Già autrice di “La ragazza più fortunata del mondo”, diventato un film Netflix, Jessica Knoll torna con il coraggioso “Bright Young Women”, un romanzo che ribalta la narrazione del true crime, dando spazio alla verità delle vittime. Un’opera che invita a cambiare prospettiva, a dare voce a chi è stato silenziato, a ricordare che dietro ogni crimine ci sono vite, sogni, relazioni e persone reali…
Dopo il suo esordio con La ragazza più fortunata del mondo – diventato nel 2022 un film Netflix con Mila Kunis –, Jessica Knoll torna con Bright Young Women (Ubagu Press, traduzione di Marina Calvaresi) e firma un romanzo coraggioso, nato dalla volontà di sovvertire le regole di un genere molto amato e in voga, quello del true crime.
Ambientato nel 1978, prende spunto da una serie di omicidi realmente avvenuti, da testimonianze di aggressioni, ma si muove seguendo una linea narrativa radicale: non nominare mai il colpevole, ispirato chiaramente alla figura di Ted Bundy. Un silenzio che non è casuale, ma un atto politico e letterario che mira a spostare il focus dal criminale alle vittime, andando oltre la mitizzazione del Male e la celebrazione spesso voyeuristica del criminale.
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La protagonista, Pamela Schumacher, è una studentessa universitaria brillante, presidentessa di una confraternita femminile in Florida. La sua vita viene sconvolta da un attacco brutale che lascia dietro di sé morte e dolore. Pamela, sopravvissuta, non si limita a subire: si attiva, indaga, cerca giustizia.
In parallelo, Tina Cannon, una donna di Seattle, è convinta che la sua amica scomparsa sia stata uccisa dallo stesso uomo. Le due donne si incontrano e uniscono le forze, dando vita a una narrazione che mette al centro la solidarietà femminile, la resilienza e la lotta contro un sistema che troppo spesso ha ignorato le vittime.
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Jessica Knoll ha svolto un lavoro di ricerca meticoloso, entrando in contatto con le vere sopravvissute e con le famiglie delle vittime, al fine di creare un dialogo autentico e intriso di rispetto, dando corpo ad un testo che va oltre la semplice fiction. La sua decisione di non nominare mai Bundy è una presa di posizione netta, perché anche il nome stesso fornisce un potere che oscura le vite che ha distrutto.
Bright Young Women denuncia con forza, infatti, la cultura che in molti casi tende a celebrare il criminale di turno, trasformandolo quasi in un’icona pop, affascinante e intelligente, mentre le vittime vengono troppo spesso relegate a semplici comparse. Knoll ribalta questa logica, offrendo ritratti complessi e profondi delle donne coinvolte e Pamela, Tina, Ruth sono il ritratto di donne brillanti, coraggiose, ferite ma non spezzate e la loro umanità è il centro della narrazione.
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Se da una parte il romanzo vuole ridare il giusto spessore e ruolo alle donne coinvolte, dall’altra dipinge con chiarezza la fallibilità del sistema, delle personalità che rappresentano la Giustizia, il circo mediatico che spesso ruota attorno ai grandi casi di cronaca. Un esempio tra tutti è dato dalla possibilità data all’imputato di interrogare personalmente le testimoni – poste così di nuovo alla mercé di chi ha segnato indelebilmente le loro esistenze.
“Le forze dell’ordine preferiscono spacciare un uomo mediocre per un genio, anziché farsi un esame di coscienza sul ruolo che hanno giocato in quella pagliacciata colossale, e sono stufa marcia di vederli con le camicie stirate e gli stivali da cowboy, belli comodi sulle loro poltrone di pelle, nei loro documentari di cronaca nera acclamati dal pubblico e dalla critica, mentre discettano dell’acume, del fascino e dell’astuzia di un misogino qualsiasi. Non è questa, la nostra storia. Non è questa, la storia.”
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Quello di Jessica Knoll è un libro potente, che non cerca il sensazionalismo, ma la verità. È un manifesto femminista, meglio ancora, un manifesto sulla verità, un atto di memoria e di giustizia. Un’opera che invita a cambiare prospettiva, a dare voce a chi è stato silenziato, a ricordare che dietro ogni crimine ci sono vite, sogni, relazioni e persone reali. E che il vero coraggio è quello delle donne che hanno scelto di non restare in silenzio.
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Fotografia header: Jessica Knoll (foto di Sabina Lantos)