In occasione dell’uscita del libro per ragazzi “Scomparso”, su ilLibraio.it la riflessione di Guido Sgardoli, Premio Strega Ragazze e ragazzi 2019: “Il mio interesse per i giochi di ruolo e per la letteratura mi ha portato a scrivere un romanzo nel quale queste due passioni si toccano e convivono. E, a mio avviso, un romanzo che contiene al suo interno un gioco di ruolo è, per il lettore, l’esperienza nell’esperienza”

Scomparso è un romanzo thriller che ha al suo interno un gioco di ruolo molto semplice, comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Il ragazzino protagonista, Jupiter, ne ha inventato uno a suo uso e consumo (dove lui è sia il giocatore che il master) per affrontare la realtà che lo circonda, in particolar modo quella che si trova al di fuori delle confortevoli, rassicuranti mura domestiche, e che talvolta lo mette a disagio.

Jupiter è il personaggio di un romanzo e come tale rappresenta una provocazione, uno spingersi al limite, la situazione straordinaria che consente di riconoscere e analizzare l’ordinario del lettore, sempre che di ordinario si tratti. La realtà che disorienta e intimorisce Jupiter è la medesima che qualsiasi ragazza o ragazzo, oggi più che in passato, potrebbe avvertire dentro di sé, in un mondo fatto di sollecitazioni pressoché continue (autentici bombardamenti), provenienti da tutte le direzioni: rete, televisione, social, famiglia, amici, scuola, sport e via dicendo.

Neil Gaiman ha scritto che “leggere aiuta a immaginare, e immaginare che qualcosa possa essere diverso da com’è può cambiare il futuro e il mondo”. Non è poco. Immaginare è un valore aggiunto, non una perdita di tempo; è un allenamento per la nostra mente. Desumere ciò che non si conosce per esperienza. Conan Doyle faceva dire a Sherlock Holmes che “da una goccia d’acqua si può dedurre l’esistenza di un oceano”. La sintesi di queste due affermazioni è che leggere può farci comprendere la realtà e, se necessario, permetterci di cambiarla. Leggere è sperimentare senza esporsi a pericoli concreti. Qualcosa di estrema attualità.

E così come un romanzo dà la possibilità di immergersi in una dimensione altra, di cambiare punto di vista, di immedesimarsi, di mettersi al posto di, allo stesso modo il gioco di ruolo permette di simulare situazioni verosimili a quelle di tutti i giorni, di superare difficoltà, di operare delle scelte e accettarne le conseguenze senza rischi reali, di mettersi alla prova con ragionamenti, deduzioni, obiettivi da raggiungere e, non ultimo, obbliga a osservare delle regole precise (che sono quelle introdotte dal gioco stesso e dal master). Un gioco di ruolo ben costruito consente di far proprie nuove competenze sociali. I giocatori, interagendo con gli altri in ambientazioni diverse da quelle vissute quotidianamente, hanno l’occasione di maturare differenti prospettive sul mondo che li circonda e di farsene un’idea personale.

Scomparso è un romanzo nel quale il protagonista utilizza un gioco di ruolo per affrontare la realtà della sua vita. Non per fuggirla. Non si tratta, infatti, di rifugiarsi, di nascondersi e vivere una realtà alternativa, bensì di applicare alla realtà ciò con cui ci misuriamo in quella virtuale. È un’occasione. È imparare. È dubitare, farsi domande e, quando possibile, darsi delle risposte. In una parola, è la vita per come dovranno affrontarla i ragazzi e le ragazze di oggi, adulti di domani, chiamati a districarsi in una selva di informazioni tra le quali sarà arduo cavarsela.

Non intendo dire che per capire la realtà sia necessario diventare un fanatico dei giochi di ruolo, ma solo che potrebbero essere un ulteriore strumento per comprenderne meglio i meccanismi.

