Del corpo delle donne si dice qualunque cosa, sempre, ma delle donne molto meno: in “La vita in pugno”, romanzo di esordio di Rita Bullwinkel, invece, si parla di tutto, e si esplorano otto strati della società americana. Siamo a un torneo di boxe femminile, nel Nevada: un palazzetto, affollato di ragazze sotto i vent’anni, alcune con i genitori o con altri parenti, altre completamente da sole. In palio la finale per la Coppa di Figlie d’America…
Alle Olimpiadi di Parigi, appena terminate, un incontro di pugilato femminile ha destato attenzione per motivi che non avevano veramente a che vedere con lo sport. Una pugile algerina, Imane Khelif, è stata messa sotto lo scrutinio pubblico non per la sua performance, ma per il suo corpo. Il suo aspetto, i muscoli, i lineamenti, ma anche il suo sangue, il suo patrimonio genetico: sono diventati argomenti di cui dibattere, su cui scrivere analisi dettagliate, su cui inerpicarsi per portare avanti determinate agende politiche.
Del corpo delle donne si dice qualunque cosa, sempre, ma delle donne molto meno: in La vita in pugno, romanzo di esordio di Rita Bullwinkel, pubblicato da Bollati Boringhieri nella traduzione di Sara Reggiani, invece, si parla di tutto. Dallo spazio ridotto del ring su cui è ambientato tutto il libro, otto diverse vite si diramano nelle più disparate direzioni.
Siamo a un torneo, a Reno, nel Nevada. Un palazzetto, affollato di ragazze sotto i vent’anni, alcune con i genitori, con degli altri parenti, alcune completamente da sole. Quattro scontri porteranno a due semifinali, e saranno poi le ultime due a competere per la finale, per la Coppa di Figlie d’America. (un nome programmatico)
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Ogni capitolo è dedicato a un incontro: le due sfidanti si studiano, si colpiscono, si schivano. Mentre sul ring i loro corpi – eccoli – sono esposti in tutti i loro punti di forza e in tutti i loro difetti, la scrittura di Rita Bullwinkel ricostruisce le loro singole storie. I motivi che le hanno portate a quella competizione, quello che si sono lasciate alle spalle per seguire questo sport, quello che le attenderà fuori da quel palazzetto, perché quel quadrato di mondo è, per l’appunto, solo un quadrato, e fuori dalla competizione ci sono tanti altri contesti in cui non sarà possibile vincere, oppure sì, a qualcuna potrebbe anche succedere di vincere tutto.
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L’incontro è una relazione: tra chi è più motivata, e chi sta solo tentando una strada per sé, non portare a termine il match sarebbe una mancanza di rispetto gravissima.
Nello spazio di poche pagine, tra le due si crea un legame che per un momento sembra l’unico che conti al mondo. È un legame fatto di avversione, certamente: per qualche istante, forse le due ragazze sul ring si odiano proprio. Si vorrebbero morte, perché c’è spazio per una sola. Alcune volte, la persona di fronte è un trampolino da utilizzare per la propria spinta, altre volte potrebbe essere l’amica che si ha sempre desiderato. Ogni futuro però è cristallizzato nella sfida del momento, nell’essere una contro l’altra.
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Rita Bullwinkel esplora otto strati della società americana, porta il lettore dalla Florida al Texas, al Nevada, dentro case che sono uguali, tra la fatica di arrivare a fine mese, matrimoni scollati, tanti o pochi fratelli, genitori più o meno presenti. Ambizioni frustrate, diverse tecniche per controllare la tensione. Le ragazze sul ring a volte diventano come delle fettine di vitello, altre volte si nascondono sotto un cappello con la coda da castoro. Le loro forme mutano, mentre diventano energia e aggressività pura.
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Il contesto del palazzetto è un contesto a suo modo protetto, per delle persone che nel mondo poi andranno senza troppe reti di sicurezza. È il microcosmo dove far esplodere controllate le tensioni, le angosce, quella rabbia che sembra essere nata con loro. I capitoli scivolano via, brevi, uno-due, uno-due. Mano a mano il palazzetto si svuota, gli occhi di tutti si allontanano da queste atlete. Chi vincerà davvero, come sempre, è solo una risposta accessoria.
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