Prosegue, tra successo di pubblico e polemiche da parte degli ambientalisti, il Jova Beach Party. Con una sentita lettera, Enrico Galiano, insegnante e scrittore (e grande fan dell’artista), si rivolge direttamente al cantante, parlando di un evento “anacronistico”
Caro Lorenzo
non so se esiste qualcuno al mondo che ti ami quanto ti amo io. Ok, dai, ho esagerato: sicuramente c’è. Fatto sta che è da trent’anni che ti seguo, ti ascolto, vengo ai tuoi concerti, leggo i libri che scrivi, guardo le tue interviste.
Cioè parliamone: io sono uno di quei pazzi che si esalta ancora a sentire SEI COME LA MIA MOTO.
Faccio parte di quel club esclusivo di squilibrati che, ancora oggi, quando sente qualcuno dire “Ostia”, poi in testa prosegue con “Fregene, Rimini Riccione, un’altra abbronzatura ed un’altra canzone”.
Insomma: qui hai di fronte un fanatico, non un fan. Ecco perché mi è così difficile scrivere queste parole.
Credo nemmeno tu sappia quanto sei un’ispirazione: per milioni di giovani di oggi, e di giovanotti di ieri.
Il mio amore per te è un grattacielo altissimo, di quelli che bucano le nuvole e non si sa dove finiscono.
Proprio salendo su all’ultimo piano di questo amore vengo a scriverti queste parole, sapendo che da lassù poi sarà un dolore buttarle giù: e che faranno male proprio perché arriveranno da così in alto.
Non so a te: a me di sicuro.
La tua idea è stupenda. Dai, diciamolo: ti sei inventato qualcosa di immenso e irripetibile, di magico, secondo me di storico perfino. Hai preso l’estate che hai nel cuore e l’hai regalata a centinaia di migliaia di persone. Chiunque venga ai JBP torna con una carica che non si spegne, e se la porta dentro per settimane.
Chiunque ci sia stato racconta di brividi che non smettono neanche a distanza di giorni. Famiglie con bambini, adolescenti, fidanzati che si sposano sul tuo palco.
E poi gli ospiti, come se ogni volta fosse un festival, non una festa.
Però c’è un però.
Questa cosa sarebbe perfetta, di quelle troppo belle per essere vere, se fosse il 1992. O anche il 2000, forse. Ma oggi c’è un rumore di fondo che solo pochi di quelli che scendono a piedi nudi in spiaggia a ballare con te riescono a sentire. Oggi c’è qualcosa che sporca la gioia che regali: qualcosa che rende la tua festa un gesto bellissimo, tanto meraviglioso quanto meravigliosamente sbagliato.
Anacronistico, come fumare negli ospedali o girare in macchina senza cinture, come l’olio di palma.
Perché non è possibile che tu non sappia quali sono le conseguenze di questi concerti meravigliosi. O magari ci sei talmente dentro che non te ne rendi conto. Ti piace così tanto quell’adrenalina – e come potrebbe non? – da accecare ogni pensiero lucido e imparziale.
Però, sai.
L’ambiente che da quel palco esorti a difendere, i buoni propositi e le buone intenzioni, tutto questo diventa vuota parola quando la musica finisce e gli amici se ne vanno, lasciando davanti al mare un mare di sporcizia, una biodiversità modificata, fragili equilibri messi ancora più in crisi: e l’ombelico del mondo si trasforma in un ombelico che ti fermi a guardare, mentre il mondo si ammala sempre più – e tu diventi proprio come tutti gli altri.
Quelli che prima il profitto. Quelli che “prima io, poi vediamo”. Quelli che chi se ne frega, ci penserà qualcun altro.
Quelli che bastano tante belle parole, se poi i fatti sono diversi non importa: nessuno se ne accorgerà.
Ecco: tu non sei come gli altri. Non lo sei mai stato. O almeno: io ti ho sempre sentito così.
E proprio per questo sarebbe qualcosa di grande, un gesto davvero coraggioso di un coraggio infinito, di quello che solo certi grandi: dire ok, ho sbagliato.
Dire: scusate, io mi fermo qui. Non è più tempo per queste cose.
Guardare in faccia la realtà e ammettere che quello che stai facendo – questa cosa immensa che ti sei inventato – fa male al pianeta che hai sempre cantato come riserva di bellezza, come parentesi di meraviglia nel cuore dello spazio infinito.
Non oso nemmeno immaginare quanto può essere difficile far smettere questa musica, specie se tu sei al centro della festa, cuore pulsante di tutta la gioia che sprigioni.
Ma sarebbe il gesto che farebbe di te davvero uguale al mito che abbiamo sempre amato.
Sarebbe ciò che ti renderebbe unico, diverso da tutti gli altri.
Quello che sei sempre stato, per me.
Enrico
L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti) Eppure cadiamo felici, Tutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua. A fine agosto arriva in libreria per Garzanti con il suo nuovo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti.
Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.