Jules Verne (1828 – 1905) è considerato uno dei padri della fantascienza, con i suoi romanzi e racconti, come “Il giro del mondo in ottanta giorni” e “Viaggio al centro della terra”, ha predetto alcune importanti innovazioni tecnologiche novecentesche e inventato mondi indimenticabili – L’approfondimento

Jules Verne si trova lì, a metà strada tra la fantascienza e la raffinata arte di predire il futuro senza uscire (o quasi) da casa propria. Autore visionario, amante di quello scarto tra l’invenzione immaginifica e il possibile, Verne nasce a Nantes l’8 febbraio 1828.

Un letterato di buona famiglia

Figlio di un avvocato, secondo una diceria che ha attraversato i secoli, a undici anni prova a sfuggire alla rigorosa educazione paterna per imbarcarsi su una nave pronta a muovere verso le Indie. Il motivo? Comprare una collana di coralli da regalare a una cugina di cui è innamorato. La sua fuga, però, ha vita breve, e suo padre intercetta la nave mentre ancora naviga sulla Loira, che collega Nantes al golfo di Biscaglia, e da lì al mare aperto.

Il padre di Verne, d’altronde, avrebbe voluto per il figlio il suo stesso destino professionale. Manda il giovane Jules a studiare a Parigi, ma il ragazzo non sembra particolarmente interessato alla giurisprudenza, a cui preferisce, invece, le lettere. Parigi, in compenso, dà a Verne la possibilità di frequentare un ambiente culturale più vivace rispetto a quello di Nantes. E peraltro vi soggiorna in pieno ’48, quando le strade e le piazze brulicano di fermenti rivoluzionari. Già scrittore di prosa e di teatro, è qui che Verne conosce i Dumas, padre e figlio, che gli sono particolarmente utili per cominciare a muovere i primi passi con le sue opere teatrali.

Il giro del mondo in ottanta giorni

Come ogni giovane di buona famiglia, Verne si sposa (un matrimonio che, secondo alcune fonti, è piuttosto infelice), e comincia a lavorare come agente di borsa. Il lavoro non lo appassiona particolarmente, e avrà la fortuna di abbandonarlo per sempre grazie all’incontro, nel 1862, con l’editore Hatzel, che gli propone un contratto che gli permette di lavorare unicamente come scrittore. Autore prolifico e dotato di impressionante disciplina (sembra scrivesse due romanzi l’anno, pubblicandone di volta in volta uno solo per non accavallare le uscite), Jules Verne arriva a pubblicare un centinaio di volumi tra romanzi, racconti, pièce teatrali e discorsi. Di questi, ben sessantadue romanzi e diciotto racconti sono dedicati al cosiddetto “Ciclo dei viaggi straordinari”. Il proposito di Verne è quello di riuscire a toccare tutti i luoghi del mondo.

A dare inizio al ciclo è Cinque settimane nel pallone (1863), ispirato alle ricerche sul pallone aerostatico dell’amico fotografo Nadar. Un progetto, quello di Nadar, che non va a buon fine, ma che è d’ispirazione a Verne nell’invenzione di un viaggio immaginifico, in cui i suoi personaggi si trovano ad esplorare il continente africano. 

Jules Verne: una rigorosa immaginazione

Jules Verne è un autore prolifico non solo per il numero di opere portate a compimento, ma anche, e soprattutto, nell’immaginazione. Appassionato di geografia tanto quanto di tecnologie, costruisce le sue storie a partire da dati incontrovertibili del reale rispondendo a varie pulsioni che sfoceranno nei decenni a venire in diversi generi letterari.

Le sfrenate invenzioni proprie alla fantascienza si possono ritrovare in romanzi come Dalla terra alla luna, del 1870, in cui Verne immagina un cannone in grado di sparare un gigantesco proiettile / navicella spaziale sulla superficie della Luna. Un altro aspetto sempre presente nella sua opera è la tematica del viaggio, così tipica del romanzo fantasy: in Viaggio al centro della terra (1864), per esempio, un professore e suo nipote hanno accesso, dal cratere di un vulcano, a un mondo sotterraneo fantastico, popolato persino da dinosauri acquatici.

