“L’urgenza che mi ha spinto a scrivere di loro non è stato un tentativo di salvarli. Non credo ne avessero nemmeno bisogno, non credo ne abbiano tuttora. Nessuno si salva, se non vuole essere salvato…”. Maddalena Crepet è al debutto nel romanzo con “Ci siamo traditi tutti”, in cui fa rivivere la stagione del terrorismo, dello scontro politico e del fermento sociale degli anni ’70. E su ilLibraio.it spiega perché ha sentito il bisogno di raccontare una gioventù tragicamente perduta, eppure in parte simile a quella dell’era dei social

Dire di essere stata affascinata da un gruppo di ventenni che, per amor di politica e accecati dal sacro lume dell’ideologia, abbia camuffato i propri connotati, si sia irritato la pelle della faccia a forza di calze maglie e passamontagna, abbia cambiato la propria identità, accettando di adottare quella di un esimio sconosciuto – forse perfino di un “inesistente” –, abbia agito in nome, e sotto il nome di un “nome di battaglia”, sarebbe un’iperbole, un eccesso di zelo, forse. Non certo il sogno che mammà si auspicherebbe per il proprio figliol prodigo.

Dire di non essere stata affascinata da un gruppo di ventenni che, per amor di politica e accecati dal sacro lume dell’ideologia, abbia inforcato armi, abbia cambiato i propri documenti, che, nelle loro budella intestinali, fra di loro, si siano amati, sparati, traditi, abbiano litigato, abbiano fatto la guerra, e poi forse la pace, sarebbe ipocrita.

Amore e politica sono stati inscindibili. Lo sono stati, per me, lo erano indubbiamente per loro. C’è un fil rouge, un tubo sottotraccia, che percorre le vite di ogni protagonista di questo tetro spicchio di storia: erano tutti dei ragazzi. Alcuni arrivavano a malapena ai venti, altri sfioravano i venticinque, in pochissimi avevano già spento trenta candeline. Sotto ogni biografica, autobiografia, testimonianza, documentario o intervista, al di là dell’inchiostro, della pellicola, della telecamera, c’erano, ci sono ancora, dei volti sbarbati o pelosissimi, foruncolosi, con la pienezza dello stomaco ingordo del giovane, o l’estrema magrezza che si ritrova solo nelle fotografie impolverate di “quando eravamo giovani”. Ancora più sotto, nel sotto strato cutaneo, ci sono le emozioni violente, le passioni viscerali, i sentimenti incontrollati, e incontrollabili. C’è l’amore, c’è l’odio, c’è l’allegria eternamente ubriaca, e la tristezza inconsolabile.

Sono stati dei terroristi, è vero. Non si può mistificare la storia. Non fino a questo punto. Hanno ucciso per degli ideali, talvolta ancora granitici, altre volte inconsistenti come sabbia fra le dita. Hanno segregato. Hanno perfino torturato, rivendicato, umiliato. Lo hanno fatto. Lo sono stati. Nessuno potrà togliere loro quell’epiteto, quegli epiteti: terrorista, assassino, delinquente, sovversivo. Nemmeno un ex davanti li potrà salvare, potrà falsificare questa di identità. Neanche se con le loro mani non più giovani, e forse già macchiate dal tempo, si appiglieranno a nomi che risuoneranno nei loro timpani consumati come la calmante ninnananna materna: rivoluzionario, ribelle, sovvertitore.

La mia impellenza, l’urgenza che mi ha spinto a scrivere di loro, non è stato un tentativo di salvarli. Non credo ne avessero nemmeno bisogno, non credo ne abbiano tuttora. Nessuno si salva, se non vuole essere salvato, e questa è una regola aurea della vita. Dura lex sed lex. Volevo svelarli, metterli a nudo, denudarli. In alcuni casi l’ho fatto letteralmente. Volevo scoprirli, e in questa scoperta, volevo nutrirmi di quella loro ferocia, di quella loro impavidità, di quel loro scellerato coraggio. Volevo nutrirmi del loro sangue, e non solo farlo scorrere nelle mie pagine. Volevo costruirmi un mondo, e costruirlo per gli altri, per noi che giovani siamo, che saremmo stati loro coetanei. Che fosse un mondo meno pavido, meno svuotato, meno perso, ma altrettanto oscenamente crudele.

