“Poe – La nocchiera del tempo” è il nuovo romanzo con cui Licia Troisi introduce il suo multiverso. IlLibraio.it ha intervistato l’autrice, che con i suoi libri e le sue saghe ha contribuito a diffondere il genere fantasy in Italia e in Europa, per farsi guidare in questo nuovo mondo labirintico. La scrittrice, che usa anche lo schwa, ha parlato di come creare mondi (“da diverso tempo nelle mie storie ho iniziato a contaminare il fantasy classico con genere diversi”), della sua nuova protagonista (“Poe, in una sua primissima versione, è nata da una sessione di gioco di ruolo online con ambientazione cyberpunk”), di orientamenti e generi sessuali (“L’esigenza che sento è di voler narrare la varietà di gusti e di generi sessuali nella maniera più naturale possibile”)

Licia Troisi non ha bisogno di troppe presentazioni. Scrittrice, astrofisica, divulgatrice, cosplayer, presentatrice televisiva, da anni si è fatta conoscere per le sue storie e per i suoi personaggi, per i suoi mondi e per il suo modo unico di raccontare.

I suoi romanzi hanno contribuito a diffondere il genere fantasy in Italia e in Europa. Le sue protagoniste hanno cambiato la narrazione del genere, costruendo un archetipo nuovo, lontano dai canoni classici. Non stupisce quindi, l’introduzione innovativa dello schwa per riferirsi a uno dei suoi personaggi privo di genere.

L’autrice (tra gli altri) delle Saghe del Mondo Emerso, de I regni di Nashira e de la Saga del Dominio (tutti pubblicati da Mondadori) torna in libreria con Poe – La nocchiera del tempo (Rizzoli), un nuovo mondo. Anzi, più di uno, infiniti mondi. Perché questa volta le sue pagine non raccontano le guerre di una singola terra, ma quelle di un multiverso intero.

Mappa multiversi ©disegni Matteo De Longis realizzazione grafica Studio RAM

Matteo De Longis – Mappa dei multiversi

Poe, la sua nuova protagonista, ha quindici anni quando viene allontanata per sempre da Paradise, l’ultimo baluardo di una Terra decadente. Da una fine scritta, inizia una vita inattesa e la ragazza scopre un segreto che non aveva mai neanche potuto sognare. Diventa quindi una Cacciatrice, una viaggiatrice tra le dimensioni, e la sua storia si tuffa nelle trame del multiverso, nell’unico desiderio di salvare l’ultimo affetto che le è rimasto in vita: sua sorella Imogen.

ilLibraio.it ne ha parlato con l’autrice in un’intervista via Skype.

Poe la nocchiera del tempo Licia Troisi

In occasione dell’uscita di Poe – La nocchiera del tempo, arriva un sito dedicato che consente di viaggiare per il multiverso e acquistare gadget a tema

Partiamo con le cose semplici: come si costruisce un universo troisiano?
“In alcuni casi l’idea di partenza è proprio il mondo, in altri sono i personaggi. In generale, se parto da quest’ultimi, poi il mondo ne è conseguenza. Cerco di sfruttare l’ambientazione per mettere in evidenza le caratteristiche dei personaggi, per fare in modo che risaltino. Partire dall’ambientazione è un processo più largo, costruisco la struttura e poi la adatto per eventuali esigenze narrative”.

E nel caso di Poe?
“Questa volta volevo proprio raccontare del Multiverso. Da diverso tempo nelle mie storie ho iniziato a contaminare il fantasy classico con genere diversi, tra cui il giallo e la fantascienza. Questa volta volevo sentirmi il più libera possibile. Da qui la struttura labirintica di tutti i mondi possibili del Multiverso”.

