Torna in libreria “Storie della farfalla”, scritto nel 1993 da William T. Vollman: con crudele ironia l’autore racconta una sorta di educazione sentimentale al contrario, un’educazione coloniale, un amore senza redenzione che somiglia al sintomo di una malattia… – L’approfondimento

Un giornalista e un fotografo americani partono per un viaggio attraverso Thailandia e Cambogia. Sono stipendiati da una rivista, ma il loro obiettivo è uno solo: turismo sessuale.

Il giornalista in realtà è sposato. Davanti ai due si snoda una lunga teoria di ragazze da comprare. Corpi ingenui o refrattari, pronti a tutto dopo sfinite e zoppicanti trattative. Il giornalista si innamora (o crede di innamorarsi) di una ragazza, una delle tante. Questo non ferma la sua escursione, ma il ricordo della prostituta lo segue e lo ossessiona, mentre il viaggio continua in un’atmosfera asfissiante, un paesaggio sempre ostile, febbricitante e in qualche modo minaccioso. Il giornalista sogna di sposarla, ma la storia non avrà nessun lieto fine.

Storie di farfalle vollmann

Storie della farfalla, scritto nel 1993 da William T. Vollman e ora riproposto da minimum fax (con la traduzione di Cristiana Mennella), è un romanzo che sconvolge. Il suo protagonista è ripugnante: paradossalmente, molto di più nella sua parodia di amore rispetto a quando mercanteggia acquisti di donne in locali scuri e madidi di sudore, o cerca goffamente di possederle in qualche camera di albergo. Vollman descrive una sorta di educazione sentimentale al contrario, un’educazione coloniale.

Il bambino farfalla delle prime pagine è una figura debole e spaesata, di cui si intravedono vigliaccheria e sessualità malsana. Il “ragazzo che voleva fare il giornalista” pochi anni dopo inizia a scoprire la sua ossessione, la ricerca di un amore vuoto (“Non ami nessuno? Nessuno? Bene! Sei il massimo. Noi due sì, che sappiamo cosa significa amare…”). E l’uomo farfalla, il giornalista americano che attraversa l’Asia armato di soldi e preservativi (che non userà) è il coronamento di questa degradazione. Stupratore lamentoso, padrone fragile compulsivamente attraversato da ondate emotive che esprime solo attraverso il denaro, per provare disperatamente a comprare qualcosa che gli sfugge.

A fargli da contraltare è il fotografo, sicuro di sé, forte del suo potere tutto maschile e occidentale: “Il giornalista non provò mai i preservativi del fotografo perché (a essere sinceri) nemmeno usò i propri quanto avrebbe dovuto. Ma il fotografo, che li provò entrambi, decise che il giornalista aveva proprio preso la decisione giusta dal punto di vista dell’attrito e quindi della sensazione; ecco dunque la vera morale della storia, e chi va in cerca solo di quella non avrà bisogno di leggere oltre”.

I rapporti si susseguono con la monotonia di un incubo, tutti segnati da un’incomunicabilità grottesca, cui possono fare da contraltare solo dollari o bhat, e una tenerezza vischiosa, che più monta e più trova sfogo solo nei sogni allucinati dell’uomo farfalla.

Vollman racconta ogni scena, anche le più abiette, con un’ironia crudele che non lascia spazio a sconti e non cerca patetismi esasperati. Disegna intorno ai suoi personaggi un ambiente sempre sottomesso e al tempo stesso estraneo e irridente, proprio come può apparire solo agli occhi di un colono. Storie della farfalla è un percorso da un’atmosfera di confusione e stanchezza. Al centro c’è un amore ormai completamente privo di contenuto, un amore senza redenzione che somiglia al sintomo di una malattia. E difatti a scandire i viaggi del protagonista ci sono proprio i segni delle malattie veneree, sgradevoli e angoscianti. L’uomo non le schiva, anzi sembra cercarle, in una cupio dissolvi che non vale a elevarlo dal suo squallore.

Il giornalista è l’Occidente che va in visita in Oriente portandoci la sua solitudine e alienazione. Spera di poterlo acquistare per intero, ma ne torna definitivamente infettato, nel corpo e nello spirito. L’ossessione per “le mogli” è tale che a un certo punto l’appellativo del “giornalista” diviene “il marito”. Ma questo non cambia niente. Ogni donna resta lontana perché è sempre oggetto, tanto più vezzeggiato e adorato quanto più oggetto. E l’idillio al contrario del colono può trovare sfogo solo in un trionfo di fantasie dolorose e deliranti, fino all’esito più tragico.

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