Perché, nei titoli dei giornali, se a essere ucciso è un uomo si usa l’attivo e invece se è una donna il passivo? Perché, se è lui che uccide, il soggetto della frase è lei? Se lo è chiesto lo scrittore e insegnante Enrico Galiano. La sua riflessione, nella Giornata contro la violenza sulle donne

Fatto sta che oggi era il grande giorno. Eh sì: oggi ragazzi faremo la… (rullo di tamburi) … FORMA PASSIVA!
Sbadigli.
Teste appoggiate alle mani, che senza quelle mani a sorreggerle te le immagini rotolare giù via lontano per sempre, come i palloncini in quel video dei Pink Floyd.
Rifacciamo, dai.
Ragazzi, non siete elettrizzati?! La forma passiva!
No, non sono elettrizzati.
Così siccome era una scena già vista, mentre preparavo la lezione mi son detto: facciamola diversa.
E allora mi sono ricordato di un articolo che avevo trovato questa estate, dove si parlava di uno stupro in spiaggia. C’era un titolo con la forma passiva usata in modo un po’ fuorviante (“Ubriache fradicie al party in spiaggia, violentate dall’amichetto”)
Magari approfitto per parlare un po’ della giornata contro la violenza sulle donne, penso.
Ed è lì che mi sono accorto di una cosa strana.
Non ci avevo mai fatto caso, ma cercando su Google mi sono reso conto che, quando a morire è una donna, quasi sempre trovi la forma passiva:
“Donna uccisa dal marito”
“Ragazza uccisa dal fidanzato”
“Giovane uccisa dal compagno”
Quando invece a morire è un uomo – anche per mano di donna, magari – c’è quasi sempre la forma attiva, quindi:
“Uomo uccide il marito”
“Uccide l’anziano padre”
“Donna uccide il marito”
Che strano, mi son detto. Perché se a essere ucciso è un uomo si usa l’attivo e invece se è una donna il passivo?
Perché se è lui che uccide, il soggetto della frase è lei?
Non avevo una risposta precisa, cioè forse sì, ma non sapevo bene come dirla, e poi ormai era tardi, dovevo correre a scuola.
Così alla fine eccomi lì, gli articoli glieli metto davanti e basta, e chiedo: secondo voi, perché scrivono così?
Fissavano la lim, non so se esterrefatti per le notizie o affamati per la ricreazione imminente.
Uno ha tossito.
(sguardi di panico) (tutto ok, era il chewingum)
Anche tu prof, che domande fai. Seconda media, quesiti esistenzial-grammaticali? Sei pazzo.
– Ok, mi sa che ci dovrò pensare su – faccio – andiamo avanti, tirate fuori il quaderno e… Si alza una mano. È una ragazza. E fa:
– Prof lei ha detto che il soggetto è quello che compie l’azione, no?
– Sì, esatto.
– Boh, scritto così… sembra quasi che un po’ la colpa sia di lei, no?
Piano piano anche gli altri: “È vero”, “Sì in effetti… perché mettere lei per prima? È lui che l’ha uccisa!”.
Alla fine, anche grazie a loro, qualcosa ho capito. Ho capito che se in un omicidio la vittima è sempre il soggetto della frase, c’è qualcosa che non va. Che quelle frasi tutte al passivo sono solo un modo, molto sottile, quasi subliminale, per dire che un po’, be’, è anche colpa sua. Che queste cose smetteranno di succedere solo quando inizieremo a usare le parole nel modo giusto. A dire che è l’assassino, il soggetto. E che è solo colpa sua.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti ora è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande (Garzanti).

Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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