Anche se la protagonista del romanzo si chiama Anne Pauly, sarebbe sbagliato dedurre che ci troviamo di fronte all’ennesimo romanzo autobiografico: “Prima che mi sfugga” è, prima di tutto, una storia. Una storia di una figlia che perde suo padre…

Dei tanti momenti catartici della vita di una figlia, c’è anche uno dei più terribili: la morte del padre. Non si tratta di una metafora a indicare il passaggio del figlio in una dimensione adulta e cosciente, o almeno non qui. 

Anne Pauly, nel suo esordio Prima che mi sfugga (L’Orma editore, traduzione di Marta Rizzo), cerca di raccontare il padre partendo proprio da ciò che succede subito dopo la sua morte.

Anche se la protagonista del romanzo si chiama Anne Pauly, sarebbe sbagliato dedurre che ci troviamo di fronte all’ennesimo romanzo autobiografico, che cerca nella scrittura un modo per sfuggire alle brutture della vita e della morte, anzi: Prima che mi sfugga è, prima di tutto, una storia. Una storia di una figlia che perde suo padre.

Anne Pauly prima che mi sfugga

“Mentre gli stringevo la grande mano che si intiepidiva nella mia, ho sperato con tutto il cuore di non dimenticare mai il suo odore e la delicatezza della sua pelle secca. Gli ho chiesto scusa per non essermi accorta che stava morendo, gli ho dato un bacio e poi ho detto ad alta voce: «Ciao ti voglio bene, alla prossima, batti un colpo quando arrivi»”.

Il romanzo non perde tempo a iniziare, ci troviamo immediatamente nella struttura che ospita il padre, ormai morto. L’evento è fresco – il corpo ancora caldo – e Anne si ritrova subito di fronte a una realtà alla quale difficilmente avrebbe creduto: quando tuo padre muore in un ospedale di periferia, c’è da sgombrare la stanza. Gli armadietti vanno svuotati, il letto sfatto, gli abiti messi via, ché quella stanza che hai visitato per mesi, ogni giorno o quasi, deve già andare a un’altra persona.

Non è come nei film: non c’è tempo – o meglio, non è quello il tempo – di piangere, bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare. C’è chi sceglie di vedere questi momenti nella loro comicità, chi in essi ci vede una violenza indicibile: Anne racconta ciò che vede e lascia al lettore l’interpretazione che preferisce.

Velocità è un’altra parola chiave, che si riproporrà più volte nel romanzo. Bisogna essere veloci a metabolizzare l’accaduto, ingoiare tutto quanto, andare avanti. 

Andare avanti alle pompe funebri, dove Anne può litigare con suo fratello perché le bare proposte da Lecreux e figli sono per lei troppo care, e in quel litigio furente, il fratello allarga le narici, apre il petto come uno scimpanzé e per Anne arriva la prima di una lunga serie di botte al cuore: il ricordo di suo padre, ubriaco, che rincorreva con un coltello in mano sua madre, mentre la minacciava per averla vista fare la scema con il prete del paese.

Non si può relegare una persona a qualche azione buona, ma nemmeno soltanto a quelle malvagie. Ed ecco che la domanda che percorre tutto il romanzo, alla quale forse non c’è una risposta, o comunque non è importante, arriva nella sua semplicità: chi era, veramente, suo padre? Era la somma delle sue azioni? Come si definisce una persona buona o cattiva? 

Può interessarti anche

La Anne narratrice sa come raccontare una storia: in prima persona, il romanzo scorre veloce, alternando azioni concrete a riflessioni che mostrano, di volta in volta, un nuovo lato di questo padre. Zen, amante della natura, filosofo, violento, ubriacone, ridicolo, con le sue mascherine per l’ossigeno e la gamba posticcia.

I ricordi, poi, si affastellano uno dopo l’altro, scene che avrebbero la genuina intenzione di dare uno spaccato più preciso della natura del padre, ma che invece ottengono l’effetto di creare ambiguità nel giudizio del lettore. Il che è certamente un punto a favore del romanzo.

Non vi sono capitoli, né grandi divisioni tra un avvenimento e l’altro, perché tutto è un flusso, da leggere in un fiato.

Che la scrittura sia un metodo per elaborare ciò che accade è cosa nota; tuttavia, se questo bastasse, ogni persona che compila un diario potrebbe essere uno scrittore. Non è esattamente così: in Prima che mi sfugga Anne Pauly ricompone attraverso la scrittura una storia intima, ma universale, con l’intento di dedicare a questo padre che non c’è più un vero e proprio – come dice lei stessa in un’intervista di Diacritik.com – “mausoleo di parole“, una tomba per rendere omaggio alla personalità singolare e anticonformista di quest’uomo “ordinario”, alla sua viltà, alle sue mancanze e ai suoi successi, ai suoi sogni realizzati e non.

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Libri consigliati