“Un altro giorno in America” è la conturbante testimonianza di un giornalista britannico, Gary Younge, che racconta come, il 23 novembre 2013, sono morti dieci ragazzini americani, tutti uccisi da un proiettile d’arma da fuoco, in circostanze e luoghi diversi… – Su ilLibraio.it un estratto

Jaiden Dixon, nove anni. Kenneth Mills-Tucker, diciannove anni. Stanley Taylor, diciassette anni. Pedro Cortez, diciotto anni. Tyler Dunn, undici anni. Edwin Rajo, sedici anni. Samuel Brightmon, sedici anni. Tyshon Anderson, diciotto anni. Gary Anderson, diciotto anni. Gustin Hinnant, diciotto anni. 

Dieci nomi, di dieci ragazzi diversi tra loro e tutti accomunati da due cose soltanto: vivevano tutti in negli Stati Uniti d’America, e sono morti tutti lo stesso giorno, il 23 novembre 2013, una data che, di per sé, non accende alcun campanello d’allarme. Ed è proprio questo il punto. Era un giorno come tutti gli altri, ma in un giorno come tutti gli altri, negli Stati Uniti d’America, all’incirca sette proiettili tolgono la vita a sette bambini e adolescenti, statisticamente parlando. Peccato che le statistiche, a differenza delle vittime, non abbiano nome, volto o famiglia.

Un altro giorno di morte in America Gary Younge Add

Giornalista britannico originario delle isole Barbados, Gary Younge è l’autore di Un altro giorno di morte in America (Add, traduzione di Silvia Manzio), libro in cui riporta le circostanze in cui sono morte le dieci vittime del 23 novembre 2013. Lo scrittore entra in contatto con le loro famiglie e indaga, cercando di dare rendere giustizia alle loro storie, dando loro lo spazio che meritano.

Younge, editorialista del Guardian, si sofferma a riflettere su quale sia il modo giusto, ammesso che ce ne sia uno, di raccontare storie come queste, chiedendosi quale sia il compito e la responsabilità di un giornalista, dei media, davanti a simili tragedie, che non hanno mai la stessa risonanza delle grandi stragi, sebbene facciano parte di un fenomeno estremamente vasto.

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it un estratto del libro:

Per un breve periodo gli Stati Uniti si sono interessati al fatto che molti americani di tutte le età venissero uccisi da un’arma da fuoco. È successo dopo la strage di Newtown, una cittadina del Connecticut. Meno di un anno prima del giorno in cui è ambientato questo libro, Adam Lanza, un ventenne con problemi psichici, ha ucciso sua madre, si è recato alla scuola elementare Sandy Hook e ha sparato a venti bambini e sei insegnanti, prima di rivolgere la pistola contro se stesso. Anche se le stragi rappresentano solo una piccola parte della violenza armata annua, turbano l’immagine che l’America ha di sé e sconvolgono la sua coscienza collettiva ben più di quanto sia in grado di fare il torrente quotidiano delle vittime di armi da fuoco.

«Le morti individuali non hanno lo stesso effetto e la stessa capacità di scuotere la popolazione delle sparatorie di massa, perché queste ultime sono spettacoli pubblici», mi ha spiegato Joe Nocera, giornalista del «New York Times», durante un’intervista telefonica. «Creano una comunità di lutto. Quindi è piuttosto logico che i fatti di Newtown abbiano aperto gli occhi alla gente […] Io stesso sono stato scosso.»

L’impatto politico della strage della scuola elementare di Sandy Hook non è però dipeso solo dai numeri, ma anche dall’età delle vittime (la maggior parte delle quali tra i sei e i sette anni) e dal pathos suscitato dal fatto che Adam Lanza le avesse scelte una per una, che i bambini avessero dovuto nascondersi nei bagni e che i maestri li avessero chiusi negli armadi per salvarli. Tutto questo ha obbligato l’opinione pubblica a interrogarsi su quello che si poteva e si doveva fare per impedire il ripetersi di un evento simile.

«Assistere al massacro di tutti quei bambini innocenti […] ha cambiato l’America», ha dichiarato Joe Manchin, senatore democratico della Virginia Occidentale e promotore di un timido disegno di legge in favore del controllo delle armi da fuoco che non è nemmeno arrivato al voto in Senato. «Nessuno pensava che potesse succedere una cosa del genere.»

La verità, però, anche se nessuno se ne rende conto, è che cose del genere succedono ogni giorno. E il 23 novembre 2013 non ha fatto eccezione.

(Continua in libreria…)

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