“Mi sembrava che nella narrazione dei giovanissimi fossimo ancora legati a una dicotomia anni ’90, ingenui bambolotti da una parte, diavoli promiscui dall’altra. Volevo assumere una prospettiva diversa, che considerasse l’enorme cambiamento degli ultimi quindici anni, e cioè che il contatto con gli altri oggi avviene perlopiù online. Il protagonista, Julian, è un ragazzo di diciannove anni, che non sa che cosa farsene del proprio corpo: sa solo che a volte cerca gli abbracci, ma poi li rifugge per timore di restarci intrappolato”. Su ilLibriaio.it la riflessione di Eleonora C. Caruso, che racconta il suo nuovo libro “Tutto chiuso tranne il cielo”

Il mio libro precedente, Le ferite originali, era un libro sul corpo, sulla mente contro il corpo, sul corpo nell’amore. Quando l’ho finito, ho subito saputo che il successivo sarebbe stato il contrario: un libro sulla sottrazione del corpo, sulla sconnessione della mente dal corpo, sulla mancanza del corpo in amore. 

Il protagonista, Julian, è un ragazzo di diciannove anni, che ritorna a Milano dopo aver trascorso un anno di studio in Giappone. Da quando mette piede in aeroporto, Julian è come scollato dalla realtà, la osserva con grande attenzione e ne recepisce gli stimoli, ma è come se non potesse toccarla, come se non c’entrasse con lui. È questa la prima impressione che ho avuto di Julian, qualcuno che non sa che cosa farsene del proprio corpo.

Mi sembrava che nella narrazione dei giovanissimi fossimo ancora legati a una dicotomia anni ’90, ingenui bambolotti da una parte, diavoli promiscui dall’altra. Volevo assumere una prospettiva diversa, che considerasse l’enorme cambiamento degli ultimi quindici anni, e cioè che il contatto con gli altri oggi avviene perlopiù online. Non per condannare la rete, né tantomeno per trasformarla in un tema, ma al contrario, per assimilarla all’ossatura dei personaggi come qualcosa di normale, acquisito.

Infatti, Julian non cerca rifugio in rete, come alcuni giornali potrebbero titolare parlando di giovani e dipendenza da smartphone. Semplicemente, è qualcosa che è sempre presente tra le sue mani, dal mattino alla sera, ventiquattro ore su ventiquattro. 

Julian è sempre in contatto con qualcuno, eppure non riesce a comunicare le sue emozioni, che gli sembrano troppo complesse: come si può comunicare la complessità di alcuni sentimenti, in un mondo che si è abituato a macinare informazioni sempre più rapide e frammentarie? Meglio tacere. E infatti Julian tace. Anche se sta sempre leggendo o scrivendo qualcosa online, di persona parla pochissimo, a voce bassa, e non risponde alle domande.

Ha una storia famigliare complicata, in cui ha dovuto assumere fin troppo presto il ruolo dell’adulto, e degli strani trascorsi con il fratello maggiore, Christian, con cui non ha fatto i conti (chi ha letto Le ferite originali può immaginarli; chi non l’ha fatto, non è importante, perché il romanzo è pensato per rivelarsi da solo e bastare a sé stesso). È un ragazzo ingorgato, che non ha quasi percezione del proprio corpo. “Strano”, riflette a un certo punto, “non pensa quasi mai al suo corpo, per la maggior parte del tempo è come se non esistesse affatto”. D’altra parte, in un presente in cui il corpo dei giovani è usato più in video o in fotografia, che nell’incontro diretto con gli altri, ha ancora la stessa importanza di un tempo?

Per Julian, è praticamente un unico arto fantasma privo di bisogni. Pensa sempre al cibo, ma non mangia. Non gli importa del sesso, anzi lo mette a disagio. Eppure non si descrive mai come anoressico o asessuale, perché anche le parole a volte suonano troppo concrete o definitive. E poi, chi lo sa, potrebbero anche essere sbagliate. Non si conosce abbastanza per dirlo. Sa solo che a volte cerca gli abbracci, ma poi li rifugge per timore di restarci intrappolato. 

