In libreria la prima biografia di Michele Ferrero, imprenditore tanto innovativo e visionario, quanto riservato. Fu lui a inventare i più famosi prodotti multinazionale di Alba: il Mon Chéri (1956), la Nutella (1964), il Kinder Cioccolato (1968), le Tic Tac (1969), i Kinder Sorpresa (1974) e il Ferrero Rocher (1982), per citarne solo alcuni. Nel libro non trovano spazio solo le intuizioni geniali dell’imprenditore, ma anche l’attenzione al benessere dei dipendenti e l’amore per la famiglia e la sua terra

Fondata nel 1946 ad Alba (in provincia di Cuneo), la Ferrero (oggi guidata da Giovanni Ferrero) è una delle multinazionali italiane (con sede in Lussemburgo) più famose nel mondo, nota per prodotti dolciari di culto come la Nutella o il Kinder Cioccolato, solo per citarne due tra i più celebri.

Una storia che inizia da lontano, per la precisione da un laboratorio per i dolci, aperto in via Rattazzi nel 1942 (e che oggi non esiste più).

L’obiettivo iniziale dei fondatori, Pietro Ferrero, la moglie Piera Cillario e il fratello Giovanni Ferrero, era quello di perfezionare la crema gianduia inventata a Torino a inizio ‘800, che utilizzava le nocciole, dopo i blocchi all’importazione di prodotti dell’industria britannica ordinati da Napoleone (e rimasti in vigore fino al 1813). Si doveva dunque fare a meno della cioccolata. Si rivelerà una grande intuizione.

Gran parte del merito, in questa mitica storia imprenditoriale, va attribuito a Michele Ferrero: nato a Dogliani (Cuneo) nel 1925, fin da giovanissimo ha dimostrato passione per la pasticceria (i suoi primi “test” risalgono agli anni della scuola), fino a cominciare a lavorare nell’azienda di famiglia.

La prima pasticceria della Ferrero ad Alba

La prima pasticceria della Ferrero ad Alba

Alla morte del padre Pietro, nel 1949, Michele Ferrero va poi ad affiancare la madre e lo zio nella gestione della Ferrero, per poi prenderne la guida a soli trentadue anni.

Creatività, intuito, passione e dedizione hanno portato l’imprenditore a guidare l’azienda verso una crescita esponenziale (e globale). È stato proprio Michele Ferrero, per capirci, a inventare i più famosi prodotti della Ferrero: il Mon Chéri (1956), la Nutella (1964), il Kinder Cioccolato (1968), le Tic Tac (1969), i Kinder Sorpresa (1974) e il Ferrero Rocher (1982).

Nel 1961 Ferrero (a cui nel 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito il titolo di Cavaliere di Gran Croce) ha sposato Maria Franca Fissolo, con la quale ha avuto due figli, Pietro, prematuramente e tragicamente scomparso nel 2011, e Giovanni, attuale amministratore delegato della multinazionale di Alba, che conta oltre 40mila collaboratori, 20 stabilimenti e 9 aziende agricole.

Per volere di Michele Ferrero, inoltre, nel 1983 è nata la Fondazione Ferrero, che oltre a occuparsi degli ex dipendenti da quarant’anni promuove iniziative culturali e artistiche.

I pullman aziendali in uno stabilimento Ferrero

Il pullman aziendale in uno stabilimento Ferrero

Quando parliamo di Michele Ferrero, morto nel 2015 all’età di ottantanove anni, parliamo di un imprenditore tanto innovativo e visionario quanto estremamente riservato: ecco perché è una notizia la pubblicazione, da parte di Salani, della sua prima biografia: Michele Ferrero – Condividere valori per creare valore, firmata dal giornalista Salvatore Giannella. Quest’ultimo, con lo spirito del cronista, per anni ha raccolto decine di testimonianze e scavato negli archivi.

