“Come arcipelaghi” di Caterina Perali tiene insieme la cifra del romanzo e il racconto preciso di un percorso che la medicina oggi può offrire a chiunque voglia avere figli (ma, va ricordato, in Italia la procreazione medicalmente assistita per single e coppie omosessuali non è legale). L’autrice ha accompagnato la scrittura con ricerche, interviste a medici, associazioni e studi legali che sostengono e studiano i nuovi modelli familiari. E – come racconta su ilLibraio.it – ha seguito per più di un anno il percorso medicalmente assistito di una donna single, condividendo paure e cartelle cliniche…

Come Arcipelaghi chiude la trilogia della casa di ringhiera che ho iniziato con Crepa e proseguito con Le affacciate. Come gli altri capitoli ha un tema sociale che si sviluppa attraverso la vita degli abitanti di una casa a ringhiera milanese. Sempre la stessa casa, sempre gli stessi ballatoi, in anni e con protagonisti diversi. Crepa con Lorenzo e la gentrification, Le affacciate con Nina e l’inaspettata perdita del lavoro.

In quest’ultimo libro mi premeva parlare di maternità, mantenendo il più possibile un tono ironico e brillante.

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Non che non se ne parli abbastanza ultimamente, ma ero da poco uscita da quel presente sospeso, noto a molti della mia generazione, che precede prima, la decisione di avere una discendenza o meno, e poi, di verificarne l’effettiva fattibilità, accettando che la percezione che abbiamo di noi stessi non coincide sempre con la nostra età anagrafica.

Mi interessava approfondire quel momento lì. Quel limbo in cui sembra che tutti parlino solo di figli, di gravidanze o di intraprendere un percorso genitoriale medicalmente assistito, non necessariamente in coppia, mentre noi, io, dall’altra parte ci sentiamo ancora in terza liceo, senza sapere cosa fare da grandi.

È stato quel non necessariamente in coppia l’inciampo narrativo che mi ha fatto spostare lo sguardo in cui per mesi mi sono fossilizzata (non riuscivo a scrivere di maternità senza cadere nel patetico e prendermi troppo sul serio) e scegliere di raccontare l’incontro tra due mondi apparentemente lontani: una coppia contemporanea con una relazione a distanza Milano/Roma, spaventata dalla noia della vita amministrativa fatta di conti comuni, pranzi familiari e liste della spesa e, una donna single, decisa a diventare madre in Spagna, perché in Italia non è concesso.

Così sono nati Jean, la protagonista che cura una rubrica di Sostegno generico su Instagram e vive al terzo piano della casa di ringhiera, Carlo, il suo compagno architetto che vive a Roma e Chiara, la nuova vicina del piano di sotto, alla ricerca di una maternità.

LEGGI ANCHE – Libri sulla maternità (tante voci, per non generalizzare)

Quando ho conosciuto la Chiara in carne ed ossa, la donna che ha ispirato la mia co-protagonista, aveva già contattato molte cliniche per richiedere preventivi e confrontarli. Il costo della selezione del seme del donatore per fortuna era una voce uguale per tutti. Non avendo un compagno, aveva optato per la Spagna, perché in Italia la Procreazione Medicalmente Assistita per single e coppie omosessuali non è legale.

Ho chiesto di intervistarla, così da rendere il mio personaggio il più credibile possibile, mettendo subito le mani avanti: non stavo scrivendo né un saggio sui risvolti sociali della PMA, né volevo raccontare la sua storia personale. Volevo fare ricerca e sentirmi libera di romanzare la sua storia liberamente senza chiedere permessi.

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Ha detto sì, e ha condiviso con me da subito: preventivi, cartelle cliniche, registrazioni con medici, organizzazioni di viaggi last minute per la Spagna, ma anche paure, punture, sconforto e solitudine, e i confini che avevo stabilito sono cambiati a poco a poco, fino a sparire e diventare vita, quella vera. Quella in cui si perdono i voli e ci si infatua della dottoressa di turno.

Più l’accompagnavo nel suo viaggio e in quello del personaggio di Chiara, più sentivo ingiusto che non potesse affrontare quel percorso medico nel suo Paese. Jean e Carlo ‒ la coppia apparentemente normale ‒ avrebbero potuto farlo in Italia, anche senza mai vivere insieme.

In questi anni, oltre a Chiara, ho incontrato anche Cinzia e tante altre donne, tutte con storie simili.

Ho consultato avvocati specializzati nella lotta per la discriminazione di molte minoranze.

Professionisti pagati, ovviamente, perché, come mi ha insegnato l’avvocata Valentina, poi diventata anche lei un personaggio, “appartenere a una minoranza discriminata non vuol dire essere poveri”. Tiziano Ferro insegna.

Ho imparato il nome dei farmaci, dei trattamenti, dei dosaggi ormonali, pure come si fanno le punture. Ma, soprattutto, mi sono divertita a far interagire due coetanee apparentemente così distanti su una materia tanto delicata e ho capito che certe convinzioni sociali possono diventare incrostazioni. Con questo libro ho provato a metterle in dubbio. E non è solo una questione di sperma.

come arcipelaghi caterina perali

L’AUTRICE E IL NUOVO LIBRO – “Le relazioni dovrebbero essere punti di incontro nell’universo dell’altro: siamo arcipelaghi, non isole.” Jean, che dice di avere la nonna marsigliese, vive in un condominio di ringhiera a Milano. Cura una rubrica molto seguita di Sostegno Generico su Instagram. Ha 40 anni, lavora da casa e una mattina sente gridare dal ballatoio: “Mi basta il suo sperma!”.

È così che conosce Chiara, la nuova inquilina, single e decisa a diventare madre, in Spagna, perché in Italia a lei non è concesso.

L’incontro per Jean è detonante: da un lato la scoperta di un mondo taciuto, dall’altro uno sguardo nuovo su tutto ciò che la circonda, compresa la relazione con Carlo che da anni vive serenamente a distanza.

E mentre una costellazione di affetti si costruisce attorno alle due donne, in un andare tra Milano e Valencia, Jean si interroga sul presente sospeso di un’intera generazione, sul concetto di genitorialità, su come certe convinzioni possano rinnovarsi.

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Caterina Perali, classe 1975, vive tra Treviso e Milano, e per Neo edizioni (con cui nel 2020 ha pubblicato Affacciate, dopo aver firmato nel 2015 Crepa, per 13Lab Edizioni) pubblica ora Come arcipelaghi, un libro che tiene insieme la cifra del romanzo e il racconto preciso di un percorso che la medicina oggi può offrire a chiunque voglia avere figli.

L’autrice, che lavora come Producer e Coordinatrice di Produzione per video, cinema e spot pubblicitari, ha accompagnato la scrittura di questo romanzo con ricerche, interviste a medici, associazioni e studi legali che sostengono e studiano i nuovi modelli familiari. Caterina Perali, inoltre, ha seguito per più di un anno il percorso medicalmente assistito di una donna single, condividendo paure e cartelle cliniche. Questo suo terzo romanzo chiude la “Trilogia della casa di ringhiera”.

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