Laura Forti nel suo nuovo romanzo, “Una casa in fiamme”, racconta cosa può accadere in una casa quando la notizia di una grave malattia si abbatte su tutta la famiglia. Siamo davanti a un incendio che brucia e fa danni, ma nel suo divampare porta una luce in grado di svelare ciò che prima era nascosto…

Una quotidianità rassicurante, almeno in apparenza, quella di Manuela: due figli, un marito, il suo lavoro come scrittrice. Tuttavia, niente è facile come sembra, e a soffiare su braci calde, pronte a divampare e a bruciare tutta quella apparente calma arriva una notizia sconvolgente: la scoperta che Manuela ha un cancro al seno. E in Una casa in fiamme, in libreria per Guanda, Laura Forti fa raccontare alla sua protagonista e io narrante quel che accade da un’estate all’altra, in un anno difficile che metterà a dura prova Manuela, in primis, ma anche la sua famiglia.

Un anno che costringerà tutti a spogliarsi delle abitudini e ad affrontare non una, ma tante manifestazioni di disagi e turbamenti che erano già ben radicati in famiglia. Un episodio epifanico mostra con evidenza scioccante che tutto sta sfuggendo di mano: dopo l’operazione e la radioterapia, la famiglia si trasferisce al mare per ricercare una presunta normalità – desiderio che tintinna a lungo nel romanzo -. Ma il gattino che avrebbe dovuto tamponare almeno in parte il dolore dei bambini per la malattia della madre viene ritrovato macabramente agonizzante in strada: è caduto dalla finestra, lasciata inavvertitamente aperta, o qualcuno l’ha gettato giù?

Il marito Sergio archivia la morte del micio come una disgrazia, mentre Manuela non riesce a darsi pace, constatando le reazioni distaccate dei figli, Lea ed Elias. Dopo aver scoperto che il suo corpo non le è più alleato, Manuela deve forse mettere in dubbio anche la fiducia che ha sempre riposto nei suoi figli?

Queste sono solo le premesse perché la protagonista scavi nel profondo della sua famiglia. Abituata a raccontare e a studiarsi dentro, Manuela si guarda attorno e analizza quanto le accade con una schiettezza che fa male: eccola ammettere, ad esempio, di essere “diventata prigioniera a casa” (p. 17) sua, dopo aver scoperto della malattia; o vedere sé e il marito come “due persone distinte che erano diventate una coppia. E poi una famiglia. Legate, annodate insieme” (p. 83). Sergio, definito un “pendolare” nel loro matrimonio (p. 97), ha più volte scelto di non affrontare le sue emozioni, di cacciarle indietro, anche per via di un’infanzia decisamente traumatica che si scoprirà nel corso della narrazione. Manuela, tuttavia, in flashback significativi ripercorre la sua storia d’amore: dai primi appuntamenti al legame dato dall’ebraismo, dall’importanza attribuita alla famiglia a momenti condivisi che hanno rafforzato la coppia.

Ma adesso, adesso che una malattia sembra aver scoperchiato tizzoni ardenti su cui ogni membro della famiglia deve passare, suo malgrado scottandosi, Manuela si trova a pensare e a scrivere più volte che la sofferenza è un’esperienza solitaria. I sani, infatti, non sanno come rapportarsi con lei e, anzi, spesso le reazioni e i comportamenti sono tra i meno opportuni (“I sofferenti devono soffrire da soli”, che leggiamo a p. 96, è un concetto che verrà poi ripreso altrove).

Solamente una persona, una donna che ha passato gran parte della sua vita dentro e fuori dall’ospedale, sembra rivelarsi un’amica più fidata del previsto e accogliere le confidenze e le paure di Manuela. Da lei la protagonista riceve il nominativo di un altro oncologo, perché vada a sentire un secondo parere prima di affrontare ulteriori cure, e questo cambierà fortemente la vita della protagonista, nonché il corso della storia, motivo per cui è bene non approfondire oltre la trama del libro.

Ciò che è certo è che niente può essere come prima, perché è vero che l’incendio che ha attaccato la sua famiglia e la sua realtà devasta, ma è anche una luce che, illuminando la sua casa, dal tetto alle fondamenta, demistifica e svela:

“Mi chiedevo a quale esistenza sarei dovuta tornare. A una vita per la quale non provavo più gioia, come nel sogno della casa in fiamme: era di nuovo tutto a posto, il fuoco si era spento, ma che restava della struttura originaria se non macerie bruciacchiate? Dov’era finito il senso della nostra famiglia?” (p. 186)

Traumi del passato e del presente si intrecciano, desideri scottanti riposti e quasi dimenticati riemergono prepotenti, quasi con un sapore di rivalsa, mentre Manuela si chiede come possa tornare a respirare, a riconoscere il proprio corpo dopo l’operazione invasiva, per accettarlo, per amarlo e per farsi amare.

Tanta solitudine avvolge questa protagonista che si interroga sul suo essere donna, moglie e madre, su come possa urlare il suo turbamento quando il mondo le chiede solo di dissimulare, lottare, essere forte e far finta di niente.

Laura Forti, scrittrice e drammaturga d’esperienza e di fine introspezione psicologica, con Una casa in fiamme realizza un romanzo di forte impatto emotivo, pur con la sua struttura da memoir raziocinante, che si fa chirurgico nell’analizzare gli effetti ustori della malattia su una famiglia apparentemente inscalfibile come tante.

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

 

Fotografia header: Laura Forti, foto di Lucia Baldini

Libri consigliati

Abbiamo parlato di...