Non ho voluto creare un confronto fra i due, ideare una “scala di crudeltà”, come fosse la scala Celsius. Nessuno di loro ha avuto la febbre, e se ce l’ho avuta qualche volta io scrivendo è solo perché sbaglio sempre outfit. Ho voluto però dare uno scossone. O almeno ho tentato di farlo. Per più di trecento pagine in cui a prevalere è stato il filo nero della morte, ho fatto scorrere, altrettanto sottotraccia, quello rosso della vita. Anche nelle sue meschine e quotidiane crudeltà, anche nella sua banale violenza, nella sua sorda brutalità. E in quella vita, ci siamo noi, c’è un pezzo di noi. Disarmati, fintamente audaci, profondamente fragili, spesso nudi. Incazzati con il mondo, frustrati, gialli di bile.

Che oggi il modo di esprimere tutto questo sia drasticamente cambiato, che al posto di una P38, di una Beretta serie 70, si usi una piattaforma digitale, si usino i social, si facciano battaglie a suon di clic, di post, di storie di ventiquattro ore, che a ispirarci  sia l’incomprensibile – almeno per me – rap napoletano di Geolier, quello “vecchia scuola” di Marra o di Fibra, la trasformazione – o degenerazione, de gustibus – trap alla Sfera, che si leggano slot di mille battute la posto di mattoni di Gramsci, Toni Negri e compagnia cantante,  che a suggestionare e appassionare sia una serie Netflix sui disagi postadolescenziali piuttosto che il cinema francese post-Guerra, non cambia la potenza in atto, non giustifica la rabbia repressa, e pronta a esplodere, non la depotenzia. Ci rende sicuramente meno intrepidi, forse meno ingegnosi – in fondo ora bastano cinque minuti per crearsi un profilo falso, e trasformarsi da amabile e bravissimo ragazzo in hater, in stalker, sotto le vesti di Farfallina_99, altro che olio di gomito e tipografie –, ma non ci rende meno violenti. E se da qualche parte dobbiamo ricominciare – perché tutto questo, tutta la rabbia post-Sessantotto non è veramente mai finita –, dobbiamo farlo anche da qua, anche con la consapevolezza che sì, erano dei – bravi – ragazzi, nonostante agissero da professionisti.

D’altro canto, la storia, diceva qualcuno, è ciclica. Le mode tornano. Come i pantaloni a zampa, e le camicie floreali che fanno tanto Woodstock. Poi, ci sono i tailleur, che non stancano mai. E i tubini neri, che sfinano e “ti vestono”. Sì, poi ci sono anche loro.

maddalena crepet ci siamo traditi tutti

L’AUTRICE  E IL LIBRO – Maddalena Crepet, nata a Roma nel 1994, si è laureata in Storia contemporanea con una tesi sul tentato omicidio del professor Sergio Lenci da parte della banda armata Prima Linea, avvenuto nel 1980. Ha poi frequentato il corso biennale Scrivere presso la Scuola Holden di Torino. Rientrata a Roma, lavora come ufficio stampa e consulente editoriale.

Per Solferino esce ora il suo debutto nel romanzo, Ci siamo traditi tutti, in cui l’autrice fa rivivere una stagione di terrorismo, scontro politico, fermento sociale. Quello che propone il romanzo è il racconto di gioventù tragicamente perduta eppure in parte simile, negli slanci e nelle illusioni, a quella di ogni tempo.

La trama? Lui fa l’operaio alla Breda, a Milano, e lo chiamano Husky per via dei suoi strani occhi chiari. Lei è la figlia di una famiglia romana benestante, la bella e spregiudicata Costanza. La loro prima vittima è Enea Cassini, un magistrato che indaga sull’Autonomia milanese: ucciso a sangue freddo con tre colpi di pistola. E in quel cupo inizio degli anni Settanta, per chi sceglie la lotta armata non c’è ritorno.

Husky e Costanza, assieme a un manipolo di amici, sono usciti da Lotta Continua per fondare Prima Linea e sono decisi a punire o eliminare, con le loro operazioni, i “nemici del popolo”. All’inizio è un’avventura che salda la loro relazione e i rapporti con gli altri compagni in un coagulo di passione e sangue, lealtà e missione. Poi cominciano le liti all’interno del gruppo e, con altre formazioni, la vita diventa clandestina, il pericolo si aggrava. Finché Husky capisce che non sta più combattendo per un ideale come credeva: l’unica cosa che gli interessa ormai è l’amore di Costanza. E lei, invece, per cosa combatte?

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Fotografia header: Maddalena Crepet, autrice di Ci siamo traditi tutti

Libri consigliati