Nel suo nuovo romanzo, “I buoni propositi” (di cui proponiamo un capitolo), Sabrina Gabriele porta negli anni ’80, in una piccola libreria bolognese, e accompagna in un mosaico di storie sullo sfondo del secondo conflitto mondiale e dalle persecuzioni razziali, tra sogni arenati nel passato, buoni propositi e sogni ancora da realizzare

Negli ultimi anni, sono stati tanti i libri sui libri“, romanzi e storie ambientate in librerie o biblioteche. Si tratta di storie che, inevitabilmente, esercitano un fascino particolare su lettrici e lettori di ogni età: entra di diritto in questa “categoria” I buoni propositi (Salani), il nuovo romanzo di Sabrina Gabriele, che porta nella Bologna degli anni ’80, e ha al centro propria una piccola libreria, a suo modo speciale: a gestirla è Vanni Maestri, e nel suo negozio ogni dicembre si porta avanti una tradizione: i clienti scrivono su dei foglietti i loro buoni propositi per l’anno nuovo e li affidano alle pagine di vecchi volumi (e così, ad esempio, c’è chi spera in una nuova casa, chi in un lavoro…).

In questo modo Vanni si fa custode dei sogni degli altri, dopo aver deciso di lasciare andare il suo. O almeno così sembra, fino a quando Agata, la sua assistente, non ritrova il primo proposito nel retrobottega…

Ma chi è Vanni? Accantonato, appunto, il suo sogno di gioventù, ha scelto di essere il custode delle vite altrui, di vivere una vita tranquilla e di tenere a distanza il ricordo di un amore rimasto sospeso nel tempo. Ma quando Agata, la sua giovane assistente, trova il primo buon proposito nell’archivio del retrobottega, è come se scoprisse, tra le ceneri della memoria, la scintilla di un dolore che non ha smesso di bruciare.

Nelle stesse ore, nello studio di un notaio, la contessa Costanza Castelvetri scopre che il suo defunto marito le ha lasciato in eredità un manoscritto: è la storia di tre studenti universitari, di un amore segnato dalle sirene del conflitto mondiale e dalle persecuzioni razziali. Quelle pagine non possono risarcire le ferite del passato, ma saranno l’occasione – per tutti i personaggi della storia – di scegliere finalmente, in un tempo presente, la felicità.

Sabrina Gabriele, che ha studiato all’Accademia di Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e adesso lavora a Parigi, nel mondo della moda, aveva già pubblicato Quattro giorni o sempre (Edizioni E/O), e ora torna per raccontare “la tenerezza dei sogni arenati nel passato e la dolce ostinazione di quelli ancora da realizzare, ricordandoci che, per andare incontro al destino, bisogna prima di tutto ascoltare”.

i buoni propositi Sabrina Gabriele libri ultime uscite settembre 2025

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto del libro:

«Scusa, potresti…» disse infine Agata indicandogli una ragazza in piedi accanto a lui.
«Ah, sì. Allora ciao».

Pressappoco allo stesso momento, Vanni alzava la saracinesca della libreria.

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Quel mattino il gestore si era levato di umore particolarmente frizzante, forse innescato dalla minaccia di un cielo carico di neve, forse acceso dall’incontro della sera prima con la sua dirimpettaia, vai a capire. Fatto sta che al suo arrivo in via de’ Coltelli accolse i primi clienti tutto garrulo come un elfo: «Buongiorno, buongiorno! Apro subito» li rassicurò mentre legava la sua Bianchi a un palo.

I due visitatori, un signore con un cappotto scuro e un ragazzo sulla ventina dall’aria infreddolita, lo seguirono all’interno del negozio e scomparvero quasi immediatamente tra gli scaffali. Vanni ne approfittò per dirigersi nel retrobottega, liberarsi del vecchio Loden e metter su la prima caffettiera della giornata.
La mattina trascorse veloce, qualcuno entrava, comprava, nascondeva furtivamente un foglietto fra le pagine di un libro, si attardava in chiacchiere con Vanni. Alle quattordici in punto, zainetto in spalla, arrivò Agata.

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«Le ho portato una fetta di torta di mele» annunciò la ragazza alzando la mano, chiusa a pugno su un sacchetto di carta marrone.

«L’hai fatta tu? Vieni vieni che c’è il vin cotto, senti che profumo».

«E i clienti?»

«Di solito dopo l’ora di pranzo c’è un po’ di calma, su, facciamo una pausa».
Agata seguì il titolare nel retrobottega, appese il cappotto e prese posto sulle casse di acqua minerale:

«Mattinata impegnativa?»

«Eh, dicembre. Si sa. Tutti pieni di buoni propositi per il nuovo anno».

Vanni porse una tazza fumante ad Agata, che la fece cozzare contro la sua in un brindisi improvvisato.

«Trecentosessantacinque possibilità di essere felici».

«Trecentosessantacinque» ripeté lei divertita. I due bevvero un lungo sorso in silenzio.

«Però non so, mi sembra un po’ una forzatura dover aspettare l’inizio di un nuovo anno per darsi coraggio».

Vanni parve non prestarle troppa attenzione.

«Mmmh, buona» commentò addentando la torta di mele.

Agata continuò: «Prenda oggi, per esempio. Siamo al 17 dicembre, no?»

«Sì, 17» confermò il libraio spazzando via qualche briciola dal suo pullover.

«Appunto. È un giorno che fa parte delle trecentosessantacinque possibilità dell’anno, ma le persone non lo considerano come tale. Voglio dire, mi sembra che per i grandi gesti e le grandi ambizioni si cerchi sempre una data altrettanto strategica, quasi servisse una motivazione in più, e che passata quella, se il buon proposito non si avvera, si rimanda all’anno dopo, e così via fino a quando non ci si prova neanche più».

Vanni terminò di masticare l’ultimo boccone di torta. «Davvero ottima, grazie».

Agata addentò finalmente la sua fetta, forse rassegnata a rimanere inascoltata.

«Le grandi date. Hai ragione» concesse infine Vanni. «Però, con tutto il rispetto, ti manca un pezzo».

Agata prese un sorso dalla sua tazza: «Quale pezzo?»

«La poesia».

La ragazza fece per addentare di nuovo la torta di mele, ma rimase con la mano a mezz’aria.

«La poesia del rimpianto, delle scuse» continuò Vanni. «La tenerezza dei deboli, forse degli sfortunati, dei sognatori incurabili, di quelli illusi». Il libraio si alzò in piedi e batté il palmo della mano sul mobile di metallo alle sue spalle: «Questo archivio ne è pieno. Desideri innocenti, dichiarazioni d’amore strazianti, urla violente contro destini mai avverati. Poesia, per l’appunto».

Agata attese che l’uomo continuasse.

«Con alcuni clienti siamo diventati amici. Passano di qui, mi raccontano dei loro successi, sì, ma mai dei loro fallimenti. A quelli non ci pensano proprio. Piuttosto rimandano, si perdono in lunghi giri di pretesti. Ho visto gente trasformarsi, trasferire le proprie ambizioni sui figli, sugli amanti… o anche sulla Nazionale di calcio, ogni quattro anni, in modo da non doversi scusare più, nemmeno con se stessi. C’è della tenerezza, nel trovare un modo di continuare a vivere. C’è della poesia».

«È anche il caso suo?»

«Dimmelo tu». Vanni sorrise e allargò le braccia: «Ci trovi della poesia in questo posto?»

(continua in libreria…)

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