Barbara Bellomo, docente in una scuola superiore e scrittrice (è in libreria con “Il libro dei sette sigilli”), su ilLibraio.it racconta come professori e studenti stanno vivendo gli esami di Stato al tempo della pandemia…

Sarà questa una stranissima notte prima degli esami, in cui i nostri ragazzi, oltre alle consuete sensazioni di ansia e euforia che precedono la prima vera prova della vita, si ritroveranno a pensare a parole nuove: perdita, virus, mascherine, igienizzante, distanza, silenzio.

A Dicembre ironizzavo con i colleghi sul fatto che da qualche tempo sembrava non ci fosse preoccupazione maggiore che trovare una ricetta universale e perfetta per gli esami di stato. Ricordavo le buste dello scorso anno, che tanto avevano fatto tremare i nostri poveri figli che ci domandavano: “Mamma, papà, devo davvero estrarla a sorte, tipo roulette russa?” Sembrava tutto risolto. Perché saggiamente le buste erano state sostituite da documenti selezionati dalla commissione.

Poi sulla scuola, già sommersa da sigle incomprensibili per chi non ci lavora (PCTO, PDP, PEI, PTOF, PECUP, BES, DSA), si è abbattuto un altro e ben più terribile acronimo: COVID – 19 che a sua volta se ne è portati dietro altri: DAD, PAI e PIA.

Quella che sembra una mal riuscita poesia futurista è invece una scuola che si è reinventata e non si è mai fermata. Ma chi  ha pagato il prezzo più alto della didattica a distanza, sono stati gli studenti dell’ultimo anno, rimasti per mesi nel limbo a chiedersi come si sarebbe svolto il loro esame di stato.

Il ‘come’ lo hanno scoperto giorno dopo giorno, fino a qualche settimana fa: non più le prove scritte alle quali i nostri ragazzi si preparavano da anni; non più quaranta punti di credito che concorrevano a determinare il voto finale, ma ben sessanta. Gli scritti sono stati in parte recuperati al colloquio, con l’aggiunta della discussione dell’elaborato delle materie di indirizzo e dell’analisi di un testo letterario studiato nel corso dell’anno.

A ben guardare dunque ci si è mossi all’interno di una continuità, per come si è potuto in una situazione di emergenza sanitaria. Ma non sono però questi i cambiamenti che credo renderanno tanto strano questo esame, quanto la sua anima ferita.

È infatti un esame che arriva nella confusione generale e senza alcuna gioia. Per molti accompagnato dal dolore delle esperienze da poco vissute, per altri dal timore dell’esame in presenza.

È un esame che giunge senza che i ragazzi abbiano potuto salutare quello spazio in cui sono cresciuti e in cui sono cambiati: l’aula. Un’aula intesa come luogo di crescita sociale e  di amicizia.

Insomma a ben vedere è un anno scolastico che si conclude in silenzio. Senza il suono dell’ultima campanella. Un suono lungo e forse anche fastidioso ma che ogni anno si colora di festa e allegria e che per intere generazioni è diventato il simbolo della fine di un ciclo. Il simbolo di un prima e di un dopo.

L’AUTRICE – Barbara Bellomo, laureata in Lettere, ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia antica e ha lavorato per diversi anni presso la cattedra di Storia romana dell’Università di Catania. Attualmente insegna in una scuola superiore. All’attivo ha diverse pubblicazioni di storia romana. I suoi libri di narrativa, La ladra di ricordi e Il terzo relitto, sono pubblicati da Tea e Salani.

Il libro dei sette sigilli

A fine giugno Salani pubblica il suo nuovo libro, il thriller Il libro dei sette sigilli, che racconta un’avventura sospesa tra realtà e leggenda. La trama ci porta a Gerusalemme. Nell’anno del Signore la profetessa Anna consegna al mondo un libro destinato a cambiarne le sorti. Molti secoli dopo la storia di questo testo leggendario incrocia il cammino di Margherita Mori, scrittrice di successo affetta da ipermnesia, un disturbo della memoria che la porta a ricordare ogni singolo dettaglio della sua esistenza, anche il più doloroso.

Margherita ha da poco pubblicato un romanzo d’avventura, in cui racconta la storia di un libro apocalittico, protetto da sette sigilli e in grado, all’apertura di ogni sigillo, di flagellare la popolazione con terribili catastrofi. Ma se l’opera è solo il frutto della sua fantasia, perché padre Costarelli sembra essere così interessato, tanto da convocarla con urgenza presso il seminario? Quando, solo due giorni dopo il loro incontro, il religioso muore in circostanze sospette, il tenente dei Ros Erika Cipriani viene incaricata delle indagini. Molte sono le domande che cercano risposta: il Libro dei sette sigilli esiste davvero? Dove può essere stato nascosto? E che ruolo hanno i gesuiti nella ricerca?

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