“Leggendo delle grandi difficoltà che hanno incontrato numerosissimi testi che oggi sono universalmente ritenuti dei classici, si sarebbe portati a sorridere e a pensare che la censura sia qualcosa di relegato al passato. In parte è vero e oggi si è molto più liberi di leggere quello che si desidera, ma il pericolo non è mai del tutto scomparso…” – Su ilLibraio.it la riflessione della scrittrice Anna Premoli, tornata da poco in libreria con “Non sono una signora”, dedicata ai libri proibiti dalla censura nel corso della storia e al diritto alla libertà di lettura

Ho aspettato un po’ di tempo prima di mettermi davanti a un computer e narrare le vicende di una scrittrice di romanzi erotici, la spassosissima Audrey Thomas, perché mi sono voluta prendere il giusto tempo per ragionare su cosa significhi oggi, in concreto, lottare contro i pregiudizi relativi al genere che si è scelto di scrivere. Su quanto spesso tali pregiudizi possano portare a vere e proprie richieste di censura. Ci illudevamo fosse un tema del passato, magari legato a tematiche religiose o di morale, e invece sta tornando travestito da “politicamente corretto”.

L’indignazione silenziosa o ad alta voce esiste dalla notte dei tempi, da quando esistono i libri, perché fa parte della natura umana voler controllare l’informazione che circola. Fu l’invenzione della stampa a caratteri mobili e l’improvvisa moltiplicazione dei testi in circolazione a preoccupare la Chiesa a tal punto da spingerla a pubblicare nel 1559 un Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum), per la cui soppressione definitiva si dovrà attendere il 1966.

Nel corso di quattro secoli un’infinità di romanzi ha subito la scure della Santa Inquisizione, dal momento che l’elenco venne rivisto ben quaranta volte: da Ariosto, Boccaccio, Leopardi, Machiavelli, Kant e Spinoza, fino ad arrivare ad autori più recenti come Foscolo, D’Annunzio, Balzac, Flaubert e Zola. Gli ultimi nomi noti a entrare nella lista furono Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre e Alberto Moravia.

I grandi romanzi della letteratura non hanno solo dovuto lottare contro l’ostracismo religioso, ma anche con l’intervento degli Stati stessi per motivi politici e di ordine sociale: Il dottor Živago, osteggiato in patria per via dell’implicita critica alla rivoluzione russa del 1917 e diventato famoso grazie alle traduzioni internazionali, fruttò nel 1958 a Boris Pasternak addirittura il Nobel per la Letteratura, ma lo scrittore alla fine fu costretto a rifiutare il premio per evitare l’espulsione dall’Unione Sovietica con relativa confisca dei suoi beni.

E pensare che per lui si erano mossi persino i servizi segreti occidentali, facendo deviare un aereo diretto a Malta con a bordo una rarissima copia trafugata del romanzo in russo, dal momento che uno dei requisiti per l’assegnazione del premio era proprio la pubblicazione nella lingua madre dell’autore. Il dottor Živago venne pubblicato in patria per la prima volta solo nel 1988 e fu il figlio di Pasternak a ritirare il premio vinto dal padre molti anni dopo la sua morte, nel 1989.

La presunta oscenità di un romanzo in alcun casi ne ha anche decretato il successo: Madame Bovary fu subito censurato dal governo francese per immoralità, l’autore costretto addirittura a subire un processo, salvo essere assolto e il romanzo diventare immensamente popolare. Tra i romanzi che finirono alla gogna vi sono anche titoli all’apparenza insospettabili come Il mago di Oz: negli anni Venti, alcune biblioteche americane come quella di Chicago lo fecero sparire dai propri scaffali perché giudicato troppo femminista e, in alcuni passi, di stampo marxista.

