Nel volume “Io sono la mela”, Beatrice Masini e Pia Valentinis raccontano la storia di Saffo in punta di piedi, curando tanto la forma espressiva (visiva e linguistica) quanto le curve dell’esistenza della poetessa greca, in un’opera per ragazzi (e non solo) capace di esaltarne con delicatezza il carattere sfaccettato e fuori dalle righe, nonché la vocazione alle arti e al profondo erotismo – L’approfondimento

Il vento dell’amore soffia da un punto lontanissimo nel tempo e nello spazio. Nato forse in seno a qualche divinità sulla cima dell’Olimpo, almeno nella visione che ne doveva avere Saffo (630 a.C. circa – 570 a.C. circa), è poi arrivato tra i versi di una travolgente poetessa greca dopo avere superato correnti contrastanti.

Da una parte arrivava infatti quella di una dolce sensualità, dall’altra quella di una soggezione struggente nei confronti della persona amata: tra le due, in bilico, ha messo radici la parola di una donna della quale non si è mai smesso di parlare, e la cui storia viene ripercorsa ora in libreria in Io sono la mela (rueBallu Edizioni).

Copertina del libro io sono la mela. Una storia di Saffo

L’edizione di pregio, scritta da Beatrice Masini (traduttrice, giornalista, scrittrice e direttrice editoriale di Bompiani) e impreziosita ulteriormente dalle suggestive illustrazioni di Pia Valentinis, è stata concepita per il giovane pubblico a cui si rivolge la collana Jeunesse ottopiù.

In realtà, però, basta poi sfogliarne anche solo le prime pagine per accorgersi che Io sono la mela sa parlare a lettori e a lettrici di ogni età della spontanea e viscerale ode alla vita contenuta nei componimenti della scrittrice originaria di Lesbo, restituendone capitolo dopo capitolo un ritratto curioso e vibrante.

Forse non tutti sanno, infatti, che fin da bambina Saffo era assetata di ogni sorta di storie (tranne quelle di guerra), e che le beveva come fossero “veleno e medicina” insieme; e, se è celebre la poesia d’amore che dedicò a una sua allieva (A me pare uguale agli dei), ai più resta forse ignoto che anche per sua figlia Cleide scrisse alcuni versi.

Già da queste poche pennellate si intuisce che la personalità di Saffo è sfaccettata e fuori dagli schemi perfino per la nostra epoca, figuriamoci per la sua, nella quale si distingueva non a caso per essere “una gemma sapiente. Una pietra che parla“, come indicava il significato del suo nome, e per la consapevolezza intrisa di erotismo che aveva del corpo femminile.

“Tu sei la mela non colta, il segreto
frutto rimasto celato tra i rami:
tu, la più bella, più rossa, più tonda
sola rimani.”

I suoi versi nascevano così, da riflessioni intinte nel mito e poi sciacquate nelle acque di un fiume qualsiasi, non troppo lontano da casa. Il marito che le trovarono non le impedì di incolonnarli in fila indiana uno dopo l’altro neanche negli anni della maturità, né di suonare la lira. Certo, le mancavano i momenti trascorsi in Sicilia, ma per lo meno le conversazioni con signori e ragazze non si facevano mai desiderare.

Tutti sapevano che era una fortuna condividere del tempo in sua compagnia, e d’altronde le stesse ragazze di cui si circondava erano persone “che sanno parlare, hanno imparato, e adesso non tacciono più“. Fu merito loro, come delle sue allieve, se la libertà tanto cara a Saffo si diffuse a macchia d’olio e diventò un ideale di affettuosa carnalità, un’ispirazione lirica ed esistenziale da prendere a modello.

Beatrice Masini e Pia Valentinis lo raccontano in punta di piedi, curando tanto la forma espressiva (visiva e linguistica) quanto la ventosa esistenza della poetessa. Abbelliscono il labirinto del suo carattere e ce lo restituiscono luminoso come un giardino, da percorrere con la meraviglia e la gratitudine di chi, a millenni di distanza, avverte ancora il suo cuore pulsare.

Fotografia header: GettyEditorial 10-06-2021

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