“Ho deciso di scrivere questo libro dopo aver preso atto che la pandemia ha evidenziato ancora di più le patologie della nostra società, e in particolare le discriminazioni ai danni delle donne, l’indifferenza verso i loro diritti, e il fatto che siano le donne le prime a doversi fare carico delle difficoltà, senza che poi venga loro attribuito un riconoscimento”. Intervista a tutto campo a Laura Boldrini, in libreria con “Questo non è normale”: dal DDL Zan (“Hanno applaudito per aver affossato una legge contro i crimini di odio”) al prossimo presidente della Repubblica (“Di sicuro l’elezione di una presidente sarebbe un segnale importante”), passando per l’odio online e la battaglia femminista non solo nel mondo occidentale
Questo non è normale (Chiarelettere) è il sesto libro di Laura Boldrini, deputata ed ex presidente della Camera da tempo impegnata per i diritti delle donne, tema centrale di questo saggio.
“Ho deciso di scrivere questo libro dopo aver preso atto che la pandemia ha evidenziato ancora di più le patologie della nostra società, e in particolare le discriminazioni ai danni delle donne, l’indifferenza verso i loro diritti, e il fatto che siano le donne le prime a doversi fare carico delle difficoltà, senza che poi venga loro attribuito un riconoscimento”, racconta Boldrini, intervistata telefonicamente da ilLibraio.it.
In Questo non è normale si trova infatti un’analisi dettagliata delle problematiche ancora irrisolte in Italia sul fronte della parità tra i sessi, che rendono la vita delle donne un cammino costellato di ostacoli, spesso più complicato da percorrere rispetto a quello degli uomini. Si tratta di un’analisi punto per punto, volta a mostrare l’illogicità degli argomenti che, nei vari ambiti della vita, sembrano sostenere che le discriminazioni verso il genere femminile sono del tutto “normali”.
La violenza di genere, l’esclusione dal dibattito pubblico e le diseguaglianze sul lavoro descritte da Boldrini in questo libro sono soltanto alcune delle questioni basilari da affrontare per costruire una società più equa.
La discriminazione del linguaggio
“Quando ho messo nero su bianco quello che stava accadendo, ho capito che era necessario fare un’opera di raccolta delle storture, prenderne atto e reagire”, spiega Boldrini in riferimento alle distorsioni intrinseche alla società, evidenti già a partire dal linguaggio. “Un esempio: se si vuol fare un complimento a una donna, capita che le si conferiscano gli attributi maschili, come se possederli fosse di per sé sinonimo di bravura. Oppure che si esaltino le sue doti con sorpresa: per esempio, ‘guidi bene per essere una donna’, quasi a rimarcarne l’eccezionalità rispetto a una regola fatta di mediocrità. E ancora, capita spesso che, quando un uomo e una donna rivestono uno stesso ruolo, ci si rivolga all’uomo con il titolo spettante alla sua professione, e invece alla donna chiamandola ‘signora’”.
Questa è solo la punta dell’iceberg delle discriminazioni, ancora ampiamente presenti nel mondo del lavoro, a partire dal gender pay gap, la differenza di retribuzione tra uomo e donna a parità di mansioni. Una problematica affrontata nella proposta di legge approvata definitivamente il 26 ottobre, che impone maggiore trasparenza in tema di salari e premialità per le aziende che rispettano la parità di genere.
Ma i problemi da affrontare sono diversi, basti pensare al divario che si è reso particolarmente evidente quest’anno nel mondo dello sport, dati i numerosi successi italiani in ambito sportivo. “Le nostre atlete, infatti, anche quando partecipano alle Olimpiadi, vengono sempre considerate delle dilettanti, perché in Italia per loro non è riconosciuto il contratto da professioniste. La conseguenza è una netta disparità salariale”.
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Ma qual è la ragione per cui nel 2021 tali questioni restano irrisolte? “La disuguaglianza di genere in Italia non è considerata una priorità. Senza contare che il movimento femminista, in lotta da più di un secolo, è sempre stato descritto come un insieme di donne arrabbiate, incattivite, sciatte: la narrazione maschilista l’ha etichettato in modo macchiettistico; una visione che di certo non rende giustizia alla più grande rivoluzione pacifica del Novecento”.
