Per la prima volta in Italia, “Le sedie crudeli” è un’oscura e grottesca fiaba del 1962, il racconto della vita di una bambina attraverso perdite, difficoltà e personaggi stravaganti. Con originalità e stravaganza Barbara Comyns racconta l’Inghilterra del primo Novecento tra classismo e dispute familiari ma, soprattutto, descrive personaggi tanto bizzarri quanto necessari alla crescita della piccola Frances

Pubblicato per la prima volta nel 1962 (con il titolo The skin chairs) e finora inedito in Italia, Le sedie crudeli di Barbara Comyns è un’oscura e grottesca fiaba, finalmente giunta nelle nostre librerie grazie a Safarà (che della stessa autrice ha già pubblicato Chi è partito e chi è rimasto nel 2018 e La ragazza che levita nel 2019, sempre con la traduzione di Cristina Pascotto).

Un romanzo eccentrico, che descrive il mondo in età edoardiana attraverso gli occhi di una bambina, Frances, e l’originale voce della sua creatrice. 

copertina Le sedie crudeli di Barbara Comyns

La copertina, illustrata da Raven Jiang

“Stravagante” è forse il termine che meglio definisce il mondo descritto da Barbara Comyns. Estremamente verosimile, in parte reale ma arricchito di elementi che sfiorano il paranormale, o quantomeno quella magia che si ritrova in molti dei racconti di Edgar Allan Poe, di Shirley Jackson o, perché no, di Franz Kafka

E non è un caso, allora, che la voce di Comyns (1907 – 1992) sia trasmessa attraverso Frances, protagonista e narratrice, ma soprattutto bambina di dieci anni che con curiosità e innocenza descrive il “suo mondo”. 

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Dapprima mediamente ricca, Frances vive con la sua famiglia a Londra, ma con la morte del padre deve trasferirsi in campagna, in una casa fatiscente nel Leicestershire.

Un cambiamento difficile da digerire, che comporta la perdita di uno status, il dover fare attenzione all’economia di casa e soprattutto la nuova vicinanza alla famiglia dei Lawrence, zii materni che non mancano di far pesare la differenza sociale, descritti come persone “dall’aspetto decisamente cavallino”. 

Questo accenno alla trama, però, non descrive minimamente la ricchezza di particolari e di personaggi stravaganti

Frances passa molto tempo a casa, inizialmente nella residenza dei Lawrence e poi con sua mamma e il resto dei figli (sei in totale). Ed è proprio nel raccontarci anche le attività più piccole o la quotidianità più classica, che entriamo in contatto con la visione di Frances, la testimonianza di quanto una bambina possa essere giudice inappellabile sul carattere degli adulti: la Zia, severa e pettegola, sempre pronta a consigliare – con qualche nota di rimprovero – la nipote appena diventata vedova; e lo Zio, quasi una comparsa, dai modi burberi ma generoso. E poi, le cugine di Frances: Ruby e Grace, degne figlie di loro madre, motori – più o meno inconsapevoli – di avventure e disavventure. 

Le sedie crudeli è molto legato a due concetti: la famiglia e la classe sociale. Mentre Frances non si rende pienamente conto di cosa significhi essere diventati poveri, essere costretti a fare in prima persona i propri acquisti (la madre “avrebbe considerato l’essere vista con un cestino della spesa come l’umiliazione definitiva”), la protagonista è pienamente cosciente dell’importanza della famiglia: i parenti sono per lei un porto sicuro e una prigione, sono obblighi ma anche divertimento. 

Per quanto bizzarro ciò che accade all’interno delle mura domestiche, Frances scopre che il mondo là fuori, il paesino nel quale vive, è ben diverso. Perché, se leggendo Le sedie crudeli, pensate che i Lawrence siano strani, non avete ancora fatto la conoscenza degli altri abitanti. 

L’originalità dell’autrice si manifesta con la vivida descrizione di ogni personaggio, caratterizzato con tratti che tendono alla caricatura. Vanda è una giovane madre di 24 anni, che non riesce a prendersi cura della piccola Jane. Una ragazza sola, a cui ogni tanto fa visita il Sindaco (l’innocenza di Frances si limita a raccontare che i due si incontrano nella camera da letto) e ben più spesso è contenta di condividere le giornate con la nostra narratrice e la cugina Ruby, alle quali affida imprudentemente sua figlia.

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Mrs Alexander, invece, è una signora eccentrica con una macchina che sobbalza e che “porta un turbante, non paga i suoi debiti, gioca a fare l’infermiera, possiede un numero imprecisato di scimmie e vernicia d’oro le sue scarpette”. La donna prende in simpatia Frances e le due passano diversi weekend insieme, non senza paure e momenti alquanto singolari. 

Già solo queste due figure, tra le più presenti nella storia, sono in grado di alterare la “normale” descrizione della vita familiare. Sono espressione del tempo che cambia. Se da un lato sono due donne indipendenti, che vivono in una casa di proprietà, dall’altra sono giudicate dalle altre signore del paese, viste come personaggi da non frequentare. 

Frances con il tempo riesce a capire la vera natura di entrambe e a trasmetterla anche a chi legge. Proviamo quasi pena per Vanda, che mette più volte in pericolo la vita della figlia, sfiorando la tragedia. Siamo storditi da Mrs Alexander e dalla sua ossessione per gli animali – che tiene in gabbia e disseziona una volta deceduti. 

La tranquillità e l’innocenza di Frances vengono così turbate dallo spirito per il macabro di Comyns e degli abitanti, una sensazione di morte aleggia spesso nell’aria di case e strade

Ma alla fine, Le sedie crudeli è un romanzo divertente, con un finale positivo. Mentre gironzola per il paese Frances conosce infatti Mr. Blackwell, un ottonaio in pensione, ricco e con la passione per gli aeroplani. L’uomo diventa amico di famiglia e assiduo frequentatore della Casa dell’agrifoglio, nonostante l’opinione contraria (come sempre) della vecchia zia Lawrence.

È l’inizio della ricostruzione di una famiglia, il ritrovamento di un cammino (e di uno status) che sembra perduto. Frances compie la sua crescita grazie agli incontri con donne e uomini strampalati ma necessari, che le insegnano la differenza tra bene e male, e soprattutto l’esistenza di una vasta gamma di grigi. Blackwell è solo l’ultimo di questi personaggi ma non meno importante, visto che alla fine tutta la famiglia si trasferisce a casa dell’uomo, nella quale dimorano le sedie crudeli

Sedie ricoperte da pelle umana, di cui tutti conoscono – o presumono – l’esistenza ma che solo Frances ha visto da vicino. Forse l’apice della stranezza con quell’intimo gusto per l’impossibile, tipico di una certa letteratura ma, evidentemente, anche dell’essere umano. 

Quelle sedie che sono il primo approccio a questa storia di Barbara Comyns, ma anche la scena finale, perfetta conclusione di questa fiaba. 

“Mi sarei dovuta rallegrare del fatto che le sedie fossero state bandite nel solaio, ma non fu così. Ora che erano condannate, mi dispiaceva per loro, e quel brontolare e lamentarsi di notte sembrò farsi più forte”. 

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