“Kala”, l’esordio di Colin Walsh, che abbiamo intervistato, è un libro dalle molte sfaccettature. Ambientato in Irlanda, fonde il thriller psicologico con il romanzo di formazione, in un viaggio nel luogo più sconosciuto e sorprendente di sempre, l’adolescenza: “Ricordiamo tutti quanto sia intenso quel momento della vita…”

Con Kala (Fazi, traduzione di Stefano Tummolini), Colin Walsh firma un esordio sorprendente, un romanzo, ambientato nella cittadina costiera di Kinlough, in Irlanda, che fonde il thriller psicologico con il romanzo di formazione. La storia si apre con il ritrovamento dei resti di Kala, una ragazza scomparsa quindici anni prima. Questo evento riunisce tre amici d’infanzia – Helen, Joe e Mush – costringendoli a confrontarsi con un passato che credevano sepolto.

Walsh costruisce una narrazione a più voci, alternando presente e flashback, in un crescendo di tensione che tiene incollato chi legge fino all’ultimo. Il suo stile è evocativo, cinematografico, capace di restituire l’atmosfera malinconica e inquieta di una comunità segnata dal silenzio e dai segreti.

Kala è molto più di un giallo: è un’indagine sull’amicizia, sul dolore e sul tempo che cambia le persone. Un romanzo che lascia il segno e interrogativi aperti, che trasporta nella magica atmosfera dei ricordi, nell’età di un’adolescenza perduta che ancora riecheggia nelle nostre menti.

Una lettura che crea così tante domande che abbiamo voluto saperne di più, dalla viva voce di Colin Walsh.

Kala di Colin Wash

Come ha trovato l’ispirazione per la storia e come ha immaginato i personaggi?
“La prima ispirazione per disegnare Kala è stata un’immagine che avevo di una ragazza adolescente seduta sul portico di casa sua. Era estate, nel momento del crepuscolo, la casa era al limitare del bosco e la ragazza stava fumando una sigaretta. Sapevo che stava aspettando qualcosa e che sua nonna era dentro. C’era una sensazione di afa nebbiosa, ma anche di oscurità incombente. Sapevo che questa ragazza era speciale, ma al tempo stesso tormentata e in grado di tormentare, e che in qualche modo terribile era già perduta. Il tono e l’atmosfera del libro – il calore, il romanticismo, il senso di desiderio e di mistero – erano tutti lì, in quell’unica immagine”.

Perché la storia ha un finale aperto?
“Volevo che il finale potesse raccontare molte cose allo stesso tempo… è un equilibrio difficile da trovare. Se ci si avvicinasse a Kala come se fosse un giallo o un thriller ‘puro’, si potrebbe pensare: quali sono le domande che ci si pongono all’inizio del libro? Hanno trovato risposta? Sì, tutte. Ma, nel corso della narrazione, nel ‘vivere’ il libro, si aprono molti altri interrogativi: l’analisi dei personaggi stessi, le relazioni gli uni con gli altri, il rapporto con il mondo, le aspettative nei confronti della vita. Credo che queste domande rimangano: lo considero un modo più ‘letterario’ di affrontare la stesura di un finale. Certo, chi si aspetta una conclusione su ogni singolo aspetto del romanzo, potrebbe essere frustrato da un finale del genere. In tutti i libri che amo di più, però, l’autore rispetta il lettore abbastanza da lasciargli spazi in cui entrare e partecipare alla creazione di ciò che l’opera significa per lui. Spero che, per chi lo ha letto, sebbene la storia sia finita, il mondo di Kala non si fermi. Voglio che continui a riecheggiare nella mente per molto tempo. Ogni scrittore direbbe lo stesso, ne sono certo”.

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Il libro contiene riferimenti specifici alla musica e alle canzoni. In che modo questa colonna sonora gioca un ruolo nella trama? È davvero importante per tracciare momenti e ricordi?
“La musica è una parte essenziale della cultura irlandese e crea un legame profondo tra il gruppo di amici che si trova nel cuore di Kala. Essa è al centro della vita dei personaggi e fornisce loro un vocabolario emotivo che plasma gli adulti che diventano, nel bene e nel male. Credo che uno degli aspetti più entusiasmanti dell’essere adolescenti sia proprio il modo in cui ogni genere di cose può fungere da portale verso un mondo più ampio – emotivamente, intellettualmente, etc. Ecco, la musica può aprire orizzonti culturali ed emotivi ben oltre i limiti del tuo angosciato io adolescenziale”.

È stato così per lei.
“Non solo. Ricordo che una volta Bruce Springsteen raccontò di come si sentì quando, da adolescente, ascoltò per la prima volta alla radio Like a Rolling Stone di Bob Dylan. Disse che era ‘il suono della porta della tua mente che si spalancava’. Credo che questo sia ciò che la musica possa fare per te quando sei adolescente. Da adulto, potresti guardarti indietro e provare imbarazzo per le tue ossessioni adolescenziali, ma esse restano vitali. Sono il modo in cui inizi a forgiare la tua identità, indipendente dal bambino che eri, e aprono percorsi nella mente e nel cuore, che, più avanti nella vita, possono portare a ogni sorta di viaggio. Sono sicuro che la maggior parte delle persone ha alle spalle un’esperienza simile, legata a passioni condivise con gli amici, proprio nel corso dell’adolescenza”.

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L’adolescenza è spesso protagonista di libri, film e serie. E, come abbiamo visto di recente anche con Adolescence, è un’età delicata. Ma perché è così interessante per autrici e autori di ieri e di oggi?
“Le nostre vite adolescenziali sono sì diverse, ma ho avuto lettori di tutte le età – persone poco più che ventenni, persone di ottant’anni – che sono venuti da me dopo aver letto Kala dicendomi: ‘Ecco esattamente com’era. Ecco come ricordo la mia adolescenza’”.

E come ha reagito?
“Chiaramente non stavano parlando del contenuto specifico degli eventi narrati nel libro, ma della tensione emotiva degli anni della loro adolescenza. Del resto ricordiamo tutti quanto sia intenso essere adolescenti: è quasi come se i colori e i suoni fossero più vividi, come se fossi solo un insieme di terminazioni nervose grezze che incontrano il mondo. In quella fase dell’esistenza, l’euforia e l’angoscia sono così drammatiche – gli estremi del desiderio e della delusione, del potenziale puro e della totale vulnerabilità – e tutto questo è un ottimo carburante per la narrazione. Quell’effetto chiaroscuro è, semplicemente, una grande drammaticità. Allo stesso tempo, l’adolescenza è un periodo di soglie incessanti”.

Cioè?
“Si è in uno stato di costante ‘divenire’, un veicolo perfetto per una storia, proprio perché, in definitiva, tutte le storie parlano di transizione, movimento, cambiamento. Quando i lettori mi parlano di Kala, di personaggi come Helen, Joe e Mush, spesso si emozionano. Da un lato si sono davvero connessi ai personaggi, dall’altro, in reatà, in qualche modo il romanzo li mette in connessione con il cuore adolescenziale che portano ancora dentro di sé da adulti. Tornando alla domanda, credo che finché la nostra cultura sarà interessata all’esperienza universale della soglia, ci saranno storie sugli adolescenti”.

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Fotografia header: Colin Walsh, jacket photo (c) Rein de Wilde

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