“Nel Profondo”, il primo romanzo dell’inglese Daisy Johnson, svela la storia di Gretel e della madre e rivisita in chiave femminile la vicenda di Edipo. L’autrice con questo romanzo è stata, a ventotto anni, la più giovane candidata al Man Booker Prize – L’approfondimento, in cui trovano spazio anche scrittrici come Sally Rooney e Ottessa Moshfegh

Gretel è una lessicografa, seleziona e compila i lemmi dei dizionari, e ogni giorno inventa nuove parole per descrivere quello che avviene tra lei e la madre Sarah, con cui si è riconciliata dopo una distanza durata sedici anni.

Nel Profondo, il primo romanzo della scrittrice inglese Daisy Johnson (Fazi, traduzione di Stefano Tummolini), svela la storia di Gretel e della madre attraverso capitoli che percorrono la vita quotidiana delle due donne, entrambe incapaci di ricordare con chiarezza il passato, ma anche con la narrazione del viaggio che porta Gretel a ritrovare la genitrice; e con le storie dei personaggi che costellano l’universo delle protagoniste.

Daisy Johnson

Gretel parte dalla sua casa nell’Oxfordshire con un’auto a noleggio e ripercorre i luoghi in cui è cresciuta: l’appartamento sopra a un maneggio che ha occupato con la madre, le strade e i boschi che costellano la regione, e infine arriva alla casa galleggiante, l’ultimo indirizzo condiviso con la donna.

Nel romanzo l’acqua e i boschi sono luoghi quasi magici, in cui possono accadere eventi soprannaturali e grotteschi. Come spiega Gretel, ti entrano nella pelle: “I luoghi dove siamo nati ritornano. Si travestono da emicranie, mal di stomaco, insonnia. Sono la sensazione di cadere con cui a volte ci svegliamo, brancolando in cerca della luce, certi che tutto ciò che abbiamo costruito sia scomparso nella notte”.

Nel suo viaggio, Gretel scopre anche risvolti del passato della sua famiglia e il lettore ha la possibilità di conoscere Sarah da un altro punto di vista: non solo madre, ma anche donna, con una storia che precede la nascita della figlia.

In questo passato si insinua anche un gioco d’identità che Daisy Johnson tesse abilmente per rivisitare in versione femminile il mito di Edipo, il re destinato a uccidere il padre per errore e a sposare la sua stessa madre. Il parricidio e l’incesto accadono come da manuale, ma a compierli è un Edipo inaspettato.

Secondo tradizione c’è anche una sibilla che prevede il futuro del giovane Edipo, ma in questo caso Johnson crea un personaggio che non è solo un mero oggetto scenico, con lo scopo di fare da messaggero della profezia. Al contrario, Fiona, la profetessa, è una donna transessuale con una personalità e una storia, che entra nella vita del giovane Edipo come mentore e amica.

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Nel 2018, a ventotto anni, Daisy Johnson con questo romanzo è stata la più giovane candidata nella storia del Man Booker Prize. La sua appartenenza alla generazione dei millennials – tanto discussa anche dal punto di vista letterario -, da un lato spiega alcune delle sue scelte, come la presenza di personaggi non gender conformi nel romanzo, o il racconto di una maternità disfunzionale dal punto di vista della figlia (per fare un esempio non a caso, anche i genitori delle protagoniste di Sally Rooney sono assenti, o comunque hanno rapporti complicati con la progenie); allo stesso tempo, le sue ambientazioni rurali, su terreni lambiti dal fiume, sono quanto di più lontano dalle ambientazioni urbane comuni nei romanzi delle colleghe. Basti pensare al Trinity College di Rooney o alla New York pre 9/11 di Ottessa Moshfegh ne Il mio anno di riposo e oblio (Feltrinelli, traduzione di Gioia Guerzoni). Piuttosto richiamano la natura sempre presente in Elmet (edito da Fazi, nella traduzione di Silvia Castoldi) della connazionale Fiona Mozley.

La stessa natura ritorna anche in Fen, la raccolta di racconti che Johnson ha pubblicato nel 2017, ma ancora inedita in Italia. Il titolo, un termine inglese per definire le marcite di acqua dolce, già avvisa il lettore: che si aspetti storie ambientate vicino al fiume, nell’Oxfordshire, con le volpi che sbucano fuori dal bosco. E poi al centro quasi sempre donne, che si misurano con la vita, la violenza, il passato. E la costante vena gotica.

La scrittura di Johnson costruisce un mondo fatto di fotografie mosse che, più che mettere a fuoco un momento sbirciato in una finestra – come ci ha insegnato Carver -, testimoniano un conflitto che è avvenuto nella penombra e di cui possiamo solo ricostruire i contorni.

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