossessione maniacale dell’eros come può esistere nell’era di OnlyFans? Molti ragazzi oggi si conoscono online sui social o giocando ai videogiochi, si frequentano sempre nel virtuale con un po’ di sexting prima di vedersi dal vivo. “Sono così impegnati a definire quello che sono che si dimenticano quello che vogliono”, discute Augusto con il padre di Astore. Hanno paura del corpo come gabbia, vorrebbero modificarlo a proprio piacimento come affermazione della libertà. Ma quali sono i limiti di questa libertà?

Se la sessualità di Augusto si afferma nell’incontro fisico con dei corpi, il desiderio lo cerca dal vivo, in Astore risulta la mancanza di desiderio, il corpo è assente, superfluo, nel futuro saranno le macchine a partorire i figli. I figli sono finiti. Il desiderio del singolo scomparirà, al suo posto un dispositivo che desidererà per tutti, maschio o femmina sono concetti superati. 

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La domanda fondamentale al centro del romanzo è fin dove può spingersi la tecnologia? Per Astore il progresso scientifico è l’unica fede possibile. La scuola, l’università non contano nulla, non sono un buon investimento, tra i ragazzi è sempre più diffusa l’idea per cui si può arrivare a qualunque obiettivo partendo da zero. 

Il romanzo ha il merito di intrecciare in un modo unico, alla Walter Siti, temi come la pornografia tra corpo fisico e digitale, il postumano esplorato nella ricerca dei limiti; e rappresenta al tempo stesso una sfida per arrivare a comprendere la visione del mondo delle nuove generazioni, confrontandosi con quelle granitiche certezze tipiche di una società tradizionale: il matrimonio, il lavoro, la famiglia, contrapposte all’ignoto, a un futuro distopico in cui saranno le macchine ad esercitare il desiderio.

Siti, insieme maestro e outsider della letteratura italiana contemporanea, in una società in cui “la letteratura è un mito in scadenza”, non smette mai di interrogarsi sulla letteratura stessa.

Se l’umanesimo è finito – “all’umanesimo ci crede solo Mattarella”, pensa Astore nel libro – scrivere oggi significa smontare e rimontare la realtà, o guardarla da un punto di vista insolito, più scomodo. Il risultato? Un accostamento di elementi antitetici che produce un effetto di straniamento nel lettore, non solo in Astore e Augusto, ma in tutto ciò che li rappresenta, due mondi che collidono e si mischiano.

Uno cerca di comprendere l’altro attraverso i riferimenti culturali ed è così che nel romanzo – con una reazione che varia da lettore a lettore – convivono l’assurdità di Camus e di Alessia Lanza con le sue “pare del giorno”, le canzoni rap di Gemitaiz, Madame, Rose Villain, Rancore che rappa X agosto di Pascoli, Augusto che recita Baudelaire, Astore che legge solo saggi sulla robotica, machine learning e intelligenza artificiale.

Essere intelligenti non è naturale. Elon Musk ha già avviato la sperimentazione di Neuralink: in futuro gli umani potranno controllare le macchine con il solo pensiero.

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