Cosa ha contaminato la sua scrittura per questo nuovo romanzo?
“Ho preso un po’ di suggestioni diverse, tra cui quella per lo steampunk, il cyberpunk, mantenendo anche il fantasy classico. Volevo potermi esprimere liberamente e avere spazio. Una cosa divertente è che ho inserito piccoli dettagli che caratterizzano ogni mondo. Il cielo porpora su Almerya o il fatto che su Mechanica il sole sorge a Ovest invece che a Est. È stato molto stimolante. Su Paradise invece ho capovolto la solita struttura delle città, dove di solito i ricchi sono in alto e i poveri in basso, mi piaceva cambiare le carte in tavola e quindi ho invertito le convenzioni”.

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A differenza dei suoi libri precedenti qui lo spazio si moltiplica: non un solo mondo nuovo, ma infiniti pianeti. Dopo lo spazio stretto a cui ci ha costretto la pandemia ha voluto visitare l’universo intero… Crede che il suo Multiverso sia figlio di questi anni difficili?
“Credo di sì. Quando inizio a scrivere non sono perfettamente consapevole di tutto quello che fluirà nella narrazione. C’è una parte inconscia che scorre liberamente. Credo sia naturale. Io riesco ad avvertire principalmente l’urgenza di raccontare una storia. Per questo è plausibile che, di riflesso, questo romanzo venga da quello spazio ristretto per portare alla luce invece uno spazio vasto e variegato”.

E Poe invece, da dove viene?
“Poe, in una sua primissima versione, è nata da una sessione di gioco di ruolo online con ambientazione cyberpunk. Era un personaggio diverso, ma lì è comparsa per la prima volta. Paradise, il suo mondo, mi è servito per metterla a fuoco meglio”.

Il fantasy ha sempre portato in scena temi difficili utilizzando delle maschere. Nel suo multiverso, c’è spazio per l’ingiustizia sociale, per giochi di potere, ma anche per personaggi LGBTQA+. Nonostante ciò, spesso il fantasy è visto come un genere infantile, o young adult, come se gli adulti non potessero prenderne niente. Quanto è importante per lei, nei suoi libri, introdurre riflessi della nostra realtà?
“Di solito i temi fruiscono nella narrazione perché fanno parte dei miei interessi, o del modo in cui vedo il mondo. Tutto ciò ha ovviamente un riflesso in quello che scrivo. Il fatto che queste tematiche rientrino nel genere dipende molto dalla sensibilità degli autori. Alcuni preferiscono narrare incentivando la dimensione immaginifica, di pura invenzione per stimolare e intrattenere il lettore. Io credo che la cosa più importante sia che ognuno faccia quello che sente di voler profondamente fare. Altrimenti si finisce per diventare didascalici, propagandistici quasi. La letteratura di genere veicola dei messaggi, ma vuole anche catturare, divertire e stimolare l’immaginazione del lettore. Per questo ognuno deve sentirsi libero”.

Poe per esempio è bisessuale.
“Mi sono accorta che lei era così. Per me è stato molto naturale: è una delle sue caratteristiche. L’esigenza che sento è di voler narrare la varietà di gusti e di generi sessuali nella maniera più naturale possibile. Anche Dhanab è di una razza aliena priva di genere, ma non è il centro del suo essere”.

È cambiato qualcosa rispetto alla narrazione di questi personaggi nel tempo?
“Credo che le narrazioni di personaggi omosessuali siano andate nella direzione in cui per fortuna sta andando la società. Si vogliono normalizzare i gusti e i generi, senza necessariamente concentrare la narrazione su quello che è una parte di un’intera personalità. Ne I casi impossibili di Zoe & Lu, il papà di Lucrezia è un gay single, ma ho cercato di riprodurre la normalità della vita di una persona come quella di tutte le altre. Dhanab come dicevo, non ha un genere, ma questo non è la parte centrale della sua storia, nonostante sia essenziale per identificarlo”.

