Mentre si continua a discutere degli effetti della DAD, Sandro Marenco, insegnante molto seguito dai ragazzi sui social (TikTok compreso), su ilLibraio.it propone, nei giorni pre-pasquali, una pausa didattica di un’ora in cui ciascun docente lasci la parola ai suoi studenti: “Invitiamoli a creare qualcosa che ci parli di loro, che ci dica come stanno”. Il suo appello

Ormai sono mesi che si sente parlare di Dad, la didattica a distanza, ma anche di Did, didattica digitale integrata, la differenza è che nella prima prof e alunni sono a casa, nella seconda i prof e alcuni alunni sono a scuola e la restante parte dei ragazzi segue la lezione da casa.

Si è parlato dell’importanza di rispettare i programmi, dell’autenticità dei voti delle interrogazioni perché i ragazzi se sono a casa copiano di sicuro. Si è ipotizzato anche di allungare la scuola perché si era perso un po’ di tempo agli occhi di qualcuno.

Ecco, questo è quanto riportavano i media fino a poco tempo fa, la realtà però, per chi viveva quell’esperienza tutti i giorni, come me, era ben diversa. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana i ragazzi stavano perdendo la motivazione, erano svogliati e poi nervosi, al punto che qualcuno ha deciso di mollare tutto, qualcun altro ha iniziato ad accusare seri problemi di depressione. Per fortuna, la maggior parte ha resistito.

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Ma ogni giorno che accendi il computer sai già che troverai occhi spenti, visi preoccupati, messaggi tipo “prof, posso chiamarla un po’ oggi pomeriggio?”, e sai che se guarderai i social la parola associata alla scuola sarà TOXIC.

Il disagio si vede e si sente, ma nessuno ne parla. Poi succede che vengo invitato da Marco Liorni a ItaliaSì, programma del sabato pomeriggio di Rai Uno, e inaspettatamente vengo invitato a raccogliere le voci dei ragazzi e così nasce un canale che chiamo #dilloalprof, una parola sola. Lì iniziano ad arrivare storie incredibili di una durezza e disperazione che ti chiedi come facciano a essere già così impetuose in ragazzini e ragazzine di 15-16 anni.

Non sono casi isolati, ogni giorno ne ricevo a decine. Le leggo tutte d’un fiato, rispondo per come riesco ma a un certo punto mi devo fermare. Emotivamente non reggo il colpo. La mia sensibilità è un’arma a doppio taglio per me, perché mi da la possibilità di assaporare sfumature dei sentimenti che altre persone nemmeno percepiscono, mi fa però anche essere così empatico da buttarmi dentro le storie e affrontarle come se fossero mie. Mi fermo, ho un crollo emotivo. Passa un po’ di tempo e ricomincio a leggere le mail nella casella di #dilloalprof ma mi do una regola: due, massimo tre al giorno. Così diventa gestibile. Ma più si va avanti più percepisco che il malessere lascia quasi il posto alla rassegnazione.

Nel frattempo due alunni della mia classe abbandonano la scuola. La vivo come penso sia giusto, un fallimento. Non abbiamo saputo rendere giustizia al nostro ruolo di educatori. Certo, la decisione è loro, ma non riesco ad accettare che qualcuno possa essere così esasperato da questa situazione che pensi addirittura di scappare via. Mi devo rassegnare ai fatti ma non mi do pace e penso a quanti altri ragazzi  in Italia staranno pensando di fare la stessa scelta.

Per carattere non riesco a girarmi dall’altra parte e quindi penso di a farmi venire un’idea, un’ispirazione che possa essere condivisa anche con i miei colleghi. Mi viene in mente una sola cosa: dobbiamo fermarci un attimo perché i ragazzi stanno scoppiando. Però non poso proporre a tutti gli insegnanti di fermarsi e basta, non sarebbe corretto e non sarebbe nemmeno professionale.

Mi viene in mente che anni fa, per un problema con una parte della classe con la mia materia, avevo parlato con la dirigente di allora che mi aveva suggerito di fare una pausa didattica. In pratica si tratta di uno strumento che viene dato dal ministero per attivare momenti di stop al programma e dedicarsi ad altre attività riguardanti sempre la materia che insegniamo. “Ecco, questa potrebbe essere la strada giusta: una pausa didattica”, penso. Ma non possiamo dire ai ragazzi di non ascoltare la nostra spiegazione e di fare altri lavori, che pausa sarebbe? – penso – questo è un momento storico in cui davvero dobbiamo dare una tregua a questi studenti.

Cercando in rete e soprattutto grazie all’aiuto di amici veri che condividono le mie passioni troviamo la soluzione, è la comunicazione ministeriale nr. 175 del 1998, che dice proprio espressamente di poter effettuare una pausa didattica che abbia come scopo la motivazione degli alunni.

È fatta, abbiamo anche la soluzione “giuridica” che ci permette di fermarci un attimo.

Faccio un video in cui lo propongo ai miei colleghi in tutta Italia: nella settimana che precede la Pasqua facciamo tutti una Pausa Didattica Nazionale. Ogni docente può dedicare un’ora ad ascoltare i ragazzi, unica regola: noi zitti, parlano i ragazzi. Invitiamoli a creare qualcosa che ci parli di loro, che ci dica come stanno, aiutiamoli ad aprirsi anche con noi. Faranno dei video, ci scriveranno delle lettere, ci faranno ascoltare delle musiche, faranno cose e, sono certo, ci sorprenderanno. Sarà utile per loro ma anche per noi. Dobbiamo creare un patto umano oltre che formativo con i nostri alunni e questa può essere una delle tante occasioni per farlo.

A un giorno dalla pubblicazione del video sono già arrivate adesioni da circa 15 scuole sparse in tutta Italia, presidi che hanno preso l’iniziativa, rappresentanti d’istituto che si sono fatti avanti, studenti singoli che hanno condiviso con il loro prof il mio video.

Chi si unisce?

Sandro Marenco propone una pausa didattica nazionale

L’AUTORE – Sandro Marenco è un “social prof”, uno speaker radiofonico e un content creator. Si è laureato in lingue alla Cattolica di Milano, ha lavorato per una multinazionale dell’elettronica come marketing manager e, dopo anni in giro per il mondo, ha mollato tutto e ha iniziato a creare per se stesso. Insegna in un liceo scientifico di Alessandria ed è ormai, grazie a TikTok e a Instagram, un punto di riferimento per centinaia di migliaia di ragazzi in tutta Italia. Qui le sue riflessioni per ilLibraio.it.

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