“Adoro l’architettura sobria ed elegante delle vie del centro, il liberty di Bossi, i progetti di Campanini, i bow window di Andreani, e quando me lo consentono oltrepasso la soglia per osservare l’interno, il cortile, il giardino, perché Milano è una città che nasconde, perché Milano è nei dettagli. E se i palazzi potessero parlare?” – In occasione dell’uscita del suo romanzo d’esordio, “Il passato non si cancella”, su ilLibraio.it la riflessione dell’autore (e real estate manager) Domenico Wanderlingh

Sono un real estate manager in una Società di Gestione del Risparmio. Un mestiere come un altro. Si raccolgono i fondi dalla clientela e si acquistano immobili dopo averne controllato l’aspetto tecnico, verificato la mole documentale, valutato il ritorno finanziario per gli investitori. Poi inizia la fase gestionale. Ecco, il mio compito è questo, ma non è mai stato solo questo.

All’atto di comprare palazzi, o più pomposamente diritti reali (termine che nulla ha a che fare con le Case Regnanti ma deriva dal latino “res”,  cosa concreta e tangibile), il mio pensiero vola indietro nel tempo e mi domando: chi l’ha costruito? Chi l’ha abitato? Sono accaduti fatti degni di nota tra le sue mura?

Quesiti superflui che lasciano il tempo che trovano, sono d’accordo; tutto sommato il fine ultimo del mio lavoro è garantire un reddito al risparmiatore, però non faccio del male a nessuno se assecondo la mia curiosità andando a caccia di ciò che l’immobile rappresenta: una storia.

È un po’ come per gli esseri umani: ciascuno ha il proprio passato, e allo stesso modo un palazzo racconta la propria vita attraverso le persone che l’hanno abitato. Ormai questo giochetto lo applico sempre, anche quando passeggio senza meta e vengo attratto da una costruzione. Adoro l’architettura sobria ed elegante delle vie del centro, il liberty di Bossi, i progetti di Campanini, i bow window di Andreani, e quando me lo consentono oltrepasso la soglia per osservare l’interno, il cortile, il giardino, perché Milano è una città che nasconde, perché Milano è nei dettagli.

E se i palazzi potessero parlare?

È una cosa che immagino spesso. Per esempio, Castelmorrone 7 si vanterebbe d’aver ospitato Umberto Boccioni nel 1907 (“per star vicinissimo alla campagna” come scrisse di suo pugno), e che proprio in quell’appartamento aveva dipinto l’autoritratto esposto a Brera, oltre a ospitare a cena artisti del calibro di Romolo Romani e Gaetano Previati.

Poco più in là, il 19 replicherebbe che al secondo piano ha abitato Benito Mussolini quando era direttore dell’Avanti. Purtroppo ci sono anche  storie tristi: Ramazzini 4 sussurrerebbe l’omicidio della signora Figini al settimo piano, uccisa dal suo amante e, sempre in Porta Venezia, Malpighi 4… be’, quello ha un aneddoto a dir poco straziante: “Una sera del 1943 arrestarono Frieda Lehmann, una ragazza di 29 anni, per deportarla ad Auschwitz. Si disperava, singhiozzava e mi guardava sperando di potermi rivedere. Anche tu hai una storia simile, non è vero Plinio 20?”.

“Sì”, risponderebbe, “questa esperienza agghiacciante l’abbiamo vissuta in troppi a Milano. I più attenti leggeranno una targhetta, la pietra d’inciampo, fissata sul marciapiede di fronte i nostri ingressi“.

Dopo questi drammi, prenderebbe la parola San Damiano 20: “Io sono stato più fortunato di voi, lo riconosco. Il 7 marzo del 1785 al primo piano è nato Alessandro Manzoni. Dovevate sentire quel giorno come strillava e quanto erano felici i suoi genitori!”.

“E Giovannino Guareschi?”, interverrebbe Ciro Menotti 18, “vi siete dimenticati che nel 1938 occupava il quarto piano con Ennia, la sua fidanzata?”.

Ogni palazzo è un universo“, commenterebbe l’amministratore Giacomo Valli chiacchierando con Anita in salotto, “vicende che s’incrociano, episodi nati dal caso o pianificati. All’interno di ogni appartamento va in scena la vita: può essere una commedia, uno spunto per un romanzo rosa, oppure una tragedia. Un dato è certo: non esistono edifici maledetti perché è solo l’uomo che rende un luogo inospitale o, in alternativa, un caldo focolare. Dentro ogni casa troviamo la vita, la morte, le risate, i pianti disperati, i bambini che giocano, le riunioni familiari, il profumo di piatti prelibati… magari un cane o un gatto… ma senza dubbio tanti, tantissimi ricordi“.

Anita gli darebbe ragione e Francesco si guarderebbe intorno sentendosi protetto.

E per me, real estate manager e autore di romanzi gialli, non può esserci palcoscenico migliore delle quattro mura domestiche.

Copertina del libro Il passato non si cancella

L’AUTORE E IL LIBRO – Domenico Wanderlingh è nato a Palermo, ma vive tra Milano e Città di Castello. Lavora per una società di gestione del risparmio. Dopo aver autopubblicato due romanzi e un’antologia di racconti molto apprezzati sul web esordisce adesso in libreria con Il passato non si cancella (astoria).

La storia si apre in una calda giornata di giugno, quando due morti scuotono la Milano-bene, fra palazzi liberty e grattacieli svettanti: quelle di Luigi Cortesi e Greta Kampf, apparentemente un omicidio-suicidio avvenuto in un appartamento nella splendida via Malpighi. La sera stessa, nella portineria di uno stabile vicino, viene rinvenuto il corpo della custode, un tragico incidente domestico.

Anita Landi – ex atleta delle Fiamme Oro diventata ispettore di Polizia per risolvere un dramma che l’ha colpita da vicino – inizia a indagare, osteggiata dai colleghi per vecchi rancori mai risolti. Anita segue la sua pista, aiutata dall’amministratore dei palazzi teatro dei fatti, Giacomo Valli, uomo gentile e pacato, e dal suo coinquilino Francesco Gazzola, importante e stimato avvocato in forte crisi d’identità. Il terzetto dovrà districarsi in una complessa indagine in cui nulla è come appare e tutti sono sospettabili: broker ricchi e spietati, deliziose vecchiette, necrofili, il vicino della porta accanto, giornalisti sciacalli, informatori della Polizia e agenti dei servizi segreti.

Pur con tanti bastoni fra le ruote e numerose false piste, Anita non demorde: sa che tra denaro e bon ton, nella Milano che conta, si nasconde un assassino pronto a colpire ancora

Fotografia header: GettyEditorial 22-06-2021

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