Nigeria, 1968: Ijeoma è una ragazzina attenta, vittima di un mondo violento e di una guerra civile sanguinosa che colpisce il Biafra. Viene mandata a servizio a casa di alcuni amici di famiglia, dove imparerà tante cose su se stessa. “Sotto gli alberi di Udala”, romanzo d’esordio di Chinelo Okparanta, attraversa tre decenni di storia nigeriana per arrivare fino a noi…
Il Biafra è una regione della Nigeria, che si affaccia sul Golfo di Guinea. È una terra ricca di giacimenti petroliferi, con un clima tropicale più umido rispetto al nord del paese. A mesi di pioggia, seguono mesi di siccità. Nel Biafra crescono alberi di arance e di udala, un frutto tropicale dolce e arancione. Igbo è l’etnia prevalente nel Golfo del Biafra, quella che nel 1967 dichiarò la propria indipendenza dalla Nigeria, dando inizio alla guerra civile.
Ci sono libri per i quali ha senso aprire la cartina e studiare, rendersi conto di quali siano i confini, quali i fiumi che solcano le regioni, come sia fatto il territorio di cui parla il romanzo. Cosa sappiamo in Italia, in Occidente, della regione del Biafra? Non molto, in realtà, oltre alle immagini che passavano in tv, che spesso mostrano bambini, protagonisti della storia solo per i grandi occhi scuri e pance gonfie e tese dalla malnutrizione.
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Sotto gli alberi di Udala (edizioni e/o, traduzione di Tiziana Lo Porto) è il romanzo di Chinelo Okparanta, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2015. Il centro attorno a cui si snoda tutto il libro è proprio la regione del Biafra. Okparanta, prima ancora di cominciare a raccontare la sua storia, inserisce una cartina della Nigeria, proprio come si usa fare per i romanzi fantasy. Ne Il Signore degli Anelli, la Terra di Mezzo viene rappresentata da una mappa spettacolare in A3, in Harry Potter, la Mappa del Malandrino è diventata un’icona per tutti i suoi lettori; in Game of Thrones ancora di più.
Sotto gli alberi di Udala è quanto di più realistico possa esistere, quindi l’autrice per quali lettori ha inserito la cartina? Forse per noi lettori occidentali per i quali la Nigeria è quasi un luogo di fantasia.
Chinelo Okparanta è un’autrice nigeriano-americana. Si è trasferita negli Stati Uniti quando aveva dieci anni. Insegna inglese in Pennsylvania, dove ha studiato. Eppure, in questo premiato esordio, la sua voce si alza forte per la regione da cui proviene, e l’Occidente non è nemmeno menzionato. Quella di Okparanta è stata una scelta consapevole, studiata. Lo sappiamo dalle interviste che ha rilasciato, che il suo desiderio era quello di mettere al centro della narrazione la Nigeria, senza influenze esterne.
Sotto gli alberi di Udala è la storia di una bambina che diventa adulta, e di una madre, che pur amandola con tutta se stessa commette degli errori enormi.
Ijeoma ha undici anni quando la incontriamo, sta vivendo sulla sua pelle gli anni della guerra civile. La sua famiglia è sempre appartenuta alla buona borghesia di Ojoto, dove vivono. La guerra fa però precipitare tutta la comunità in uno stato di povertà assoluta. Dopo la morte del padre durante un bombardamento, la madre di Ijeoma, Adaora, decide di affidare la figlia a una coppia di amici, che la tengano a servizio, in cambio dell’ospitalità, e del pagamento degli studi.
Adaora va alla ricerca di un luogo che non sia stato distrutto dai bombardamenti e dalla povertà, dove ricominciare la loro vita, dove ricostruire un’idea di famiglia.
Rimane lontana quasi due anni, nei quali Ijeoma cresce, diventa un’adolescente dolce, per nulla scalpitante. In quegli anni Ijeoma impara che non alzare la voce con gli adulti: non fare i capricci, tipici della sua età, le permette di ottenere più cose. Quella che lei ritiene una sua forza, però, la metterà in difficoltà più avanti.
Mentre vive con la coppia, Ijeoma si innamora di un’altra emarginata, un’altra orfana come lei, che viene presa a servizio nella stessa casa. La loro storia d’amore è breve, ma molto intensa, e non può che concludersi con l’essere scoperte.
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Questo metterà fine ai sogni di Ijeoma. Le due ragazze vengono separate. Per Ijeoma è tempo che la famiglia si riunisca, anche se non sarà come ha sempre sognato. La madre va a prenderla per tornare a vivere insieme. Non è contenta di come sono andate le cose e decide di guarirla. Vuole guarire Ijeoma dalla sua omosessualità: vuole scacciare il demonio che abita in lei, che le fa provare attrazione sessuale ed emotiva per le altre donne. “Sei un abominio,” le dice.
“Devi chiedere a Dio perdono per tutti i tuoi peccati, ma soprattutto per quel particolare peccato che hai in te. Non ti ho appena detto di pregare? Perché non vedo le labbra muoversi? Perché non sento alcun suono uscire dalla tua bocca? Prega, ho detto! Nessuno dei miei figli avrà desideri così malati. La loro semplice esistenza è una terribile mancanza di rispetto nei confronti di Dio e miei!”
È l’inizio di anni dolorosi per Ijeoma, come se quelli precedenti non lo fossero stati. La guerra entra nella storia e nella vita della ragazza, senza che questo diventi un romanzo dedicato alla guerra. È una situazione in cui i personaggi vivono, uno stato di prostrazione e violenza a cui, come fanno gli umani per qualsiasi cosa, tendono ad abituarsi, finché diventa insopportabile. La guerra civile, la vera resistenza che emerge in questo romanzo, è quella tra Adaora e Ijeoma, la madre e la figlia. Una tenta di cambiare l’altra, le fa violenza, tenta di ridurla ai suoi canoni, alla sua religione, senza rendersi conto che non può cambiare la natura della figlia. Ijeoma, a suo modo, vuole conformarsi, vuole aderire a quei canoni, senza successo.
La resistenza, per fortuna, avrà la meglio, in questo caso.
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Okparanta vuole raccontarci un territorio, vuole illuminare una porzione di mondo, quello da cui proviene, che sente non abbastanza ascoltato. Vuole che si sappia che in Nigeria dal 2014 l’omosessualità è reato, punibile con quattordici anni di carcere. Vuole che si parli del fatto che, anche se non viene scoperta dalla legge, l’omosessualità viene punita con calci e pugni dai conoscenti di chi se ne macchia. La Nigeria è il secondo paese al mondo per religiosità, ma le persone omosessuali esistono anche lì, e spesso sono costretti a scappare. Ed è proprio per loro che scrive questo libro, per chi che lotta, soffre e fugge, e per le famiglie che li circondano. Perché riescano a fare quel salto, quel gesto di amore che Adaora riuscirà a fare con grande difficoltà, molto avanti negli anni.
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