Il Carnevale è tra le ricorrenze più suggestive: viene da una storia millenaria e nasce come una celebrazione dell’alterità, della maschera, del ribaltamento delle strutture sociali. Dai Saturnalia latini alle moderne sfilate, è una festa irridente con un seme rivoluzionario, che ha sempre ispirato opere letterarie e teatrali… – L’approfondimento

Tra le ricorrenze che cadono durante l’anno il Carnevale è tra le più suggestive, insieme ad Halloween: entrambe affondano radici in un terreno lontano, e portano con sé l’idea del caos, del rimescolamento. Se oggi Carnevale è un’occasione per omaggiare i propri personaggi preferiti con travestimenti sempre più accurati, e per rimpinzarsi di dolcetti possibilmente fritti, in realtà viene da una storia millenaria e nasce come una celebrazione dell’alterità, della maschera, del ribaltamento delle strutture sociali.

I più fanno risalire le prime celebrazioni “carnevalesche” ai Saturnalia latini: nella seconda metà di dicembre, i romani celebravano il dio Saturno, che nella loro teogonia si sovrapponeva al Kronos greco, il tempo. La credenza diffusa voleva che il periodo in cui Crono/Saturno regnava nei cieli fosse un’epoca di incredibile armonia, in cui i primi uomini vivevano in assoluta uguaglianza tra di loro, pari a déi, e dove non esisteva la proprietà privata, non esisteva la fatica e non esisteva la malattia: l’Età dell’Oro, i cui primi riferimenti si trovano nel poema Le Opere e i giorni di Esiodo. Seguita, con l’avvento di Giove/Zeus, dall’età dell’argento, del bronzo, degli eroi e del ferro – quella delle guerre – ai mortali non rimaneva altro che ricordare quest’epoca mitica con festeggiamenti che ne richiamassero le felici abitudini. E quindi nei pochi giorni dedicati ai Saturnalia i ruoli si invertivano, e gli schiavi potevano sedersi alla tavola dei padroni: è qui il seme del rovesciamento carnevalesco, un espediente narrativo di fortunatissimo seguito.

Nelle commedie di Plauto questo è particolarmente evidente: spesso l’azione procede e trova una conclusione grazie alle trovate dei servi, molto più brillanti dei padroni, e questi nell’arco temporale dell’opera riescono a ottenere maggiore riconoscimento che nella realtà; per quanto, alla fine di tutto, lo scioglimento della commedia riporti sempre alla reinstaurazione dello status quo. Questa dinamica, presente per esempio nell’Epidico e nel Soldato fanfarone, si mantiene quasi immutata nei secoli, tanto da poter essere facilmente individuata nelle peripezie di Figaro, il barbiere di Siviglia che all’occorrenza arriva in soccorso del conte di Almavilla e lo aiuta a conquistare l’amata Rosina, e addirittura nei romanzi umoristici di P.G. Wodehouse, dove Jeeves, maggiordomo appassionato di Spinoza, riesce ogni volta a tirare fuori dai guai il vanesio Bertie Wooster, single spiantato dell’alta società londinese con una preoccupante tendenza ai fidanzamenti sconsiderati.

Il cristianesimo ha finito per appropriarsi delle celebrazioni dei Saturnalia, cambiandone chiaramente la destinazione: spostati alla fine dell’inverno, diventano l’occasione per un’ultima festa sfrenata prima del periodo di digiuno e pentimento quaresimale. Viene tuttavia mantenuta l’ossatura: durante il Carnevale non esistono regole, e anzi, per l’occasione vengono solitamente eletti dei nuovi “Re” e “Regine”, sprovvisti però di qualsiasi tipo di potere. Proprio all’inizio del romanzo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, il campanaro Quasimodo viene eletto papa dei folli dalla gente festante alla fine di una competizione sul “ghigno più spaventoso”. Per Quasimodo il ghigno non è una posa da assumere in un ristretto lasso di tempo, è una condizione permanente: ma nel Carnevale ciò che è tradizionalmente considerato brutto e contrario ai canoni dominanti ha la fittizia occasione per essere riconosciuto.

