Così come la scorsa estate, quando davanti alle immagini di panico e guerra che arrivavano dall’Afghanistan, dove i talebani riprendevano il controllo del Paese, tornarono alla mente le riflessioni di Tiziano Terzani (raccolte nel 2002 in “Lettere contro la guerra”), le parole sulla pace del grande giornalista e scrittore restano attualissime anche davanti alla nuova crisi in corso

Immagini tragiche e preoccupanti, di caos e disperazione, di panico e guerra, quelle che arrivavano la scorsa estate dall’Afghanistan, con i talebani che riprendevano il controllo del Paese e del palazzo presidenziale, dichiarando la nascita dell’Emirato Islamico. Dall’aeroporto di Kabul, preso d’assalto, in tantissimi cercavano la fuga disperata. Le vittime furono numerose. In quelle ore concitate, in cui era difficile capire cosa sarebbe accaduto, gli analisti si divisero. Non mancarono le polemiche. E le domande a cui non è mai semplice rispondere: di chi sono le responsabilità? Sotto accusa, inevitabilmente nei mesi scorsi sono finiti anche gli Usa, ma è l’Occidente tutto a essere stato chiamato in causa.

Tiziano Terzani libri Lettere contro la guerra

 

Anche quelle che stiamo vivendo adesso sono giornate drammatiche, di tensione e preoccupazione: l’invasione russa in Ucraina, il dramma dei civili in fuga, il rischio, paventato da alcuni, di una possibile terza guerra mondiale in vista. Una guerra che potrebbe essere addirittura atomica. E la difficoltà per i movimenti pacifisti di far ascoltare la propria voce.

Ecco, così come la scorsa estate, in quelle ore segnate dal terrore negli occhi e nella voce dei civili afghani, e delle donne e delle ragazze in particolare, per quello che sarebbe potuto essere il loro destino, anche oggi tornano alla mente le riflessioni e le analisi di Tiziano Terzani. Che conosceva bene l’Afghanistan e l’Asia in generale, e che in un libro del 2002, che ha fatto molto parlare, Lettere contro la guerra, aveva racconto le sue corrispondenze – da Kabul, Peshawar, Quetta, ma anche da Orsigna, Firenze, Delhi e dal suo rifugio sull’Himalaya, in parte pubblicate dal Corriere della Sera. Un pellegrinaggio di pace tra Oriente e Occidente, quello intrapreso dal grande giornalista e scrittore, secondo cui “non basta comprendere il dramma del mondo musulmano nel suo confronto con la modernità, il ruolo dell’Islam come ideologia antiglobalizzazione, la necessità da parte dell’Occidente di evitare una guerra di religione”, bisogna soprattutto capire, convincersi, credere che l’unica via d’uscita possibile dall’odio, dalla discriminazione, dal dolore è la non-violenza.

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Lettere contro la guerra è stata anche una risposta, netta e che ancora oggi dovrebbe spingere l’Occidente a riflettere sugli errori commessi nell’ultimo ventennio (senza dimenticare quelli passati), a un altro libro celebre, il pamphlet La rabbia e l’orgoglio di Oriana Fallaci. Il dibattito dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 tra due grandi inviati come Fallaci e Terzani, che andò in scena sulle pagine del Corriere, allora diretto da Ferruccio de Bortoli, resta di estrema attualità. Scrisse in una delle lettere Terzani alla Fallaci: “(…) E tu, Oriana, mettendoti al primo posto di questa crociata contro tutti quelli che non sono come te o che ti sono antipatici, credi davvero di offrirci salvezza? La salvezza non è nella tua rabbia accalorata, né nella calcolata campagna militare chiamata, tanto per rendercela piu’ accettabile, ‘Liberta’ duratura’. O tu pensi davvero che la violenza sia il miglior modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo è mondo non c’è stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sarà nemmeno questa. Quel che ci sta succedendo è nuovo. Il mondo ci sta cambiando attorno. Cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. E una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d’aver davanti prima dell’11 settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilita’ di nulla, tanto meno all’inevitabilità della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta”.

Purtroppo, quell’occasione invocata da Terzani è stata persa, e le drammatiche conseguenze sono passate sotto i nostri occhi, con le immagini di morte che i media hanno trasmesso dall’Afghanistan, Paese che, a mesi di distanza, è rimasto sotto il controllo dei talebani. Mentre una nuova guerra ha avuto inizio, questa volta ancor più vicina all’Europa.

 

 

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