L’impegno per i diritti umani
Questo non è normale non si concentra solo sulle disparità della società italiana, si interessa anche delle condizioni delle donne nel resto del mondo: “Ci sono aree del pianeta in cui si registrano ancora restrizioni pesanti della libertà“, ricorda Boldrini: “La rivoluzione femminista non si potrà considerare compiuta finché i suoi obiettivi non saranno consolidati ovunque. Ecco perché ritengo necessario un nuovo risorgimento delle donne, che si ponga come obiettivo il loro benessere in ogni parte del mondo. Anche noi abbiamo diritto alla felicità, come è già stato riconosciuto nel 1776 all’interno della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America”.
Boldrini ha lavorato per molti anni nelle agenzie dell’Onu: prima alla FAO, poi al World Food Programme, e ancora all’UNHCR, facendo missioni in moltissimi paesi durante situazioni di guerra e di crisi. Riguardo alle sue esperienze racconta che “vale la pena conoscere il mondo perché ogni paese ha le sue caratteristiche peculiari; ho sempre pensato che non si può lasciare questo mondo senza averne conosciuto il più possibile. Ho imparato molto in queste situazioni difficili e traumatiche: penso per esempio alla ex Iugoslavia, al Kosovo, all’Afghanistan, tutti luoghi peraltro caratterizzati da paesaggi naturali di rara bellezza”.
L’impegno di Boldrini sui diritti è proseguito anche quando in Italia ha rivestito un importante incarico istituzionale: “In quanto presidente della Camera ho svolto un ruolo super partes, senza però rinunciare a portare avanti le mie battaglie. È stata un’opportunità per dare voce alle questioni sociali, in particolare quelle riguardanti i diritti umani, i diritti delle donne, l’immigrazione, l’europeismo, l’antifascismo, le periferie, le disuguaglianze e l’odio in rete. Il mio impegno su questo fronte non si è concluso; ora, per esempio, presiedo il Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo”.
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Le battaglie istituzionali
Un impegno che l’ha vista in prima linea anche per il DDL Zan, il cui percorso ha subito un’interruzione in Senato con la bocciatura del passaggio all’esame degli articoli: “Quegli applausi hanno marcato la distanza della politica di destra dalla società italiana“, sottolinea Boldrini in riferimento alla reazione dei senatori contrari. “Hanno applaudito per aver affossato una legge contro i crimini di odio, negando l’esistenza del problema e facendo così un favore a omofobi, transfobi e misogini. Da quel momento in poi però sono iniziate le manifestazioni nelle piazze, segno che le persone non vogliono abbandonare il progetto, così come non lo vogliamo noi. Il cammino dei diritti è sempre difficile, si può interrompere ma non si ferma. Riusciremo a far approvare la legge sull’omolesbobitransfobia e la misoginia con il sostegno di milioni di italiani che la appoggiano”.
A gennaio, inoltre, le istituzioni italiane vivranno un momento importante, con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, carica finora mai ricoperta da una donna: “Difficile dire che cosa accadrà, di sicuro l’elezione di una presidente sarebbe un segnale importante in un paese che tende a cancellare le donne dalla storia. Durante il mio mandato alla Presidenza della Camera ho voluto istituire la Sala delle donne, proprio perché a Montecitorio c’erano solo busti e ritratti di uomini. Oggi quindi nel palazzo c’è uno spazio in cui, oltre a onorare le italiane che per prime hanno ricoperto ruoli istituzionali, sono presenti degli specchi al posto dei ritratti delle cariche che ancora attendono di essere rivestite da una donna. Un messaggio per le ragazze che, specchiandosi, ambiscano a vedere un giorno affisso lì il proprio volto e inciso il proprio nome”.
Ma la mentalità patriarcale e maschilista ha radici profonde sedimentate nel tessuto socio-culturale del Paese: “Per eliminare le discriminazioni è importante che ogni donna faccia la propria parte, prenda atto del problema e non sia più disposta a tollerare le piccole e grandi ingiustizie di ogni giorno, in famiglia, nei luoghi di lavoro e nella società. Bisogna reagire, perché il silenzio ci indebolisce e non ci consente di mettere in atto il necessario cambiamento“.