“L’editore presuntuoso” di Sandro Ferri, co-fondatore di e/o, è una riflessione in cui non mancano ironia, polemiche, aneddoti, consigli e racconti sulla vita della casa editrice e sulla storia editoriale italiana degli ultimi quarant’anni

Sandro Ferri, co-fondatore (nel 1979) delle edizioni e/o, che dirige con la moglie Sandra Ozzola (nella foto grande la coppia, ndr), firma L’editore presuntuoso, una riflessione personale, in cui non mancano polemiche, aneddoti, consigli e racconti, sulla vita della casa editrice e sulla storia editoriale italiana (e non solo) degli ultimi quarant’anni.

Ferri aveva già pubblicato I ferri dell’editore, un pamphlet sulle sfide del mestiere editoriale moderno, sui nuovi strumenti digitali, sulle persone che lavorano con passione, spesso nell’ombra, per proporre nuove storie a un pubblico sempre più esigente e critico.

Con il nuovo volume l’editore di Elena Ferrante intende proseguire e sviluppare quella riflessione, dedicandola soprattutto alle nuove generazioni che sognano di lavorare nel mondo dei libri.

copertina de L'editore presuntuoso di Sandro Ferri

Tra le case editrici italiane, oggi e/o è tra le più affermate, ed è spesso protagonista in classifica. Una realtà editoriale aperta al mondo: del resto, da una costola del progetto, nel 2005 è nata Europa Editions, con sede a New York, per tradurre in inglese sia titoli pubblicati da e/o sia da altri editori italiani.

Tornando alla storia di e/o, tra le autrici e gli autori che hanno accompagnato il percorso della casa editrice, che nei primi anni puntava lo sguardo sulla letteratura dei paesi dell’Est, troviamo nomi come Milan Kundera, Christa Wolf e il premio Nobel Svetlana Aleksievič. Poi è arrivata anche la narrativa americana: da Thomas Pynchon ad Alice Munro, da Joyce Carol Oates ad Alice Sebold, fino al canadese Mordecai Richler. E lo sguardo man mano si è aperto ancora, da Cuba all’Africa, fino ad arrivare all’Asia. Senza dimenticare l’interesse per la letteratura francese: da Muriel Barbery, autrice dell’Eleganza del riccio, a Eric-Emmanuel Schmitt, passando per Mathias Enard e Jean-Claude Izzo (che con Massimo Carlotto ha fatto apprezzare anche al pubblico italiano il “noir mediterraneo”).

Certo, in passato non sono mancati i momenti complicati, come ricorda lo stesso Ferri nel libro; in cui riflette, tra le altre cose, sul ruolo del marketing, sul pericolo rappresentato da Amazon, e sui vizi e le piccolezze del mondo editoriale nostrano.

Sandro Ferri ricorda i primi successi e le delusioni, le autrici e gli autori che hanno segnato la storia della casa editrice (tanti i ricordi all’insegna dell’amicizia), dice la sua sulle agenzie letterarie, sulla ricetta per pubblicare un bestseller (“Nessuno né in Italia né nel mondo è riuscito a spiegare cos’è un bestseller, come si ‘costruisce’ (già questa è una parola fuorviante), chi lo legge, perché lo legge”), sui gusti dei lettori (“non credo in alcun modo che il pubblico che non mette la letteratura tra i suoi principali interessi sia civilmente, o moralmente, o culturalmente peggiore delle élite che leggono molto. È semplicemente diverso, compra e legge meno libri ma non per questo è meno intelligente, meno curioso o meno impegnato socialmente”), sul “conformismo” del giornalismo culturale (“Non mi è successo quasi mai di assistere alla scena di un responsabile delle pagine sui libri che chiedeva lumi su un autore sconosciuto e che assegnava la recensione di quell’opera a un suo collaboratore. Nel 90% dei casi, ad accaparrarsi l’interesse dei giornali sono stati sempre i soliti nomi famosi o, in alternativa, lo scandalo, il caso clamoroso”), parla di premi letterari (dello Strega in particolare), fiere (a partire dal Salone del Libro di Torino), dice la sua sull’Adelphi di Roberto Calasso, e non manca nel libro una “polemica amichevole” con Goffredo Fofi (“Abbiamo spesso litigato, anzi lui ci ha spesso ‘scomunicati’ e a volte insultati malamente. Ci siamo ritrovati sempre. Siamo molto diversi…”).

Infine, spazio al futuro della casa editrice, con il nuovo approccio portato dalla figlia Eva, e ai collaboratori e le collaboratrici, ricordate e ringraziate una per una (o meglio, stanza per stanza) dall’editore.

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