“Tatà” di Valérie Perrin è un intreccio raffinato, un’indagine nella vita degli altri, per capire la propria, ed è un romanzo che, come una scatola cinese, ne contiene diversi. L’autrice di “Cambiare l’acqua ai fiori” conferma la sua capacità di cogliere la profondità delle cose della vita…
Nessuno è senza storia: anche la più solitaria donna di Gueugnon in Borgogna ha una valigia piena di segreti e una voce nascosta, che può raccontare ore e ore di ricordi, e di vita.
Lo scopre Agnès, quando ritorna al paese della zia Colette: l’hanno chiamata, perché l’anziana zia è morta. Ma Colette era già morta, tre anni prima, sepolta con la sua cerimonia funebre, presenti le persone di Gueugnon che le volevano bene, gli amici di Agnès. Insomma, Colette pare sia morta due volte.
“Colette è rimorta, parola che non esiste da nessuna parte. Non esiste il termine ‘rimorire'”.
Agnès, parente più prossima di Colette, si trova a dover gestire non pochi grattacapi, perché c’è un’indagine, c’è una casa che viene perquisita in cerca di indizi, ci sono disposizioni di cui tener conto, documenti da visionare: riconoscendo che Colette non può essere rimorta, in quella tomba ci deve essere seppellito qualcun altro. E soprattutto, bisogna scoprire perché e come Colette ha vissuto tre anni nascosta, senza rivelare il suo essere viva e vegeta nemmeno all’amata nipote.
Agnès si trasferisce da Parigi a Gueugnon, perché deve essere presente, perché vuole capire, perché nulla la trattiene a Parigi. Regista di successo in crisi di creatività, con un matrimonio da rotocalco con il suo attore, terminato bruscamente con il tradimento di lui, Agnès è sola, svuotata e bisognosa di un rifugio al suo dolore.
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Tatà di Valérie Perrin (e/o, traduzione di Alberto Bracci Testasecca) è un intreccio raffinato, un’indagine nella vita degli altri, per capire la propria, ed è un romanzo che come una scatola cinese ne contiene diversi.
È un racconto molto personale, ambientato nei luoghi dell’infanzia dell’autrice, che con discrezione e delicatezza tratta le vite dei suoi protagonisti, dando voce anche a chi in apparenza non l’ha mai avuta.
Colette è stata agli occhi di tutti una donna senza storia, una semplice calzolaia, solitaria e silenziosa, un po’ stramba: la sua vita è stata definita dall’impegno e dalla generosità, votata soprattutto al riscatto e al successo del fratello, il padre di Agnès, talento musicale. Colette è stata una donna senza figli, con un lavoro anomalo per una femmina, senza frivolezza e senza amori, tranne quello per la squadra di calcio di Gueugnon.
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La casa che accoglie Agnès è una casa ordinaria, il cui silenzio racconta gesti di una normalità semplice e quotidiana. Ma c’è un’eredità preziosa che Colette ha lasciato alla nipote, e ha riempito un’intera valigia: audiocassette, quelle che si usavano un tempo, tantissime, tutte quelle che è riuscita a trovare. Su quei nastri Colette ha registrato ore e ore della sua voce, della sua vita: lì dentro c’è la verità della sua esistenza, ci sono tanti segreti e qualche avventura, ci sono grandi amicizie, c’è anche un grande amore, e forse c’è anche la chiave per capire il mistero delle sue due morti.
“Mi alzo per riempirmi un bicchiere d’acqua. Apro il mobiletto della cucina. Sono negli oggetti di Colette, nella sua voce, nelle sue ultime mura. Sapeva che un giorno sarei stata qui? Perché ha aspettato di essere morta per parlare con me? Prendo la spugnetta che è sull’angolo del lavello. Quante volte l’ha usata per raccogliere le briciole dal tavolo? Torno nel salottino, mi siedo sul materasso e premo play”.
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Il romanzo di Valérie Perrin è emozionante nel suo essere estremamente puro e intimo, in un racconto che unisce vite di artisti e vite comuni. Agnès regista, forse per un omaggio al marito della scrittrice, Claude Lelouch, è figlia di due musicisti di fama mondiale, e si ritrova a immergersi in una storia che è più di una straordinaria sceneggiatura o di una partitura, perché è un pezzo anche della sua vita, una sinfonia di più movimenti. Attraverso la voce registrata dalla zia, Agnès riesce a vederla, a vederla davvero, complessa e completa, oltre l’immagine custodita nel suo cuore: la voce è uno strumento, un mezzo di riscoperta umana e sentimentale che innesta un racconto molteplice di infanzie spezzate, di amori tossici, interrotti, improbabili, passioni destinate a fiorire.

L’autrice nella foto GettyEditorial
“Ho avuto voglia di conservare per sempre le sue risate, avrei voluto metterle da qualche parte, magari in un portagioie. Non le ho mai dimenticate, le sento ancora varie volte al giorno. Mi accompagnano”.
Per Agnès, ricostruire la storia di Colette, Tatà, è insieme ridare una rotta alla propria, nei luoghi dove ha vissuto da bambina e che riconduceva solo al suo passato, scoprendo che in un presente così doloroso e vuoto per lei sono luoghi capaci di curare. Attraverso i racconti di Colette, Agnès è proiettata in un altrove dove il tempo è rallentato, e dove la voce della vita accompagna per mano, e insegna il significato della dignità e della libertà, dello stare al mondo con un significato.
Perrin sa raccontare la forza che i ricordi hanno sulle persone, la loro capacità di innestare non la nostalgia di quello che è stato, ma il rimpianto di quello che avrebbe potuto essere. Le storie raccontate e tra loro concatenate sono molto visive, cinematografiche nella loro intensità, sono storie di contadini, di ragazzini violati, di circensi dispotici, di musica e di olocausti, ma sono anche storie di amori a prima vista, di note suonate a memoria, di vittorie epiche al pallone, e dischi degli Abba da ballare in maglietta, i capelli sciolti, per una notte che vale una vita intera.
“Mi tremano le mani. Me la prenderò con calma, voglio scoprire quelle cassette poco a poco, come un regalo. Non le ascolterò in ordine, chiuderò gli occhi e lascerò fare al caso, come quando si legge un libro che non si vuole divorare, ma assaporare. Ho tutto il tempo che voglio”.
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In Tatà ci sono intrecci complessi, e colpi di scena che rischiarano all’improvviso, e danno senso a quello che si è. Come in Cambiare l’acqua ai fiori, il passato si riempie di luce, in storie che si svelano, rivelando la bellezza imperfetta dell’esistenza.
Il testo è denso, generoso nelle descrizioni di oggetti e luoghi riparatori dell’anima e nella costruzione di immagini capaci di rendere immenso il piccolo: in fondo la vita è questo, anche quando sembra cosa da niente, invece è tutto.
Tutti abbiamo una storia: con Tatà Valérie Perrin dimostra, con la grazia della scrittura e la raffinatezza delle emozioni, tutta la sua capacità di cogliere la profondità delle cose della vita, le mille battaglie degli altri di cui ignoriamo l’esistenza. E la storia di Colette, vera protagonista silenziosa, sembra sussurrarci: Sii gentile. Sempre.
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