Che cosa rappresenta per noi, oggi, la bellezza? Secondo Maura Gancitano, scrittrice e filosofa, nonché ideatrice (insieme ad Andrea Colamedici) del progetto Tlon, non si tratta solo di una questione puramente estetica, ma di una tecnica politica di esercizio del potere. In altre parole, di una gabbia dorata in cui non ci rendiamo conto di essere rinchiusi. Nel suo nuovo saggio “Specchio delle mie brame”, l’autrice ci invita a ripensare la bellezza al di là dell’indottrinamento e del consumo, per coglierla come percorso di fioritura personale, lontano da qualunque tipo di condizionamento esterno – Su ilLibraio.it un estratto in cui si parla di “vanity sizing”

Filosofa, autrice, fondatrice, insieme ad Andrea Colamedici di Tlon, un progetto multimediale in crescita, che comprende la libreria-teatro, la casa editrice, i podcast, i libri, i festival, i corsi di formazione e molto altro: stiamo parlando di Maura Gancitano (nella foto di Rino Bianchi, ndr), che arriva in libreria con un saggio dal titolo iconico ed evocativo, Specchio delle mie brame (Einaudi Stile Libero). Un ritornello ipnotico di derivazione fiabesca che abbiamo imparato fin dall’infanzia e che ha risuonato nelle nostre menti, chiamando in gioco il tema di cui si fa portavoce: la bellezza.

Ed è proprio attorno alla bellezza che si sviluppa la riflessione e l’analisi di Gancitano, partendo da quello che rappresenta per noi, oggi, questa parola: non solo una questione puramente estetica, ma una tecnica politica di esercizio del potere. In altre parole, una gabbia dorata in cui non ci rendiamo conto di essere rinchiusi.

specchio delle mie brame maura gancitano

L’idea che la bellezza sia qualcosa di oggettivo e naturale è una superstizione moderna. Infatti non è mai esistita un’epoca in cui non convivessero estetiche e sensibilità diverse.

Il culto della bellezza è diventato una prigione solo di recente: quando le coercizioni materiali verso le donne hanno iniziato ad allentarsi, il canone estetico nei confronti del loro aspetto è diventato rigido e asfissiante, spingendole alla ricerca di una perfezione irraggiungibile.

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Qui sta il punto: l’idea di bellezza ha subito con la società borghese uno spostamento di significato, da enigma a modello standardizzato che colonizza il tempo e i pensieri delle donne, facendole spesso sentire inadeguate. Il risultato è che viviamo in un tempo in cui le persone potrebbero essere finalmente libere, ma in cui, al contrario, ha valore e dignità solo ciò che risponde a determinati parametri.

Ripensare la bellezza al di là dell’indottrinamento e del consumo significa coglierla come percorso di fioritura personale, lontano da qualunque tipo di condizionamento esterno.

Dopo aver pubblicato Malefica. Trasformare la rabbia femminile (Tlon) e, insieme ad Andrea Colamedici, Tu non sei Dio. Fenomenologia della spiritualità contemporanea (Tlon), Lezioni di Meraviglia. Viaggi tra filosofia e immaginazione (Tlon), Liberati della brava bambina. Otto storie per fiorire (HarperCollins), Prendila con filosofia. Manuale di fioritura personale (HarperCollins) e L’alba dei nuovi dèi. Da Platone ai big data (Mondadori), in questo nuovo libro Maura Gancitano racconta la storia di un mito antico quanto il mondo e ci fa vedere come le scoperte della filosofia, dell’antropologia, della psicologia sociale e della scienza dei dati possano distruggere un’illusione che ci impedisce ancora di ascoltare e seguire i nostri autentici desideri e di vivere liberamente i nostri corpi.

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Per gentile concessione della casa editrice, su ilLibraio.it proponiamo un estratto:

Il «vanity sizing»

Oggi i negozi creano le taglie sulla base delle proprie preferenze, e spesso nello stesso negozio si possono trovare standard diversi. Talvolta si pensa che lo scopo sia ridurre le misure per risparmiare tessuto, ma accade anche il contrario. Negli anni Novanta, per esempio, ha iniziato a diffondersi il vanity sizing, che consiste nel modificare le taglie degli abiti per solleticare la vanità dei clienti. In altre parole, la taglia dei vestiti diventa progressivamente piú grande nel corso dei decenni: se negli anni Ottanta un girovita di 70 centimetri corrispondeva a una taglia 44, oggi corrisponde a una 42.

Questa manipolazione nasce dal fatto che l’industria della moda sa bene cosa ci accade in camerino quando ci sentiamo anormali e grasse, dunque corre ai ripari. Come? Non cercando di normalizzare tutti i corpi, ma solleticando la nostra vanità: non aumenta il range di taglie, superando la 46 o la 48, ma permette a un corpo taglia 46 di entrare in una 44, semplicemente cambiando l’etichetta. In questo modo ti sentirai «normale» e comprerai sempre da noi, e in quantità maggiore. Lo scopo è provocare una reazione emotiva, la soddisfazione di essere entrati in una taglia piú piccola di quella che si indossa di solito.

Dal vanity sizing rimangono comunque fuori moltissimi corpi, sulla base di fisicità, grasso o disabilità, ma la spinta delle taglie al ribasso intende nascondere il mito della bellezza: se entro in una taglia «normale» mi sentirò una persona «normale», e non mi importerà più di distruggere gli standard. Anzi, è possibile che la vanità solleticata dalla taglia mi spinga a partecipare alla derisione delle persone più grasse di me, perché stare negli standard mi farà sentire civilizzata.

L’assurdità di queste misurazioni si esprime oggi nelle taglie che negli Stati Uniti scendono progressivamente al di sotto dello zero. L’idea di una taglia 0 o 00, tra l’altro, sembra suggerire che per essere belle le donne debbano occupare meno spazio possibile. Piú il numero è basso, piú si alza l’autostima. Essere magre è diventato glamour, ma come abbiamo visto non è sempre stato cosí. Al di là del pericolo di associare la propria identità e il proprio valore a una misura, il grande problema di
questo sistema è che si basa su una misurazione del tutto arbitraria e mutevole, come quella delle taglie.

Del resto, le riviste di tutto il mondo non fanno altro che lanciare notizie sul peso delle star. L’ideale di magrezza femminile veicolato dalle pubblicità, dalle riviste e dalla televisione è lontano dal cambiare, e le icone di bellezza sono diventate negli anni sempre più magre. Alcuni studi sulle protagoniste femminili delle principali sitcom trasmesse in prima serata negli Stati Uniti hanno rilevato che la maggior parte di loro era sottopeso.

Escono libri sulle diete, programmi televisivi in cui le persone grasse fanno a gara a chi perde piú chili, si parla ogni anno di prova costume: e poiché i nostri cervelli sono continuamente sollecitati da informazioni del genere, diamo sempre più importanza alle dimensioni e alle misure. Questo, però, è inversamente proporzionale a ciò che accade davvero ai nostri corpi: nonostante tutto, o forse in ragione di questa ossessione normativa, le misure e il peso medio delle persone nel pianeta continuano a crescere.

© 2022 Maura Gancitano© 2022 Giulio Einaudi editore s.p.a., TorinoPubblicato in accordo con S&P Literary – Agenzia letteraria Sosia Pistoia

(continua in libreria…)

 

Fotografia header: Credit: Rino Bianchi

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