Dopo essersi dedicato al “Grande Inquisitore” tratto da “I fratelli Karamazov” di Fëdor Michajlovic Dostoevskij, l’ex magistrato e presidente di Garzanti Gherardo Colombo analizza un altro capitolo del romanzo intitolato “Ribellione” , guidandoci alla riscoperta di alcune tra le domande più difficili della condizione umana, dalle quali di solito veniamo distratti ma che, in tempi come questi, tornano prepotenti a occupare la nostra mente e i nostri cuori…

«Ribellione? […]» replicò Ivan con ardore. «È impossibile vivere nella ribellione, mentre io voglio vivere. Dimmelo tu, ti sfido, rispondimi: immagina che tocchi a te innalzare l’edificio del destino umano allo scopo finale di rendere gli uomini felici e di dare loro pace e tranquillità, ma immagina pure che per far questo sia necessario e inevitabile torturare almeno un piccolo esserino, ecco, proprio quella bambina che si batteva il petto con il pugno, immagina che l’edificio debba fondarsi sulle lacrime invendicate di quella bambina – accetteresti di essere l’architetto a queste condizioni?».

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Ribellione: è proprio così che si intitola il capitolo dei Fratelli Karamazov scritto dall’autore russo Fëdor Michajlovic Dostoevskij (1821-1881) che precede il celebre racconto Il Grande Inquisitore. In questo brano della sua ultima fatica letteraria, due dei figli di Fëdor Karamazov, Ivan e Aliosha, discutono a proposito della natura dell’uomo e della libertà, e in particolare del male nel mondo e di come si possa amare il prossimo.

Ne scaturisce un discorso serrato e profondo, che accompagna per mano il lettore fino alle radici della libertà umana e del male nel mondo, ragionando sul senso della sofferenza e sul dolore dei bambini innocenti, sull’accettare il male o ribellarsi a esso, nonché sul tema della felicità e del perdono, mentre vengono riportati alla luce una serie di episodi che ci fanno risalire al cuore della nostra realtà, anche e soprattutto in tempo di guerra.

Copertina del libro Ribellione

«Ascolta», dice per esempio Ivan rivolgendosi al fratello, «se tutti devono soffrire per comprare con la sofferenza l’armonia eterna, che c’entrano qui i bambini? Rispondimi, per favore». Dall’altra parte, tuttavia, la fede di Aliosha rimane per lui una bussola grazie alla quale orientarsi, un punto di riferimento da rammentare a Ivan: «Hai appena detto: c’è in tutto il mondo un essere che possa e abbia il diritto di perdonare tutto? Ma quell’essere esiste, e può perdonare tutto, tutto, qualunque peccato si sia commesso, perché egli stesso ha dato il suo sangue innocente per tutti e per tutto. Ti sei dimenticato di lui, su di lui si fonda l’edificio ed è a lui che grideranno: ‘Tu sei giusto, o Signore, giacché le tue vie sono state rivelate!’».

Dopo essersi dedicato al Grande Inquisitore e aver affrontato i problemi del peso della libertà, della fede e del libero arbitrio, della giustizia e del peccato, dell’individualismo e della responsabilità universale, in Ribellione (Salani) Gherardo Colombo, già autore di diverse opere divulgative sui concetti di democrazia, giustizia e cittadinanza (tra questi ricordiamo Sei Stato tu? e, con Liliana Segre, La sola colpa di essere nati), ci guida quindi passo dopo passo alla riscoperta della profondità di Dostoevskij nell’affrontare altre tra le domande più difficili della condizione umana, le più fondamentali, sul senso della vita, dalle quali di solito veniamo distratti, ma che in tempi come questi tornano prepotenti a occupare la nostra mente e i nostri cuori.

In uno dei momenti più difficili della storia contemporanea, l’ex magistrato e presidente della casa editrice Garzanti prende dunque spunto da questo dialogo per tornare a parlare attraverso Dostoevskij di un testo che colpisce per l’attualità degli argomenti trattati, e il cui significato non può che rivelarsi fondamentale per leggere in una chiave nuova gli avvenimenti ai quali stiamo assistendo.

«Che Dio esista oppure no», osserva non a caso Colombo nel suo articolato commento dal titolo Il prezzo dell’armonia, lo scandalo del male, «il male è parte della condizione umana. Partiamo dalla constatazione di quello che è, invece di camminare a ritroso da quel che vorremmo che fosse, e riusciremo ad avvicinarci a quel che vorremmo che fosse (se davvero la nostra meta è l’armonia)».

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