La storia di Julian è, forse, la storia della ricerca del corpo. È la storia di un corpo slacciato dalla capacità di sentire, che si svolge altrove. È anche la storia di un corpo che viene raccolto come un oggetto smarrito da altre persone, cioè da altri corpi, e trascinato in giro nell’afa della Milano estiva.

C’è il corpo tatuato di Leo, il commesso trentenne lamentoso di un supermercato aperto tutta notte. Il corpo scattante di An, la sua migliore amica di origine cinese, che vorrebbe afferrarlo ma non ci riesce. I corpi di Cloro e di Alass, rispettivamente una YouTuber e un Gamer su Twitch, costantemente consapevoli del modo in cui appaiono, lei perché famosa da quand’era una bambina, lui perché nero in un Paese che non glielo lascia scordare. E poi c’è il corpo paterno, che con lui cerca un contatto, e quello di Dante, un uomo che conosce bene un corpo da cui Julian è spaventato e attratto, quello di suo fratello Christian. 

Come dicevo all’inizio, Tutto chiuso tranne il cielo è un libro sulla sottrazione del corpo, e per me è stato un libro sulla sottrazione nella scrittura: frasi asciutte e poche pagine, io che nella scrittura sono solitamente fluviale. Mi sono adeguata a Julian, anche quando il mio modo di raccontare cercava di portarmi altrove. Una volta, all’inizio della stesura, qualcuno mi ha chiesto “perché scrivere la storia di un protagonista che non parla?“, e io ho risposto “perché c’è già troppo casino”. Credevo di scherzare, ma forse invece è proprio così. 

Tutto chiuso tranne il cielo eleonora c caruso

L’AUTRICE E IL SUO NUOVO ROMANZO – Eleonora C. Caruso, classe ’86, ha cominciato a scrivere fanfiction nel 2001, usando il nickname di CaskaLangley. Collezionista di manga, ha esordito nel 2012 con il romanzo Comunque vada non importa (Indiana Editore), ed è tornata in libreria l’anno scorso con Le ferite originali (Mondadori).

Sempre Mondadori porta ora in libreria Tutto chiuso tranne il cielo: Julian è un diciannovenne esile e pallido, la sua anima è azzurra come la sua chioma. Mangia pochissimo, ha sempre in mano il cellulare, ma sente e osserva ogni cosa. Abbraccia tutti, poi scappa. Se permettesse a qualcuno di toccarlo davvero si troverebbe a dover affrontare sentimenti dai quali ha preso una distanza di quasi 10.000 chilometri: quelli che separano Milano da Tokyo.

Dopo un anno trascorso in Giappone è proprio a Milano, il luogo della sua ferita originale, che Julian sta tornando. Siamo all’inizio dell’estate, ad accoglierlo trova la desolazione della città oppressa dalla canicola e la vita annodata da cui era scappato: credeva che la realtà avesse smesso di fargli del male, invece si trova a dover realizzare che il suo rapporto con la realtà si era semplicemente interrotto. Si sente ancora prigioniero di un segreto a cui non riesce a dare un nome, come se fosse vittima di un maleficio – e forse a lanciarglielo è stato Christian, il suo splendido e sfuggente fratello maggiore.

Julian si separa sempre di più dal proprio corpo, ma una fantasmagorica serie di incontri lo trascina in avanti quasi suo malgrado. C’è An, la sua migliore amica cinese, che da lui vorrebbe qualcosa di più che amicizia; Leo, il cassiere trentaduenne di un supermercato, disincantato come un saggio orientale e cinico in modo tutto occidentale; Cloro, una celebre youtuber che domina gli altri con disinvoltura, ma è fragile come una bambina; e poi Dante, il quarantenne dissacrante e commovente che lo accompagna nella riscoperta di sé. Julian dovrà ritrovare la sua voce e affrontare la difficoltà di comunicare emozioni complesse in un mondo in cui tutto è sempre più rapido e superficiale.

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