“I fiori hanno sempre ragione” di Roberta Schira vede protagonista una chef, e racconta una storia di cambiamenti, che mette insieme diversi ingredienti per imparare a sopravvivere emotivamente. È un romanzo che profuma di speranza, che si gusta, pagina dopo pagina, e regala ricette di cibo e di commozione…
“Ogni persona può trasformare un piatto in una ricetta per l’anima. Basta procurarsi gli ingredienti giusti”.
Le eredità più preziose sono quelle dei sentimenti: creano ponti che fanno attraversare la distanza, e vivere l’assenza con immagini e parole che curano l’anima.
Negli abbracci della nonna Ernesta, Eleonora ritrovava il profumo della sua infanzia e un senso di complicità che le ha permesso fin da piccola di cogliere la magia della vita. Una bambina curiosa, sensibile, affascinata dai fiori, rimasta poi incantata dall’Ophelia di Millais: per Eleonora il bosco dopo il temporale aveva “il sapore di ombra e di carezze di luce”.
Nella cucina di Ernesta, e nel corso dei tanti viaggi fatti insieme, Eleonora ha imparato la sapienza delle emozioni, e il sapore delle parole che contano, educando il palato. Le ricette di sua nonna sono sempre state rituali, capaci di rendere ogni piatto un portatore di simboli.
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I fiori hanno sempre ragione di Roberta Schira (Garzanti) racconta una storia di cambiamenti, che mette insieme ingredienti per imparare a sopravvivere emotivamente.
Eleonora è cresciuta con un’educazione sentimentale ai sapori e al loro universo, ha imparato a conoscere i segreti della cucina, e i bivi della vita: è stata Ernesta a sostenerla in tutte le sue scelte, personali e professionali, a condurla a capire il proprio stile. Eleonora ha appreso con passione l’arte di legare cibo a passione, unendo attenzione e immaginazione, ed è diventata una chef rinomata e acclamata. Il suo ristorante in Darsena a Milano è meta di appassionati e cultori.
Quella nonna così amata profumava di viola e neroli, che per Eleonora rappresentavano il profumo di un amore incondizionato. Per lei, dotata di una sensibilità olfattiva unica, è sempre stato normale classificare le persone per il loro odore. La sua vita è fatta di nutrimento sensoriale, che distingue ogni sfumatura, anche il bene e il male, un miracolo che si innesta dalla percezione di un odore.
Per questo, quando a seguito di una brutta caduta, Eleonora si risveglia dal coma priva del senso del gusto e dell’olfatto, le sembra di aver fatto ingresso in un inferno, un mondo che senza emozioni, senza mappe con cui orientarsi. Il risveglio è tanto più sconvolgente perché Eleonora apprende che intanto Ernesta è morta. Sola, senza gli strumenti del suo lavoro, senza la guida della nonna, con il senso di colpa di non averla salutata, con il senso dell’impostore di un talento che si trova a dover improvvisare, mascherando la verità, Eleonora incomincia a compiere i primi passi in un mondo nuovo, inodore, insapore.
“Addomesticando i segreti di gusto e olfatto avrei avuto accesso alla vera essenza della vita, avrei accumulato sapere e addirittura un po’ di potere sugli altri, sui nasi e i palati comuni, non educati”.
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Non esiste alcun potere sugli altri, solo su noi stessi: è il potere di trasformarci, adattandoci, trovando il nostro spazio, prendendo consapevolezza dei nostri confini, scoprendoli nuovi, affinché non siano muri. Fare qualcosa per sé, prendersi cura di noi stessi rinnovandoci, è la premessa di uno spirito più aperto e generoso verso gli altri: è un testamento morale eccentrico, ambizioso, visionario, quello che Ernesta ha lasciato alla nipote, sotto forma di lettere. Un modo per sostenerla, e per starle ancora una volta vicino.
È un ricettario, di parole, un itinerario di conoscenza e ridefinizione, verso la rinascita, verso la creazione di una nuova Eleonora, concreta, onesta, generosa, sicura di sé, in grado di imparare di nuovo a degustare e annusare la vita. C’è un mondo nuovo da scoprire, ed Eleonora si fa guidare dalle parole, magiche e fiere, della nonna: è un invito a cucinare stati d’animo, pensieri, disagi, sogni, malinconie, e a continuare a stare insieme.
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“Noi che siamo un po’ streghe e un po’ fate, un po’ sante e un po’ trasgressive, un po’ sagge e un po’ folli: solo accettando tutti questi pezzetti dentro di noi, troveremo quell’interezza, quell’accettarci intere. Il tuo Mondo Nuovo non dovrebbe interrogarsi sulla parità, ma valorizzare la diversità di genere. Soffermarsi sulle specificità, sui bisogni e sui diritti”.
I fiori hanno sempre ragione è un libro che fa stare bene, perché insegna a impastare una vita nuova, con pazienza, con il tempo che riacquista il suo valore, che dà importanza alla semplicità, e pone l’accento sui propri bisogni: lo fa attraverso concetti come attesa, resilienza, solitudine, perdono. Sono questi gli ingredienti per cucinare i nostri piatti, ricette per l’anima, per assaporare il gusto di rialzarsi dopo una caduta.
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La felicità è fare e richiede un grande sforzo, quello della presa di coscienza dei propri diritti. È un tema centrale per le donne, che troppo spesso accantonano i propri bisogni emotivi, accontentandosi, e la lucidità con cui Ernesta trasferisce questo messaggio a Eleonora dimostra come sia una necessità senza tempo, senza età. Fare qualcosa per sé è un diritto, universale, ed è una grande lezione di fierezza per tutte le donne, quella che Simone de Beauvoir definiva la grande avventura di essere se stesse.
Roberta Schira, giornalista, scrittrice, gourmet e critica gastronomica, ha scritto un libro che profuma di speranza, che si gusta, pagina dopo pagina, e regala ricette di cibo e di commozione. Talvolta basta aggiungere un pizzico di Complicità, due cucchiai di Forza Interiore e due gocce di Compassione per ritrovare la propria strada, dando tempo alla vita di lievitare con calma, e di sprigionare la magia e il gusto della rinascita.
“Per curarti non cucinare, ma Fai da mangiare, solo nel fare c’è guarigione”.
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