“A osservarli da vicino, nella quotidianità, i criminali perdono tutta la loro presunta forza. Diventano vulnerabili, banali. L’umorismo e la comicità che io adopero hanno proprio questa funzione: sono due strumenti potenti che (perdonatemi il gioco di parole) servono a depotenziare i prepotenti” – In occasione dell’uscita di “Tutti matti per gli Esposito”, l’autore Pino Imperatore riflette sulla funzione dell’umorismo e della comicità

“Costui come può pretendere, in un momento storico così buio, che la gente possa ridere? Ma come si permette? Badi alle cose serie e non dia fastidio!”.

Le sento, alle spalle, le illazioni degli austeri e dei severi, dei moralisti da salottino e dei maîtresà-critiquer. Giudizi a mezza voce, mugugni pieni di livore; gli stessi che in migliaia di occasioni sono stati rivolti, nel corso dei secoli, a saltimbanchi e giullari, a cantastorie e buffoni, a comici e autori di satira. A parere dei benpensanti, chi semina ilarità non merita rispetto; deve addirittura vergognarsi, perché osa scalfire il rigore e la tragicità dell’esistenza.

È una sfida terribile e faticosa, credetemi, combattere questo modo di pensare. Far ridere è sempre stato difficile, ma oggi si assiste a un fenomeno a dir poco inquietante: ridere sta diventando un fatto marginale, o addirittura raro. Lo stato d’animo collettivo, e non solo a causa della pandemia, sembra orientato più verso una inquietante angoscia di massa che verso la gioia di vivere.

Ma questa sfida la si può vincere; anzi, la si deve vincere. Non riesco neanche lontanamente a immaginare che la razza umana possa finire inghiottita da un gigantesco vortice di infelicità.

Anni fa mi hanno definito “messaggero di sorrisi”. Ne vado fiero, e con umiltà e spontaneità cerco di onorare la missione che mi sono dato: diffondere l’allegria e il buonumore. La mia scrittura parte dal divertimento. Scrivo solo quando provo piacere a farlo e quando sono convinto che le mie storie possano allietare il maggior numero possibile di persone.

Ridere è indispensabile. Per tutti. La risata procura benessere. È curativa, distensiva. Unisce le persone; è un atto di festosa socializzazione. Se poi è accompagnata dalla trattazione di una tematica “forte”, può produrre profonde riflessioni. Questo è l’obiettivo cui tende tutta la mia attività letteraria: far ridere e far meditare; irrobustire, dunque, la coscienza critica dei lettori attraverso la risata.

Così sono nati gli Esposito, una famiglia allargata napoletana la cui festosità è oscurata dai legami con la criminalità organizzata. Il capostipite del nucleo familiare, Gennaro, è stato un boss potente e feroce, prima di finire ammazzato in un agguato. Suo figlio Tonino vorrebbe emularne le gesta, ma è talmente inetto e imbranato da causare solo guai; a se stesso, ai suoi parenti e al territorio in cui vive.

La camorra è violenta, sanguinaria, brutale. Uccide e fa uccidere. Governa con le armi. Attira molti ragazzi nella sua rete per emulazione, illudendoli che possano arricchirsi con facilità e ficcando nelle loro teste la falsa convinzione che la malavita sia sinonimo di bella vita.

La realtà prova l’esatto contrario: i malavitosi campano poco e male, e fanno star male il prossimo. A osservarli da vicino, nella quotidianità, i criminali perdono tutta la loro presunta forza. Diventano vulnerabili, banali; rivelano la loro sconcertante ridicolaggine, la loro smisurata ignoranza, la loro incommensurabile imbecillità. D’altronde, se non fossero ridicoli, ignoranti e imbecilli, non farebbero i criminali e non agirebbero da parassiti, ma si renderebbero utili alla società.

L’umorismo e la comicità sono utili a delegittimarli, a farli scendere dal piedistallo di cartapesta sul quale si sono collocati e a denudarli di ogni pretesa e arroganza.

L’umorismo e la comicità che io adopero hanno proprio questa funzione: sono due strumenti potenti che (perdonatemi il gioco di parole) servono a depotenziare i prepotenti. Inoltre, hanno una straordinaria capacità educativa: i miei Esposito – lo dico con orgoglio – sono da anni oggetto di studio e di dibattito nelle scuole, nelle associazioni culturali, nelle istituzioni, nelle organizzazioni che si battono per la legalità; i miei Esposito sono andati in giro per l’Italia con una commedia teatrale rimasta in scena per tre stagioni consecutive, e ora stanno per diventare protagonisti di un film.

C’è la necessità di creare, disse Paolo Borsellino, “un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. E Borsellino – come Giovanni Falcone, Peppino Impastato, Giancarlo Siani e molte altre vittime della criminalità – amava ridere e sorridere.

Mi perdonino i benpensanti, allora, se con Tutti matti per gli Esposito, come mi auguro, farò ridere un gran numero di lettori e li farò riflettere sull’ottusità della camorra, che con le sue nefandezze ha stroncato il sorriso a tante persone innocenti.

Tutti matti per gli Esposito di Pino Imperatore

L’AUTORE E IL LIBRO – Pino Imperatore è nato nel 1961 a Milano, ma vive da sempre in Campania. Ha scritto sei romanzi, varie opere teatrali e racconti, vincendo i principali premi nazionali per la scrittura comica e umoristica. Benvenuti in casa Esposito e Bentornati in casa Esposito sono stati un successo da oltre 100.000 copie e, dopo anni di rappresentazioni a teatro, sono diventati un film.

Ora è tornato in libreria con Tutti matti per gli Esposito (Salani), in cui Tonino Esposito prova a seguire le orme del padre, defunto boss del rione Sanità, e a diventare un criminale come si deve. Ma per quella vita ci vuole stoffa, e lui quella stoffa proprio non ce l’ha. Goffo, ingenuo, nullafacente e perseguitato dalla sfortuna, sembra incapace di combinarne una buona. Canzonato dalla moglie, dai quattro figli, dai suoceri, dalla domestica ucraina e persino da due iguane e da un coniglietto, è la pecora nera della famiglia e il delinquente più maldestro nella storia della camorra.

Quando anche ’O Capitano, lo spirito di un ufficiale spagnolo che gli parla mediante un teschio presente nel cimitero delle Fontanelle, si rifiuta di dare ancora ascolto ai suoi lamenti e lo incita finalmente a darsi una mossa, Tonino capisce di aver toccato il fondo. Decide perciò di cambiare strada e di cercarsi, per la prima volta in quarantacinque anni, un lavoro onesto. Ma i guai non tarderanno a raggiungerlo, così come gli uomini del clan che hanno in mente per lui un compito “molto speciale”. Dirigendo un coro di voci esilaranti e di situazioni pirotecniche, Imperatore così unisce l’allegria e l’amarezza, facendoci ridere delle nostre stesse debolezze e assurdità.

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