“Secondo la definizione del vocabolario, altrove è letteralmente un posto-che-non-è-qui. Pertanto coincide potenzialmente con tutti-i-posti-tranne-qui”. In occasione dell’uscita del libro di storie giapponesi per ragazzi “Goro Goro”, su ilLibraio.it la riflessione di Laura Imai Messina. “L’altrove nelle storie non serve solo a viaggiare con la fantasia, né a imparare a leggere il diverso come interessante, ma è anche una risorsa importante per rimanere esattamente dove si è. E starci, se non completamente bene, perlomeno meglio”

I miei figli sono altrove.

Quando guardano la Pimpa su YouTube sono altrove, quando a inizio febbraio – in un asilo nel mezzo del Giappone – intonano la canzoncina delle Mutande degli Orchi che, curiosamente, ricalca la musica del napoletano Funiculì funiculà, sono altrove.

Lo sono quando la sera, prima di dormire, stendiamo i futon e scegliamo dal mucchio tre libri italiani che legge loro la madre nata a Roma, tre libri giapponesi che legge loro il padre cresciuto nel Kanagawa. Che bello, penso ogni volta, non avere confini!

Come scriveva Gianni Rodari in Il cielo è di tutti, il cielo non ha frontiere, è ugualmente di tutti, giovani e vecchi, non splende di meno a chi lo guarda per ultimo, anzi serve qualcuno ci spieghi “perché il cielo è uno solo/ e la terra è a pezzetti”.

Sull’altrove ho costruito un viaggio e un trasferimento da Roma a Tōkyō a vent’anni, poi una carriera, infine una famiglia e ho capito quanto sia prezioso.

L’altrove nelle storie non serve solo a viaggiare con la fantasia (che già quello sarebbe abbastanza), né a imparare a leggere il diverso come interessante (cosa che potrebbe contrastare alla radice un fenomeno come il razzismo, il sospetto dell’altro), ma è anche una risorsa importante per rimanere esattamente dove si è – nel centro di Roma, nella periferia di Seattle o nella campagna della Cambogia. E starci, se non completamente bene, perlomeno meglio.

Sapere l’altrove, ritrovarlo in storie che narrano di luoghi geograficamente e culturalmente molto lontani, significa accettare la diversità, anche quella in se stessi. L’altrove dentro di sé.

Nelle vesti più disparate, come scrittrice, come docente universitaria, come interlocutrice attiva in Rete, mi sono imbattuta negli anni in tantissimi italiani e giapponesi che hanno trovato un luogo ideale in cui allungare radici innanzitutto interiori, rispettivamente in Giappone e in Italia. Talvolta fin da bambini, talvolta crescendo – non è raro che ci si trovi a proprio agio in una diversa cultura – magari per la consapevolezza di non essere perfettamente allineati alla propria.

goro goro

L’APPUNTAMENTO – Il 10 marzo, alle ore 15, sulla pagina Facebook de ilLibraio.it, Laura Imai Messina e Fabio Geda presentano Goro Goro all’interno del palinsesto digitale di LibLive

Il posto in cui nasciamo, del resto, non è detto coincida con il posto in cui finiamo per vivere né, cosa ancor più importante, con quello in cui diventeremo felici.

Scavarsi una nicchia di altro nel qui è una risorsa preziosa.

In Goro goro – La pesca della stella, il viaggio di Daruma e altre storie giapponesi (Salani) l’altrove sono le terre di Yamato, che non è altro che l’”antico nome di un luogo pieno di storie chiamato oggi Giappone”. Qui i bambini nascono spuntando da frutta e verdure oppure in una vasca bollente, dalla sporcizia del corpo della mamma e del papà: Momotarō vien fuori da una pesca, Uri-hime da un cetriolo, Daidara-bocchi viene al mondo grazie al bagno dei sudici genitori.

