“Chiediamo al governo di considerare le librerie essenziali e di tenerle aperte in tutto il paese… anche per non creare una divisione tra gli italiani, un distanziamento dello spirito: l’ultima cosa di cui il nostro paese ha bisogno, in un momento di solitudine e frammentazione come quello che stiamo attraversando”. L’appello di un gruppo di editori, mentre cresce la preoccupazione nel mondo del libro, che “non reggerebbe un secondo lockdown” – Il punto della situazione

Sono giorni di preoccupazione per le lavoratrici e i lavoratori della filiera del libro. Tradizionalmente le settimane che portano al Natale sono infatti quelle più importanti per il mercato librario. Non a caso a novembre sono previste le uscite di numerose importanti pubblicazioni, senza dimenticare le novità di quest’autunno. Ora, con l’aumento dei contagi e con il governo che si appresta a varare un nuovo decreto, si temono altre chiusure, come a marzo, anche se questa volta a livello locale.

E se il mercato del libro ha saputo reagire al primo lockdown, in Italia e non solo, recuperando nei mesi di riapertura buona parte delle grandi perdite accumulate nelle settimane di chiusura, in cui erano attive solo vendite online (non senza difficoltà) e vendite a domicilio, ora si rischia un nuovo colpo.

Lo ha sottolineato sul Sole 24 Ore Laura Donnini, Amministratore Delegato e Publisher di HarperCollins Italia, ammettendo la fragilità dell’ecosistema editoriale, che “non reggerebbe un secondo lockdown”.

Non si può non ricordare che in Italia, dopo il confinamento di inizio primavera, le librerie sono state tra le prime realtà a riaprire in sicurezza, e che le lettrici e i lettori (come pure le libraie e i librai) si sono dimostrati da un lato rispettosi delle regole, e dall’altro vogliosi di libri. 

Lo ha confermato il ministro dei Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini, intervenuto nei giorni scorsi in uno degli appuntamenti di LibLive, il format di incontri digitali organizzati su Facebook e Instagram da ilLibraio.it. Per il ministro, “come forse era prevedibile, molte persone si sono riavvicinate alla lettura e, con la riapertura, sono tornate nelle librerie in cerca di nuovi libri”. Franceschini ha anche aggiunto che il governo continuerà “a supportare la lettura e la sua promozione; in questi mesi sono stati fatti interventi per sostenere le librerie, le piccole case editrici, e si sta lavorando a una legge per il libro sul modello di quella per il cinema, per sostenere l’intera filiera… ho appena firmato un decreto per il sostegno ai traduttori“.

Bene queste rassicurazioni, ma non possono bastare se accompagnate dalla chiusura dei negozi di libri, seppur a livello regionale. E così, mentre l’Associazione Italiana Editori e l’Associazione Librai Italiani-Confcommercio, che in più occasioni si sono appellate alla politica per chiedere che i libri vengano considerati beni “essenziali”, lanciano congiuntamente una campagna di comunicazione in cui si invita ad andare in libreria il prima possibile, senza attendere le code dei giorni pre-natalizi (“Pensaci subito, non fare le code. In libreria il Natale è già iniziato”, questo il motto) , arriva sempre oggi un altro appello, firmato da un gruppo di editori: Sandro Ferri (Edizioni e/o), Renata Gorgani (Editrice Il Castoro), Alessandro e Giuseppe Laterza (Editori Laterza) e Stefano Mauri, (Gruppo editoriale Mauri Spagnol): “Apprendiamo dai giornali che probabilmente il nuovo dpcm dividerà l’Italia secondo tre gradi di lockdown, in base all’indice RT che misura il ritmo di crescita dei contagi. Cosicché nelle cosiddette ‘zone rosse’ − tra cui la Lombardia, il Piemonte e la Calabria − verrebbero chiusi tutti gli esercizi commerciali non reputati ‘essenziali’. Che ne sarà delle librerie? Chiediamo al governo di considerarle essenziali e tenerle aperte in tutto il paese. Non solo perché la lettura dei libri è requisito fondamentale di una cittadinanza attiva, ma anche per non creare una divisione tra gli italiani, un distanziamento dello spirito: l’ultima cosa di cui il nostro paese ha bisogno, in un momento di solitudine e frammentazione come quello che stiamo attraversando”. Il testo prosegue così: “Il libro è anche il modo meno contagioso di informarsi, approfondire, viaggiare, di imparare a distanza, di crescere e fare esperienza come dimostrato dalla sete di libri che si è manifestata in tutto il mondo appena terminati i lockdown di primavera. Le librerie (come le biblioteche) sono luoghi di scoperta nei quali − con la complicità dei librai − possiamo incontrare anche libri e mondi sconosciuti e inattesi. Tenere aperto questo spazio di riflessione e di immaginazione è una priorità se vogliamo che tutti partecipino alla creazione di un futuro comune”. 

Arriva anche l’appello del Salone del Libro di Torino: “Le librerie – per il ruolo che svolgono all’interno delle nostre comunità – non possono non essere inserite nelle categorie considerate essenziali”. Anche il Salone chiede al governo e al parlamento, “nei limiti delle opportune misure di sicurezza nazionale, di prendere in considerazione questa evidenza all’interno della pubblicazione dei prossimi DPCM in uscita, come già espresso da diversi editori e dalle associazioni di categoria del mondo del libro tutte riunite”.

E a proposito di libri da considerare sempre “beni essenziali”, mentre tornano alla mente le immagini dei giorni scorsi delle code di lettrici e lettori sotto la pioggia per fare scorte di libri prima del nuovo lockdown in Francia, rientrando in Italia c’è da ricordare che, purtroppo nel finesettimana, in molti supermercati di alcune regioni viene impedito l’accesso al settore libri. Un’immagine che fa effetto, quella del nastro adesivo a sbarrare l’accesso agli scaffali contenenti romanzi, saggi e manuali.

“Non c’è niente di meglio che aprire un libro per sfuggire alla terribile situazione in cui ci troviamo”, ha dichiarato l’altro giorno il vice primo ministro belga Georges Gilkinet, per motivare la decisione di tenere aperti con una deroga (come pure in Svizzera) i negozi di libri in questo secondo lockdown. Sarebbe bello sentire frasi così anche dai nostri politici.

 

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