Uscito nel 2000, “L’opera struggente di un formidabile genio” non è solo il brillante esordio letterario di Dave Eggers, ma è anche un libro spartiacque, un esempio della reazione dei nuovi scrittori al postmodernismo puro. Sulla scia della poetica di Foster Wallace, Eggers usa lo strumento dell’ironia per farsi beffe dell’eredità postmoderna, approdando a una nuova idea di letteratura, improntata sulla sincerità e fondata su un dialogo più vero tra autore e lettore…

Uscito nel 2000, L’opera struggente di un formidabile genio non è solo il brillante romanzo d’esordio di Dave Eggers, ma è anche un libro spartiacque, che ha segnato la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova letteratura contemporanea.

In Italia è stato pubblicato nel 2001, con la traduzione di Giuseppe Strazzeri, nella collana Strade Blu di Mondadori, ideata e diretta da Edoardo Brugnatelli, che accolse in quegli anni autori come Michael Moore, David Sedaris, Chuck Palahniuk e Neil Gaiman. Da qualche anno i diritti di Eggers sono passati a Feltrinelli.

Opera struggente di un formidabile genio - Dave Eggers

Nato a Boston nel 1970, cresciuto a Chicago, residente a San Francisco, il cuore pulsante delle innovazioni tecnologiche, Dave Eggers ha intercettato le fragilità del sogno americano all’alba del nuovo millennio.

Scrittore multiforme, si è sempre dedicato ai grandi temi sociali, indagati insieme con uno sguardo da giornalista e da scrittore impegnato; ha sperimentato negli anni con i generi e i temi: l’ultimo è un libro per ragazzi illustrato (Gli Occhi e l’impossibile, Feltrinelli) e tra i libri più conosciuti c’è il distopico Il Cerchio del 2013, che ha ispirato anche un film.

L’opera struggente di un formidabile genio è anche un esempio della reazione dei nuovi scrittori contemporanei al postmodernismo puro. Sulla scia della poetica di Foster Wallace, Eggers usa lo strumento dell’ironia per farsi beffe dell’eredità postmoderna, approdando a una nuova idea di letteratura improntata sulla sincerità e fondata su un dialogo più vero tra autore e lettore.

Prima che incominci la storia, il lettore deve attraversare le soglie fisiche che il libro stesso gli presenta.

Sono i paratesti il primo segnale dell’irregolarità del romanzo: 37 pagine tra copyright, frontespizio, indice, ringraziamenti, seguiti da elenchi, grafici, note e una guida incompleta ai simboli e alle metafore. Si capisce subito che si tratta di uno scherzo: l’autore fa sfoggio di un’esuberanza stilistica fuori dal comune, esagera, si diverte con il lettore e lo accoglie fisicamente nel mondo del libro. Lo esorta a saltare pagine, a non prenderlo troppo sul serio, fornisce spiegazioni, racconta i retroscena della scrittura.

Eggers non ha paura di mostrare il dietro le quinte e poi metterlo da parte, per questo il racconto va inteso come una recita sul palcoscenico. Lo dimostra la copertina dell’edizione Oscar Mondadori: un sipario rosso apre la scena di un tramonto romantico, nel senso artistico del termine. La finzione e l’artificio sono messi da parte a favore della natura e di una connessione umana con essa. È un invito sincero a godersi lo spettacolo – in questo caso la lettura –, a recuperare il senso della meraviglia, non è un cinico tentativo di ridurre il testo letterario a un tessuto simbolico. 

L’opera struggente recupera l’elemento romantico dell’io e dell’autore (il postmodernismo invece rivendica la morte dell’autore) e gioca con i generi del memoir e dell’autofiction quando ancora questi termini non erano ricorrenti nel mondo dei libri. 

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Come nell’ultimo Le schegge di Bret Easton Ellis, quella di Eggers è una dichiarata finta autobiografia – «fate finta che sia una finzione» è uno degli avvertimenti –, alcuni personaggi sono inventati, eppure rimane una forte componente di autobiografismo nella storia del ventiduenne Dave che rimane orfano di entrambi i genitori e si ritrova a reinventarsi una nuova vita in California insieme al fratello minore Toph.

L’uso sapiente dell’ironia (in questo caso post-ironia) e del grottesco – entrambi ingredienti quintessenziali nelle opere di Wallace – rende il romanzo di formazione di Eggers una spassosa e tenera disamina della generazione dei ventenni cresciuti tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del terzo millennio, tra lo spaesamento generale per i nuovi valori promossi dalla televisione e della pubblicità, l’elaborazione del lutto e le conseguenti dinamiche familiari in assenza di genitori.

L'opera struggente - Eggers

Il protagonista assomiglia al giovane Holden: è sempre alla ricerca spasmodica dell’autenticità. Dave partecipa alla fondazione della rivista Might (un riferimento alla rivista McSweeney’s?) e insieme ai suoi nuovi amici si candida per un casting per un reality show su MTV, la televisione della nuova generazione. Tutti ne sono disgustati e, allo stesso tempo, tutti ne sono morbosamente attratti.

La frenesia si trasforma ben presto in disagio: il capitolo del colloquio di Dave per la selezione è una delle scene più drammatiche del romanzo. Incalzato da domande sempre più dirette, è impossibile non immedesimarsi nel senso di confusione e smarrimento esistenziale, nella sofferenza provata nei confronti dei meccanismi più torbidi della televisione, la spettacolarizzazione del dolore, l’ossessione che aumenta in chi la guarda. 

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Lo sfogo di Dave con la selezionatrice ricorda quello di Hal Incandenza nelle primissime pagine di Infinite Jest durante il colloquio per l’ammissione all’Università. Entrambi rivendicano la componente umana, la propria unicità e diversità, mentre rifiutano di essere valutati da numeri e statistiche e si oppongono all’essere catalogati dalle logiche del marketing come meri stereotipi.

L’opera struggente continua ad affascinare le nuove generazioni per la divertente immaturità e sincera ingenuità del protagonista, nato per godere di una visione romantica della vita e obbligato a fare i conti con la realtà – «ogni compromesso è un’autostrada a cinque corsie che ci attraversa l’anima» è una delle citazioni che rendono più l’idea. 

L’opera di Eggers ci costringe a riflettere sulle contraddizioni della società contemporanea, su quanto i nuovi media arricchiscano l’esperienza umana (e quanta invece ne assorbono). Uno dei concetti esplorati nel libro è quello del reticolo: il tessuto connettivo umano che permette di non sprofondare come una racchetta sulla neve. Il reticolo è il pubblico. Tutti abbiamo bisogno di un pubblico. Nella molteplicità delle esperienze umane, arricchite o meno da estensioni di noi stessi che chiamiamo media, emerge la necessità di essere ascoltati. Raccontare la propria storia a qualcuno, può essere una via per la salvezza.

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