Le sue eroine sono sempre state donne forti, ma allo stesso tempo fragili. Poe porta in sé molto di tutte le altre, ma è più sporca, meno nobile, più oscura. Cosa è cambiato?
“Non volevo raccontare di un personaggio che doveva salvare il mondo. Credo che questo desiderio venga in parte dalla mia età. Allo stesso tempo non credo di essere mai uscita veramente dall’adolescenza, probabilmente fa parte della nostra generazione. Forse l’essere adulto è un mito. Però volevo raccontare un personaggio più adulto, credo che Poe sia più matura delle altre. Il suo destino non è quello di salvare un mondo, anche se poi le capita di traverso, vuole solo salvare sua sorella”.

Poe è anche molto più arrabbiata, più delle tue precedenti protagoniste. Da dove viene questa necessità?
“Ci sono due sentimenti che condizionano fortemente la mia vita: la paura e la rabbia. Forse Poe è arrabbiata perché ho sublimato in lei una parte di me che tendo a non esprimere spesso. Non voglio demonizzare questi sentimenti, possono essere utili se ben incanalati, come nel caso dell’attivismo sociale, che spesso nasce da sentimenti forti. Ma non mi piace scaricare sugli altri sentimenti negativi”.

Per quanto riguarda i suoi personaggi maschili invece, quasi tutte le spalle delle sue protagoniste non rispettano gli stereotipi classici di genere. Damyan per esempio è leggero, divertente e non ha mai la necessità di mostrarsi in competizione con Poe.
“Per me è importante presentare modelli diversi di mascolinità. All’inizio della mia carriera mi concentravo su diversi modelli femminili, perché volevo scrivere di donne diverse. Involontariamente ho descritto quindi uomini molto diversi dai canoni classici. Per fortuna adesso si sta iniziando a parlare di più di quanto il patriarcato abbia influenza non solo sulle donne, ma anche sugli uomini, contribuendo a generare versioni distorte e molto coercitive”.

Ci spieghi meglio.
“Credo che anche i personaggi maschili siano stati spesso ingabbiati in determinati schemi da cui non potevano uscire facilmente. Damyan, per esempio, cerca di essere sempre leggero, spensierato, se ne frega di come dovrebbe sembrare. Ma allo stesso tempo è importante per Poe proprio per la sua capacità di prendere la vita per il meglio”.

Da dove viene questo modo di parlare delle donne e degli uomini?
“Credo venga un po’ da chi sono io. Dal mio modo di avere relazioni. Sono del parere che le persone che ti stanno vicino siano sostegni, ancore, non qualcuno da cui esigere salvezza. Un punto di vista esterno che ti permette di mettere in discussione le cose che pensi. Le mie protagoniste tendono a salvarsi da sole, è sempre stato così, e spesso salvano gli altri. Poe salva Damyan dopotutto, nonostante in tutta la storia si aiutino spesso l’un altra”.

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Questa volta la sua passione per la scienza e per la scrittura si uniscono per la narrazione più di sempre. Come è stato muoversi per il Multiverso?
“A differenza dei miei libri di divulgazione scientifica dove la scrittura è necessaria alla comprensione, qui la scienza entra nella narrazione e ne diventa strumento. Cerco sempre di lasciarmi lo spazio della fiction, voglio avere comunque libertà narrativa, nonostante ci siano molti elementi scientifici. In questo romanzo, per esempio, i Pozzi mi ricordano molto i warmhole, ma non l’ho mai voluto spiegare chiaramente. È sempre molto divertente per me, perché la scienza è uno spunto creativo, ma mai un limite quando racconto storie. Quando faccio divulgazione invece, la chiarezza è importante, e ovviamente la correttezza una necessità”.

Spoiler sulle prossime avventure? Quante storie ha ancora da raccontare il multiverso?
“Verso la fine dell’anno ci sarà qualcosa di nuovo… ma non posso dire nulla! A metà di questo anno invece, ci sarà una nuova avventura de I casi impossibili di Zoe & Lu. Ma alcune volte ho voglia di tornare nel Multiverso, la sua struttura si presta molto alla serialità e quindi ho diverse idee e diversi personaggi di cui vorrei ancora parlare”.

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