Storie di mitologie antiche, superpoteri e maledizioni, in un viaggio tra futuri alternativi e mondi paralleli, che attraversa science fiction, horror e leggende urbane. In libreria “Omenana”, l’antologia di racconti fantastici provenienti dall’Africa e dalla diaspora africana
Una raccolta di racconti fantastici provenienti dall’Africa e dalla diaspora africana. L’antologia Omenana (traduzione di Giulia Lenti, prefazione di Djarah Kan), dedicata interamente alla speculative fiction, è proposta dalla casa editrice Nero Editions nell’ambito di NOT. Un compendio dell’omonima rivista trimestrale nata in Nigeria nel 2014 da un’idea dello scrittore e giornalista Mazi Nwonwu e di Chinelo Onwualu, scrittrice e co-direttrice della rivista queer Anathema.
Omenana è una parola igbo, lingua parlata dall’omonima popolazione che abita le regioni sud-orientali della Nigeria, e sta a indicare due cose: ciò che resta di una cultura scampata alla scure della penetrazione cristiana e le divinità locali. Ed è proprio la commistione tra sacro e umano, tra tradizionale e futuristico, che descrive l’intento primo della raccolta Omenana.
In questa antologia sono stati selezionati sedici tra i migliori racconti apparsi sulla rivista negli ultimi anni. Gli argomenti sono i più disparati: mitologie antiche, terre desertificate, superpoteri e maledizioni. Un viaggio tra futuri alternativi e mondi paralleli, che tocca generi letterari come science fiction, storie dell’orrore e realismo magico.
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Gli autori e autrici presenti sono Wole Talabi, Rafeeat Aliyu, Tendai Huchu, Sanya Noel, Suyi Davies O., Anne Defeta, Nerine Dorman, Ray Mwihaki, Tiah Marie B., Chikodili Emelumadu, Mame Diene, Nnamdi Anyandu, Sarah Norman, Rèlme Divingu, Mico Pisanti e Ada Nnad.
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Una pletora di voci provenienti da Paesi come il Kenya e il Sudafrica, il Gabon e lo Zimbabwe, e per i lettori un’opportunità per immergersi nelle storie di scrittrici e scrittori che fuoriescono dal canone duro e realista di vittime del colonialismo per esplorare nuovi mondi fantastici. Un assunto riproposto anche dall’autrice e attivista femminista Djaraj Kan in prefazione, dove descrive i testi presentati come “storie che trasmigrano collettivamente in un singolo punto, e che rappresentano un movimento che lascia scie concrete e ben visibili su cui potersi ritrovare e in cui poter scrivere ancora il divino e il futuro.”
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