Nel regno di Yamato si sogna molto, i sogni li si cede persino all’amica del cuore. E i topini, anziché a calcio, giocano a sūmo. Qui si indossano kimono e jinbei, non si dorme su letti ma su futon, si mangiano mochi e scodelle di rāmen e gli orchi vanno ghiotti per gli okonomi-yaki anziché per semplici biscotti. Non si imbracciano spade, non ci sono draghi, e i carri non vengono trainati da cavalli ma da buoi. I gatti, oltretutto, hanno sette code e gli amanti separati dalla Via Lattea si incontrano solo una notte l’anno, il settimo giorno del settimo mese dell’anno, partorendo una festa che rallegra tutti.

La diversità è certamente chiamare le cose con un nome diverso, ma lo è anche attribuire loro un’insolita voce. Così, quando ci si fa male, nelle terre di Yamato non si urla soltanto Ahi, ahi ma lo si fa precedere da uno squillante «Itai! Itai!» (“che dolore” in giapponese); e quando si ha paura o si è nervosi, di quei sentimenti si fa una sonorità (biku biku, piri piri). Per questo ho voluto aggiungere numerose parole della ricchissima onomatopea di questo paese, perché la avvertissero anche i più piccini.

Goro goro stesso lo è. Significa il “tempo passato a godersi il tempo che passa“. “Fare goro goro” significa non fare nulla, rilassarsi, godersi il tempo trascorso in completo relax. Ma non solo. Goro goro ha anche la funzione sonora di spiegare qualcosa di grande e pesante che lentamente rotola via, ad esempio una roccia. Si fa carico del gorgogliare di uno stomaco vuoto, di una pancia che “brontola”. Goro goro è il rimbombo del tuono e nel linguaggio dei bambini è propriamente il modo in cui si chiama il “tuono”, così come come “pappa” è il cibo e la “nanna” è il dormire da noi. Goro goro sono le fusa del gatto. È la natura plurale delle cose quando si vuole intendere che ce ne sono di “sparse” e “in gran quantità”, come i ciottoli sparsi disordinatamente sulla sponda di un fiume.

Secondo la definizione del vocabolario, altrove è letteralmente un posto-che-non-è-qui. Pertanto coincide potenzialmente con tutti-i-posti-tranne-qui.

Se si impara ad amare l’altrove, insomma, si impara a stare dovunque, anche dentro di sé. Proprio come a tavola, quando si apprendono le buone maniere e si può mangiare – come diceva mio padre – alla tavola dei poveri come alla tavola dei re.

Libri sul Giappone: il Paese del Sol Levante

L’AUTRICE E IL LIBRO – Scrittrice, docente universitaria e ricercatrice, Laura Imai Messina (nella foto di Andrea Gherardi, ndr) vive a Tokyo e il Giappone è protagonista dei suoi libri.

Il suo blog, Giappone Mon Amour, non a caso da anni è un punto di riferimento per gli appassionati del Sol Levante.

Nel 2020 ha prima pubblicato per Piemme Quel che affidiamo al vento, e poi per Einaudi Tokyo tutto l’anno – Viaggio sentimentale nella grande metropoli; in precedenza, nel 2018, ha pubblicato con Vallardi Wa. La via giapponese all’armonia, disponibile anche in audiolibro.  Tra i suoi libri, anche Tokyo Orizzontale e Non oso dire la gioia.

E veniamo al suo nuovo libro: in Goro Goro. La pesca della stella, il viaggio di Daruma e altre storie giapponesi (Salani) Imai Messina reinterpreta per ragazzi e ragazze occidentali le fiabe tradizionali giapponesi, inserendole in una cornice romanzesca che suggerisce un punto di vista singolare su temi come diventare grandi, stare bene con sé stessi e con gli altri, ed essere felici.

Il suo viaggio sulle ali della fantasia verso le meraviglie del Sol Levante permette così anche ai più giovani di scoprire un Paese millenario, le sue storie e la sua cultura, anche grazie alle illustrazioni di Philip Giordano. Viaggiando tra le righe di antiche leggende e ascoltando i racconti tramandati di generazione in generazione Goro Goro insegna a credere in sé stessi grazie alle avventure di un ragazzo tondo e liscio come un’anguria, a non fermarsi davanti alle difficoltà insieme a una volpe che fa starnuti fuori dal comune e a sopravvivere a una festa che dura una settimana intera…

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