“Questa è la storia di una composizione e scomposizione identitaria che ci fa presente come sia utile intuire le categorie a cui ci avviciniamo per poi liberarcene. Intuire e rispettare ogni volontà di definizione nell’altro e in noi stessi, consapevoli di sé e di chi ci è intorno, sapendo che siamo in divenire” – In occasione dell’uscita del suo romanzo d’esordio “Sarà solo la fine del mondo”, su ilLibraio.it la riflessione dell’autore Liv Ferracchiati

Sarà solo la fine del mondo nasce dalla creazione di un personaggio immaginario che ha corpo di femmina e che vive come uomo. Nasce dall’idea di voler narrare la sua vita con tono ironico e senza pietismi, presentandolo come un brillante scavezzacollo che, lottando per intendersi e affermarsi, trova con gioia la sua posizione nel mondo.

È la storia di una composizione e scomposizione identitaria, che ci fa presente come sia utile intuire le categorie a cui ci avviciniamo per poi liberarcene. Intuire e rispettare ogni volontà di definizione nell’altro e in noi stessi, consapevoli di sé e di chi ci è intorno, sapendo che siamo in divenire.

Il romanzo inizia prima della nascita del protagonista, quando è ancora nell’Uno Primigenio dove ogni cosa è compresente, dove siamo albero, foglia, cielo, mare, polvere, sole, sasso, dove, con la nascita, questa poetica armonia s’infrange perché bisogna individuarsi. Inizia a incombere l’Io. Allora, piano piano, Guglielmo Leon, questo il nome che sceglie per sé il mio personaggio, scopre di avere i capelli biondi, le mani grandi, di amare le donne e di non percepire consono per sé il canone femminile.

Col trascorrere degli anni, capisce che non si può identificare con nient’altro che col proprio nome, nessuna etichetta lo rappresenta: Guglielmo Leon può essere solo Guglielmo Leon. Diventa così sicuro della propria identità che squarcia ogni forma prestabilita, frega la società, le regole e il pensare comune. Le “frega” per noi, per indicarci un’altra via possibile, una via alla quale non avevamo pensato. Questo personaggio e i tanti altri che gli ruotano attorno nascono dalla raccolta di materiali per la Trilogia sull’Identità, tre spettacoli teatrali con cui io e la mia compagnia The Baby Walk abbiamo girato l’Italia.

La ricerca è iniziata nel 2013 e ho avuto la fortuna di parlare con tante persone, esperti di studi di genere e tanti che vivevano queste scoperte nel proprio vissuto. Quindi Guglielmo Leon è stato lavorato nella sua tridimensionalità finzionale nel corso degli anni. È da tanto che lo immagino, che mi appunto di lui e delle sue avventure.

Quando Chiara Valerio è venuta a vedere la mia Trilogia e, con audacia (perché io non avevo mai scritto narrativa), mi ha proposto di scrivere un romanzo, le ho mostrato i miei appunti. Si trattava di un arco narrativo piuttosto ampio, la struttura della storia si snodava dal 1984 al 2078, mi interessava attraversare una vita dall’infanzia alla vecchiaia.

Liv Ferracchiati

Liv Ferracchiati (foto di Luca Del Pia)

Inoltre, chi, per convenzione, viene considerato appartenente a una minoranza, viene spesso descritto come vittima del sistema, mentre io volevo raccontare fragilità e slanci esistenziali che contraddistinguono l’essere umano in senso più ampio.

Il fatto che sia un personaggio transgender non è una caratteristica predominante per me, Guglielmo Leon, come chiunque altro si cerca e, a volte, si trova pure, intanto gli accade un finimondo intorno. Mi accorgevo, via via che lo studiavo e componevo, che non si sentiva del tutto organico alla società e così mi ha ricordato certi prototipi di “uomini superflui” della letteratura russa, da Pečorin a Eugenio Onegin, fino a Platonov. Forse anche per il suo essere vagamente nichilista. Insomma, non ho dubbi che la morbosità verso il tema del transgenderismo devierà l’attenzione su altro, ma queste sono le origini del mio scritto.

Copertina del libro Sarà solo la fine del mondo

L’AUTORE E IL LIBROLiv Ferracchiati (Todi, 1985) si diploma in regia teatrale presso la Civica scuola di teatro Paolo Grassi di Milano nel 2014. Nel 2017 il suo testo Stabat Mater vince il premio Hystrio Nuove scritture di Scena, e con Un eschimese in Amazzonia – Trilogia sull’Identità (Capitolo III) si aggiudica il premio Scenario. Nell’agosto dello stesso anno, Antonio Latella seleziona per la Biennale Teatro di Venezia una monografia di suoi tre lavori. Alla Biennale Teatro 2020, una menzione speciale è stata attribuita dalla giuria internazionale a La tragedia è finita, Platonov, riscrittura dell’omonimo testo.

Ora arriva in libreria con il romanzo d’esordio Sarà solo la fine del mondo (Marsilio), che mette in scena l’inadeguatezza a noi stessi e agli altri e la diversità che sempre ci fa stupendi. L’autore è infatti transgender, come il protagonista del libro, anche se non siamo davanti a un’autobiografia. Anzi, l’opera si apre in un momento in cui l’io narrante non è ancora nato, nonostante i suoi genitori facciano di tutto perché ciò accada – e, nonostante non abbia ancora un corpo, l’io narrante racconta.

Sarà solo la fine del mondo è d’altronde un testo sul corpo che, anche quando è in piena salute, può essere percepito come inadatto: è con il corpo che ci presentiamo al mondo prima di aver imparato a parlare, è intorno al nostro corpo nudo che viene pensato il colore rosa o l’azzurro anche quando non li indossiamo. Così, visto che il corpo è un problema, il protagonista, da subito, comincia a parlare. Parla prima ancora di nascere e non smette più. Si lambicca, eccepisce, critica e discute. Gioca, soprattutto.

Così, Sarà solo la fine del mondo segue la vicenda umana e preumana del protagonista, e anche quella oltreumana. Come il Tristram Shandy di Laurence Sterne, ma anche come il cartone animato Disney-Pixar Soul. Somiglia, questo protagonista, ad Anima 22, che nel cartone animato non ha voglia di incarnarsi e che, appena le capita, percepisce fascino, ma anche insoddisfazione, perché un corpo ha un genere, un’età, e ti mette in relazione in modo troppo univoco con le circostanze. L’io narrante bambino vuole tutto, e non ha problemi di identità, è certo di chi è e di ciò che vuole, poi purtroppo qualcosa cambia: qualcuno, oltre a se stesso, vuole spiegargli chi è, cosa è, e quando è…

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