La forza potenzialmente rivoluzionaria del Carnevale si è attenuata nei secoli: rimangono gli eccessi, i costumi colorati, i carri. È diffuso principalmente nei Paesi dove la religione dominante è quella cristiana: sono celebri le sfilate di Rio de Janeiro, o il Mardi Gras di New Orleans. In Italia ogni regione ha le sue particolarità, che si tratti di ricette – grande dibattito sempre attuale quello che vede scontrarsi frappe, chiacchiere e bugie – che di tradizioni: ad Ivrea, per esempio, si fa la battaglia delle arance, a Venezia si assiste al “volo dell’Angelo”, mentre a Viareggio si trovano i più classici carri. Molte città hanno una propria maschera di riferimento, dal Pulcinella di Napoli al Pantalone di Venezia, dal Gianduja, facilmente riconducibile a Torino, al dottor Balanzone di Bologna. Quasi tutte vengono dalla Commedia dell’Arte: create dagli attori che improvvisavano basandosi su un canovaccio, erano tratteggiate da poche semplici caratteristiche che le rendevano immediatamente riconoscibili dal pubblico.

Carlo Goldoni, nella sua riforma della Commedia dell’Arte, ne salva i personaggi più amati. Il servitore di due padroni ha come protagonista l’astuto servo Truffaldino, in uno schema che richiama direttamente la commedia plautina; sarà Giorgio Strehler a riportare in scena l’opera riassegnando al protagonista il nome della maschera di riferimento, Arlecchino. Astuto, manipolatore, oltremodo goloso, dovrebbe rappresentare la rivalsa della classe popolare ai danni dei padroni altrettanto gretti e meschini, per quanto i mezzi da lui utilizzati (furbizia, sotterfugi) siano proprio quelli attribuiti alla classe sociale in ascesa all’epoca di Goldoni, la borghesia.

Di origine bergamasca, la maschera di Arlecchino è quella con la storia più affascinante e inquietante alle spalle: da demone ctonio, cioè sotterraneo, a re degli inferi, è tramandato come un maestro dell’inganno. Nei racconti di Agatha Christie presta il suo nome al detective più imperscrutabile creato dall’autrice: Harley Quin, una presenza perturbante, a tratti spettrale, che spesso interviene al fianco di Mr Satterthwaite per risolverne i casi con poteri intuitivi quasi sovrannaturali. Spesso dei giochi di luce creano dei riflessi particolari sui suoi abiti, facendolo apparire vestito dei colori dell’arcobaleno; l’ultimo racconto che chiude la raccolta Il misterioso signor Quin si intitola proprio Il sentiero di Arlecchino, e il crimine avviene durante una rappresentazione di un’opera della Commedia dell’Arte.

Harley Quin del resto richiama un’altra trasformazione della maschera, la più rivoluzionaria e dunque la più carnevalesca: con una “n” di più si ha infatti la creazione della DC Comics Harley Quinn, nata per essere la fidanzata dell’arcinemesi di Batman, il Joker, ma che ha acquistato nella cultura pop un ruolo sempre più indipendente, come esplicitato nel film Birds of Prey (Cathy Yan, 2020), dove forma un gruppo di vigilanti di sole donne.

Partendo dall’antichità, il rovesciamento, il rimescolamento dei confini e delle forme che celebra il Carnevale è stato motore propulsore della creazione artistica, permettendo alla pagina di proseguire quel ribaltamento dei ruoli che durante l’anno è possibile solo in determinati giorni. E se il più delle volte anche le opere di finzione tendono a ristabilire la situazione iniziale, la tentazione di vedere – proprio come in Birds of Prey – la rottura totale degli schemi si fa sentire. Sarà l’ebbrezza della festa, sarà che i tempi, artisticamente, intellettualmente, socialmente sono maturi: potrebbe ben essere Carnevale tutti i giorni.

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