“Essendo io stessa molto consapevole del tabù sul porno, mi chiedevo se i miei interlocutori sarebbero stati titubanti…”. Abbiamo intervistato Polly Barton, autrice di “Porno – Una storia orale”: “Sono tante le risposte individuali che mi hanno stupito, in maniere tutte diverse, ma penso che l’aspetto più stupefacente di questo progetto sia stato proprio scoprire quanto le persone avessero da raccontare – quanto riflettessero sui risvolti etici legati al porno, e a quale ricchezza di storie personali e altri aneddoti avessero riguardo il tema…”. Tra “pornochiacchiere” e paralleli con i “Comizi d’amore” pasoliniani, una riflessione sul ruolo (complesso) giocato dalla pornografia nel nostro presente

Di porno non si parla, come la prima regola del Fight Club. La pornografia esiste da quando esistono gli esseri umani, ma oggi è entrata nelle abitudini della stragrande maggioranza delle persone, diventando un’esperienza “culturale” molto comune, soprattutto con la diffusione capillare di Internet.

Non esistono dati che lo confermino (quelli diffusi da PornHub ogni anno parlano di tendenze relative al proprio sito, il più grande provider gratuito e mainstream), ma senz’altro arriva a sempre più persone, e sempre più giovani.

I lockdown sono stati determinanti nell’aumentare la domanda di pornografia: ciò ha spianato il terreno per un’ulteriore rivoluzione dei consumi, portando ai massimi livelli il successo di realtà come OnlyFans, che danno in mano ai creator la possibilità di affermarsi sugli schermi e avere il proprio pubblico pagante. Al tempo stesso, il porno è ancora un tema tabù, che non viene affrontato in pubblico, accompagnato da imbarazzo, sospetto e pregiudizi

La pornografia, insomma, è ovunque, ed è l’elefante dentro tutte le stanze che abitiamo. Un elefante appariscente come la copertina rosa del libro di Polly Barton, dal titolo Porno. Una storia orale, scelta da La Tartaruga, progetto editoriale curato da Claudia Durastanti.

Barton, che è nata nel 1984 e vive a Bristol, è una saggista e traduttrice dal giapponese: il suo primo libro Fifty Sounds (2021), è un “dizionario scelto” di parole giapponesi attraverso cui l’autrice traccia una riflessione personale sulla cultura del Sol Levante.

Come è approdata a un tema come il porno, lo spiega nelle premesse del volume. Si ritorna a quei giorni di lockdown in cui ci siamo trovati soli, faccia a faccia con i nostri bisogni e desideri: una semplice idea diventa quindi un progetto concreto, per raccontare qual è il rapporto che le persone comuni hanno con il porno.

Il metodo che Barton individua è quello di conversazioni con amici e conoscenti, riportate fedelmente sulla pagina scritta. Ogni conversazione diventa quindi un capitolo, anonimo, numerato dall’Uno al Diciannove. Viene spontaneo paragonare queste intromissioni – però così attente e delicate – con i Comizi d’amore pasoliniani: “Proprio quel film è stato un elemento di grande supporto mentre lavoravo al mio progetto… Come se fosse uno spirito affine di circa mezzo secolo fa”, commenta l’autrice intervistata da ilLibraio.it. Anche se le differenze sono evidenti: “Una di queste, è proprio quanto di mio mettevo nella conversazione”.

Costruendo una sorta di intimità, dove i confini tra intervistatore e intervistato si confondono, il libro si sviluppa davanti agli occhi della stessa autrice. “Non ho mai parlato di queste cose con nessuno e mi sentivo molto prudente a farlo, e quindi mi sembrava giusto che anche io vivessi l’imbarazzo insieme ai miei interlocutori, invece di nascondermi dietro la maschera impassibile dell’intervistatrice”, ci spiega l’autrice.

D’altronde le conversazioni rivelano molto di più che un generico rapporto con la pornografia, ma svelano mondi interiori: la scoperta della sessualità, la libera espressione di essa, i conflitti con i partner e i tanti pregiudizi e lo stigma che inesorabilmente toccano ciascuno di noi, le scelte politiche che si fanno anche scegliendo quale porno guardare. Si ha la sensazione di toccare una materia incandescente, a volte troppo per poter essere gestita con facilità, ma che rivela l’essenziale bisogno umano di condivisione. “Ritengo che l’azione alla base di questo libro, la conversazione, assuma un potere che trascende la testimonianza individuale e tratteggi il ritratto di una società, fornendo un documento di uno specifico momento temporale e culturale”, argomenta Polly Barton, e continua: “È proprio la definizione di ‘storia orale’, suppongo”.

L’idea di farne un libro, invece di un documentario o di un podcast, sta proprio nel trasmettere l’orale in una forma letteraria. C’è poi un’altra ragione, che Barton ci fa notare: “Il mio obiettivo è di ispirare altre persone a fare queste ‘pornochiacchiere‘, fornendo un modello, e penso che avere un oggetto fisico possa essere d’aiuto. Vedere un libro del genere sul tavolo può innescare una conversazione: ‘Sto leggendo questo strano libro di questa bizzarra donna, dove si dice questo e questo, tu che ne pensi?’…”.

L’intento non è quello di creare un movimento politico, accomunato dalla tematica specifica del porno, ma di liberare l’espressione dei desideri e di conseguenza liberare i desideri stessi. Perché se è vero che da un lato la pornografia rappresenta un argomento problematico per la nostra società (dal timore di istigare la violenza maschile, allo sfruttamento e alla mancanza di tutele soprattutto per le attrici, ad esempio) non deve però diventare un problema per ciò che rappresenta, ovvero un riflesso estremamente intimo e profondo della psiche umana.

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La pornografia, come emerge in tante conversazioni, può avere un potenziale liberatorio perché parla della fantasia e della capacità di non giudicare anche gli aspetti umani meno addomesticati a livello sociale, purché si muovano nell’ambito del consenso e del piacere: “Sono tante le risposte individuali che mi hanno stupito, in maniere tutte diverse, ma penso che l’aspetto più stupefacente di questo progetto sia stato proprio scoprire quanto le persone avessero da raccontare – quanto riflettessero sui risvolti etici legati al porno, e a quale ricchezza di storie personali e altri aneddoti avessero riguardo il tema”, afferma Barton.

Essendo io stessa molto consapevole del tabù sul porno, mi chiedevo se i miei interlocutori sarebbero stati titubanti o non avrebbero avuto cose da dire (come alcuni mi avvisavano prima delle nostre conversazioni)”, termina l’autrice. “Ma era vero il contrario: mi sembrava che le persone ci pensassero molto, ma non avessero sbocchi per quei pensieri, perciò quando gli argini venivano aperti, si sentiva che c’erano così tante cose che volevano dire, una tale ricchezza di pensieri ed esperienze. Sono stati incontri piuttosto travolgenti che mi hanno convinto di essere sulla strada giusta“.

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Fotografia header: Polly Barton, autrice di "Porno" - foto di Garry Loughlin

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