Giannella nell’introduzione ricorda che una delle espressioni favorite di Ferrero era “Dis lu a niun”, non dirlo a nessuno. E cita le parole di un grande giornalista e scrittore, Dino Buzzati, che l’hanno accompagnato in questo lungo lavoro: “La prima, sicura regola del mestiere di cronista per far scendere i grandi uomini e le grandi donne dal loro piedistallo così da farli apparire comuni mortali, quali infatti sono, consiste nell’andare sul posto del personaggio da raccontare, raccogliere la massima quantità possibile di testimonianze, di citazioni e di note, tampinare una quantità di persone, rendersi invisi per l’insistenza, sgobbare: insomma, scavare“.

Un libro che ripercorre le intuizioni, la visione internazionale, la capacità di ascoltare gli altri di Ferrero. L’attenzione alla qualità dei prodotti, alle esigenze dei consumatori, al benessere dei dipendenti. L’invenzione di sistemi di produzione innovativi. L’amore per la famiglia e per la sua terra. La  riservatezza, come detto, come pure la sua l’umiltà. La cura verso i valori umani e la responsabilità sociale.

Michele Ferrero, come si spiega nel libro, è stato l’artefice di un modo di fare impresa che ha messo al centro la persona, secondo il motto “lavorare, creare, donare”. Ha imparato le basi artigiane dal padre Pietro, l’importanza dell’organizzazione commerciale dallo zio Giovanni, il senso dell’azienda dalla madre Piera.

Michele Ferrero festeggia i 40 anni della Nutella nel 2004

Michele Ferrero festeggia i 40 anni della Nutella nel 2004

La sua visione imprenditoriale è del resto ben espressa dalle sue stesse parole: “Ecco cosa significa fare diverso da tutti gli altri. Tutti facevano il cioccolato solido e io l’ho fatto cremoso ed è nata la Nutella; tutti facevano le scatole di cioccolatini e noi cominciammo a venderli uno per uno, ma incartati da festa; tutti pensavano che non italiani non potessimo pensare di andare in Germania a vendere cioccolato e oggi quello è il nostro primo mercato; tutti facevano l’uovo per Pasqua e io ho pensato che si potesse fare l’ovetto piccolo ma tutti i giorni; tutti volevano il cioccolato scuro e io ho detto che c’era più latte e meno cacao; tutti pensavano che il tè potesse essere solo quello con la bustina e caldo e io l’ho fatto freddo e senza bustina”.

Nella parte finale del libro c’è spazio per una (rarissima) intervista a Giovanni Ferrero. Quest’ultimo, tra le altre cose, a proposito del padre sottolinea: “La sua audacia della speranza era sorretta costantemente da una visione anomala. Lui ha sempre concepito una forma di capitalismo non predatorio, non rapace ma illuminato ed etico, moralmente rigoroso, irreprensibile nei comportamenti, convinto del ruolo decisivo che nella società ha la forza del bene. Se aggiungiamo a questa miscela virtuosa che l’ha contraddistinto anche la connotazione religiosa, possiamo capire perché la sua figura acquista nel panorama italiano una dimensione non dico unica ed esclusiva, ma certamente rara. Intuito e visione lo hanno fatto approdare su lidi sconosciuti, a opportunità inevase, a innovare categorie e prodotti. Questo rappresenta la sua unicità, per due dimensioni: una etica e morale e l’altra la genialità imprenditoriale per questa sua ricerca sempre della straordinarietà, della unicità eccellente dei prodotti. Le immagini che spontanee mi sorgono nell’evocare la sua figura, come per gli imprenditori della seconda generazione italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, sono la fabbrica e il laboratorio, non gli uffici. Il suo vero humus imprenditoriale era celebrare la soavità del prodotto attraverso l’innovazione tecnologica e la ricerca. Lo vedo all’interno di quel guscio di vita appassionato della ricerca. Non posso parlare di una giornata particolare, ma ho vissuto con fervore dalla prima ora la grande esplorazione del progresso della tecnologia… quindi se devo pensare a qualcosa che io abbia condiviso con lui è questa passione imprenditoriale per la ricerca…”.

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