E ancora, alle radici dell’immaginario vittoriano e tecnologico che verrà assimilato nelle narrazioni steampunk successive, troviamo uno dei romanzi più celebri di Jules Verne: Il giro del mondo in ottanta giorni, del 1873, che racconta il viaggio intorno al globo di Phileas Fogg e del suo cameriere Passepartout. I due personaggi, nelle varie tappe, cambiano in continuazione mezzo di trasporto, passando da piroscafi a treni.

Particolarmente rilevante è poi il “libro dimenticato” di Jules Verne: Parigi nel XX secolo. Scritto nel 1863 e mai pubblicato da Hatzel per via della sua cupezza, viene riscoperto solo nel 1994 e racconta gli effetti nefasti di quell’evoluzione tecnologica che tanta parte ha nella produzione letteraria di Verne.

Viaggio al centro della terra di Verne

Verne non può ovviamente conoscere tutti i luoghi – per quanto il più delle volte reali – di cui sceglie di parlare. Per questo passa le giornate a studiare libri e carte e, lasciandosi poi suggestionare dalle informazioni che va via via scoprendo, inventa le sue storie. Per quanto riguarda invece la parte forse più interessante della sua produzione, quella relativa ai progressi tecnologici, è importante sottolineare che Verne non amava definirsi “autore di fantascienza”.

Questo perché tutte le sue tecnologie immaginarie, si basavano in realtà su ipotesi scientifiche solidissime: non erano fantastiche, erano possibili. Verne preferiva cedere il podio di “padre della fantascienza” a H. G. Wells, e alle sue sfrenate invenzioni dell’immaginazione, come la macchina del tempo o gli alieni che invadono la terra ne La guerra dei mondi.

Può interessarti anche

Immaginare il progresso

Nelle sue opere, quindi, Jules Verne, fornisce sempre spiegazioni dettagliate sul funzionamento delle tecnologie con cui interagiscono i personaggi. A riprova dei solidi dati scientifici che supportano i suoi romanzi, basta vedere come abbia effettivamente predetto varie innovazioni scientifiche e tecnologiche del secolo successivo. Per fare solo qualche esempio, in I cinquecento milioni della Bégum (1879) Verne ipotizza un proiettile lanciato in orbita intorno alla terra, proprio come un satellite artificiale, e lo Sputnik 1 viene lanciato dall’Unione Sovietica solo nel 1957.

In un altro dei suoi più famosi romanzi, Ventimila leghe sotto i mari (1869), il celebre Nautilus del Capitano Nemo ha tutte le caratteristiche del primo sottomarino a propulsione nucleare, varato in America nel 1954, e che viene chiamato proprio USS Nautilus. Ma la premonizione più straordinaria, attorno alla quale ha sognato già tanta letteratura prima di lui, è sicuramente l’uomo sulla Luna: un viaggio straordinario che Verne racconta in due romanzi: Dalla terra alla luna, del 1865, e Intorno alla Luna, del 1870. In questo ultimo romanzo i protagonisti riescono anche a vedere la faccia nascosta della luna, raggiunta in orbita nel 1968 dall’Apollo 8.

Ventimila leghe sotto i mari

Nonostante la sua straordinaria carriera, l’ultima fase della vita di Jules Verne è però molto faticosa. Lo scrittore, infatti, è prostrato nell’umore da una serie di lutti, tra cui la morte del suo editore Hatzel. Oltretutto, anche a livello famigliare, la situazione non è migliore. Verne, che dal 1871 vive ad Amiens, città natale della moglie e di cui diventa anche consigliere comunale, ha un rapporto difficile con il figlio Michel (che finisce persino in riformatorio) e viene ferito in modo permanente dal nipote, Gaston, che gli spara a una gamba in preda a un atto di follia per cui non verrà mai trovata motivazione (e che gli costa il manicomio).

Jules Verne muore il 24 marzo 1905 e negli ultimi decenni della vita la sua letteratura si è fatta più cupa, in accordo ai sommovimenti interiori che lo scuotono. Le fascinazioni tecnologiche lasciano spazio a una riflessione più profonda e tetra, come nel Castello dei Carpazi, del 1892, dove il fantastico sembra voler cedere passo al gotico. Sono gli ultimi viaggi immaginari di un tranquillo consigliere comunale che, tanti anni prima, voleva scappare in India alla ricerca di una collana di corallo.