James Joyce non ebbe vita facile con il suo Ulisse, che venne prima pubblicato a Parigi nel 1922 e nella patria dell’autore solo nel 1966, in quanto ritenuto osceno. Hemingway, altro premio Nobel, scrisse Addio alle armi ispirandosi alla sua stessa esperienza sul fronte durante la Prima guerra mondiale. In Italia il testo venne però ritenuto troppo antimilitarista e quindi vietato dal 1929 al 1945; la prima traduzione in italiano fu di Fernanda Pivano, a cui il romanzo era stato segnalato da Cesare Pavese. Pivano fu persino arrestata per aver osato tradurlo in modo illegale.

Leggendo delle grandi difficoltà che hanno incontrato numerosissimi testi che oggi sono universalmente ritenuti dei classici, si sarebbe portati a sorridere e a pensare che la censura sia qualcosa di relegato al passato. In parte è vero e oggi si è molto più liberi di leggere quello che si desidera, ma il pericolo non è mai del tutto scomparso. I romanzi che hanno come protagonista Harry Potter sono considerati tra i titoli più censurati d’America, numerose biblioteche scolastiche li hanno eliminati, in quanto i genitori più religiosi e conservatori vedono nelle avventure del piccolo mago un incitamento alla stregoneria.

Foto dell'autrice Anna Premoli

Anna Premoli

È un momento difficile anche per due colossi della letteratura come Il buio oltre la siepe e Le avventure di Huckleberry Finn, in passato osteggiati in quanto condannavo la società razzista del periodo, e oggi visti invece con sospetto dall’opinione pubblica in quanto vi compaiono termini come “nigger” o “schiavo”. Stanno vedendo la luce diverse edizione “riviste”, in cui i termini ritenuti offensivi vengono sostituiti da quelli oggi ritenuti più rassicuranti.

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Questo piccolo viaggio tra i romanzi censurati o anche solo boicottati serve a ricordarci quanto sia importante rimanere sempre vigili riguardo alla delicata tematica della libertà di lettura, e di quanto sia determinante non erigersi mai a giudici dei gusti di lettura altrui.

Audrey Thomas, oltre a essere stata una protagonista che mi ha strappato diverse risate durante la stesura del mio ultimo romanzo, mi ha ricordato l’importanza fondamentale di non giudicare e non censurare. E mi ha anche fatto riprendere in mano vari romanzi “scandalosi” del passato, e di questo le sono grata.

Copertina del libro Non sono una signora

L’AUTRICE E IL LIBRO – Nata nel 1980 in Croazia, Anna Premoli vive a Milano, dove si è laureata alla Bocconi. Ha lavorato per un lungo periodo per una banca privata, prima di accettare una nuova sfida nel campo degli inve­stimenti finanziari. La scrittura è arrivata come “metodo anti­stress” durante la gravidanza.

Ti prego lasciati odiare, il suo romanzo d’esordio, è stato un successo e ha vinto il Premio Bancarella. Con Newton Compton ha pubblicato negli anni numerosi romanzi, fra cui Tutti i difetti che amo di te (2014), Un giorno perfetto per innamorarsi (2015) e Tutto a posto tranne l’amore (2021).

Ora torna in libreria con Non sono una signora (Newton Compton), che racconta la storia di Audrey Thomas, una trentenne newyorkese molto spiritosa e senza peli sulla lingua. È autrice di romanzi erotici e nella vita privata non è troppo incline ad abbandonarsi al romanticismo. Al grande amore preferisce il “divertiamoci qui e ora e poi domani ognuno a casa propria”. Ma la sua esistenza sta per essere sconvolta da una serie di novità.

Sua madre, con cui ha sempre pensato di condividere un certo femminismo intransigente, le annuncia che ha finalmente deciso di compiere il grande passo: si sposa. Come se questo non bastasse, nella sua vita piomba Matt, l’uomo in assoluto più “sbagliato” che potesse incontrare, sia per il ruolo molto particolare che riveste, sia per i valori in cui crede… All’improvviso Audrey si trova a mettere in discussone posizioni che riteneva definitive e a essere tormentata da domande la cui risposta non è più così certa. Una fra tutte la perseguita: in che cosa consiste la vera trasgressione?

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