Vecchi rancori, silenzi che si trascinano per anni, intolleranze: il romanzo di Attica Locke ci porta nel Texas più profondo – L’approfondimento

Sospeso per avere aiutato troppo un amico coinvolto in un caso di omicidio, Darren Mathews è un Texas Ranger senza stella al petto, un marito senza una casa e senza una moglie, che lo ha lasciato, un figlio senza una madre degna del nome, una sbandata capace solo di chiedere soldi e bere birra.

Darren torna in Texas, sua terra natale, invitato a occuparsi ufficiosamente di un caso per conto di un collega dell’FBI e lo fa così, senza una vera identità o un ruolo ufficiale. Senza la stella sulla camicia, l’uomo è un “nero qualsiasi” che viaggia da solo sulla Highway 59.

Texas Blues Attica Locke

Nel Texas orientale la sua destinazione è Lark, 178 anime, qualche casa, una tavola calda gestita dall’anziana Geneva, una birreria covo di bianchi fanatici, e una comunità in costante conflitto razziale. Perché questa terra è patria dell’Aryan Brotherhood of Texas, che è anche peggio del Klan: è il Klan con tanti soldi e armi semiautomatiche.

Ed è proprio in mezzo alla Fratellanza che si spinge Darren, perché sono stati trovati due cadaveri, un uomo nero di Chicago e una giovane donna bianca del posto, e lui sente subito puzza di crimine d’odio.

La terra di Texas Blues di Attica Locke (Bompiani, traduzione di Alessandra Padoan) è uno sfondo di separazioni e vecchi rancori, di silenzi che si trascinano per anni e intolleranze.

Certa gente non impara mai.

Ci sono antichi amori che hanno mischiato le carte e il sangue delle persone di Lark, ci sono morti da non nominare: tutto giace, nella polvere, taciuto e sofferto. Una bomba a orologeria.

A Lark, Darren ritrova la sua terra, lasciata per gli studi di giurisprudenza a Chicago. Lo aspettava una carriera da professionista, ma lui è e vuole essere un Ranger, è il suo destino e la sua ossessione, per la quale rischia la vita e il matrimonio. È, sopra ogni cosa, l’eredità dello zio William, Texas Ranger e mentore, le cui parole sono state capaci di infondergli fin da ragazzo la consapevolezza di una responsabilità più grande.

La nobiltà è nel combattere, figliolo. E’ così in tutto.

Solo l’alcool a dosi forti riesce a rendere sopportabile il dolore delle telefonate della moglie Lisa che lo reclama a casa, al sicuro, rispettabile, sobrio e soprattutto vivo. Quei due cadaveri, così diversi e così stranamente vicini, reclamano lealtà e attenzione e Darren indaga, scavando nelle pieghe torbide e oscure del suo Texas fino a sentirsene sopraffatto. Perché, pur conoscendo bene le ombre che lo circondano, l’uomo rischia di sprofondare nell’incertezza che è cupa come la melma del Bayou.

Avvocato mancato, alcolista incallito, ostile alle regole, alla costante e testarda ricerca della verità, mosso da un senso del dovere più forte della vita, Darren è un uomo tormentato dall’ingiustizia.

È un intrigo di amore e di razza quello che Attica Locke costruisce con un romanzo capace di superare la stessa definizione di thriller, per diventare, pagina dopo pagina, una meditazione sulle radici. L’amore è identità, è orgoglio ma anche appartenenza, e per questo è protezione. È proprio sotto il segno della protezione che si legge la storia di Texas Blues, fatta di parallelismi e incroci di vite, nella quale l’attaccamento alle proprie origini prevale su tutto, sui ricordi, sugli amori, sui protagonisti, che sono tutti schiavi, di emozioni e di istinti.

Darren sapeva quanto fosse forte il richiamo di casa; sapeva cosa significasse calpestare la terra dove i tuoi antenati avevano costruito il tuo futuro con le proprie mani, quanto valesse ciò che era frutto di fatica e amore, come un raccolto potesse cambiare un destino.

Il Texas non perdona gli errori, ma non si può dimenticare: il Texas si sente nelle narici e nella pelle e per questo Darren non si muove finché non arriva alla fine, incantato dal potere della terra e tormentato dalla memoria.

Nelle ombre dell’odio e della violenza razziale Attica Locke fa spazio a una dichiarazione d’amore al suo Texas, terra di contraddizioni umane e di smisurate bellezze, dolorosamente malinconica, come le note di un blues.

Sapeva che effetto facesse stare sul portico della sua casa di famiglia, a Camilla, e sentire il respiro dei progenitori tra gli alberi, il potere della gratitudine in ogni alito di brezza.

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