Se intendiamo con il termine “intelligenza” l’applicazione dell’esperienza acquisita alle situazioni quotidiane, allora anche i giochi di ruolo, come la lettura, come ogni contesto che ci costringe a misurarci con noi stessi e con gli altri, diventano attrezzi adeguati al fine di costruire un’identità e uno spirito critico, utilizzando e trasformando la realtà a nostro vantaggio. In altre parole un vero percorso formativo ed educativo. E non è un caso che negli ultimi anni sempre più numerosi siano gli studiosi, che, soprattutto nel campo della psicologia e della sociologia, si sono accorti delle potenzialità dei giochi di ruolo. Rispetto ai racconti e ai romanzi, che inducono a riflettere e a sperimentare soltanto attraverso il meccanismo dello storytelling, i giochi di ruolo coinvolgono maggiormente servendosi di un altro efficacissimo strumento di comunicazione attiva: il gaming.

E se tutto ciò ancora non bastasse, alcune ricerche dimostrano come i giochi di ruolo siano utili quale terapia negli ospedali pediatrici o per affrontare e risolvere traumi psicologici.

Che i giochi di ruolo, esattamente come i libri, rappresentino altresì pura evasione non ci sono dubbi, un’evasione necessaria soprattutto in giorni come questi, nei quali la pandemia ci ha costretto a rimanercene chiusi nei nostri piccoli gusci, oppressi e soli per periodi molto lunghi (i giochi di ruolo si possono giocare anche online). Ma non solo evasione, divertimento, mero passatempo. Oltre a questo, come visto, c’è molto di più.

Il mio interesse per i giochi di ruolo e per la letteratura mi ha portato, finalmente, a scrivere un romanzo nel quale queste due passioni si toccano e convivono per duecento ottantotto pagine. E, a mio avviso, un romanzo che contiene al suo interno un gioco di ruolo è, per il lettore, l’esperienza nell’esperienza.

Scomparso

L’AUTORE E IL LIBRO – Guido Sgardoli (in copertina, nella foto di Giorgio Boscaro, ndr) vive e lavora a Treviso. Si è laureato in Medicina veterinaria, ma alla passione per gli animali ha sempre accompagnato quella per i libri. Ha pubblicato un centinaio di titoli, che sono stati tradotti in moltissime lingue e hanno vinto svariati premi, tra i quali il Premio Bancarellino, il Premio Letteratura ragazzi della Fondazione Cassa di Risparmio di Cento, il Premio LiBeR e, nel 2019, il Premio Strega Ragazze e Ragazzi.

Il suo nuovo libro, Scomparso (Einaudi Ragazzi), si sviluppa attorno a un intricato caso di omicidio risolto da un ragazzino con la passione per i giochi di ruolo.

Un cadavere. Accanto al corpo, un ragazzo in stato catatonico. Quando viene portato in ospedale e interrogato dice di non ricordare nulla. Sa solo di chiamarsi Adam, nient’altro. E poi c’è Jupiter detto Jup, un ragazzino di undici anni poco socievole che, per affrontare la realtà, ha escogitato un metodo tutto suo: finge sempre di trovarsi all’interno di un gioco di ruolo, la sua passione. Quando vede sulle pagine di cronaca il volto di Adam, riconosce in lui lo sconosciuto che, proprio il giorno del delitto, gli ha consegnato in un parchetto una misteriosa fotografia. E che ora è l’unico imputato per l’efferato delitto. Jup inventa per Adam una storia fantastica nel tentativo di restituirgli l’identità perduta; un gioco di ruolo urbano, che utilizza il tessuto stesso della città.

Intanto le ricerche della polizia sull’identità del presunto assassino non danno frutti. L’ispettore La Dulce brancola nel buio e si scontra duramente con la psicologa Karen Zaius, che cerca di risolvere l’amnesia del ragazzo. Ed è durante una seduta di ipnosi regressiva che Adam rivela di essere stato segregato a lungo in un luogo buio e sotterraneo e di esserne scappato. È davvero lui il colpevole dell’omicidio? Inaspettatamente, sarà proprio Jup a scoprire la torbida verità che si cela dietro l’apparenza dei fatti.

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