Il romanzo di un giocatore e allenatore dimenticato, Sandro Puppo, che attraversò l’Europa e il mondo del secolo scorso, portando avanti con coraggio le sue idee di sport e di vita in un tempo travagliato da guerre e rivoluzioni. Matteo Eremo racconta una storia di calcio, con vittorie e sconfitte sempre vissute con passione e gusto della sfida e dell’avventura…

“Secondo il drammaturgo John Boynton Priestley, pensare al football come a ventidue mercenari che calciano un pallone equivale a dire che un violino è solo legno e colla. O ridurre Amleto a carta e inchiostro. Invece il football è conflitto e arte“.

Oggi che il calcio sta cambiando radicalmente tanto nella forma quanto nella fruizione, e tutti gli equilibri economici ed emotivi cui appassionati e tifosi erano abituati stanno saltando, la storia di Sandro Puppo, giocatore e allenatore che attraversa l’Europa e il mondo dagli anni ’30 fino al mondiale di Messico ’70, è contemporaneamente una voce che viene dal passato e un racconto estremamente attuale.

il calcio è musica

Matteo Eremo in Il calcio è musica, edito da Mattioli 1885, scrive la biografia di questo straordinario uomo di sport usando la prima persona, e rovistando nei suoi ricordi intreccia un vero e proprio romanzo in cui le avventure del calciatore e allenatore si mescolano ai grandi avvenimenti storici del novecento, che spesso influenzano anche le vicende sportive.

Dall’infanzia passata a Shangai nei quartieri delle concessioni internazionali al seguito del padre violinista Puppo, che studia musica ma ha il pallone nel sangue, arriva all’Italia fascista, ed è lì che realizza il sogno di diventare un calciatore professionista. Ma lo fa in un contesto particolare, circondato dalla retorica del regime e della propaganda bellicosa del Duce e dei suoi alleati. E mentre sullo sfondo gli eventi si fanno sempre più cupi e la guerra si profila all’orizzonte la carriera del giovane Sandro è sempre più luminosa. Dal piccolo Piacenza alla nazionale di Vittorio Pozzo e poi all’Inter (che all’epoca però doveva chiamarsi Ambrosiana), fino al Venezia, compagno di squadra di Loik e Mazzola.

Già quando il conflitto scoppia si avvertono le prime assurdità di un calcio che, proprio perché è una passione così viscerale, non deve fermarsi mai, nemmeno sotto le bombe, visto che serve a distrarre la popolazione, a far dimenticare la fame e la paura. Il rapporto del pallone con i governi più o meno autoritari è uno dei fili nascosti ma sempre presenti in tutta la narrazione. Perché Puppo, che smetterà di giocare poco dopo i trent’anni a causa di un grave infortunio, diventerà un grande allenatore, e così girerà l’Europa: Turchia soprattutto, ma anche la Spagna di Francisco Franco, così simile all’Italia fascista che gli ha sconvolto la giovinezza. Puppo allenerà il Barcellona, la squadra simbolo della Catalogna indipendente e antifranchista. La squadra che lo sceglie per le qualità che dimostra sulla panchina della nazionale turca: “Forza, equilibrio, coraggio e giudizio”.

Mentre la grande storia sta sullo sfondo, si dipana la piccola e profonda storia personale di un uomo: gli odori e i suoni di tutte le città dal Bosforo alla Spagna passando per Torino, il calore dei tifosi, l’amore e le difficoltà di una famiglia che spesso Puppo si troverà a dover lasciare in secondo piano per inseguire i suoi sogni. E il calcio, tanto calcio. Vissuto con una passione travolgente — così simile a quella che suo padre metteva nella musica — ma in un modo per l’epoca rivoluzionario.

Da un punto di vista tattico, perché le squadre di Sandro Puppo sono state le prime a provare il sistema della zona in anni in cui questo era impensabile. E anche da un punto di vista umano. Il suo lavoro di allenatore, coerente con la sua visione del mondo e con quanto aveva appreso fin da bambino nelle scuole inglesi di Shangai, portava Puppo a privilegiare l’aspetto mentale e la formazione dei giovani calciatori, cercando di costruire squadre che avessero fondamenta solide, progetti che durassero nel tempo. Senza promettere miracoli o risultati immediati, visto che “i maghi non esistono”. Posizioni spesso scomode, nel mondo del calcio di oggi come quello di allora, e che a volte lo porteranno allo scontro.

Una vita vissuta intensamente che trascina anche il lettore, portandolo a conoscere da vicino protagonisti della storia (sportiva e non solo) e figure memorabili che non compariranno nei libri. Pelè, Boniperti, Giuseppe Meazza, l’avvocato Agnelli, insegnanti di educazione fisica inglesi, nobili russi in esilio, tifosi turchi e anonimi resistenti catalani. Fino a che Puppo non si scoprirà anziano, con due figli e una moglie amatissima con la quale però, proprio per le sue scelte, il rapporto risulterà irrimediabilmente compromesso. E dovrà dedicarsi a se stesso e ai suoi affetti per riscoprirne il sapore. Tornerà a un paese dell’anima dal quale si è allontanato inseguendo le sue avventure, fino a conoscere nuovi modi di amare e, purtroppo, nuove forme di dolore.

Il mondo è in continuo movimento. Anche il calcio, e chi lo segue in questi anni lo sa. La storia di Sandro Puppo, con le sue cadute e i suoi picchi, viene da un tempo lontano. Ma la tenacia e l’onestà con cui quest’uomo oggi dimenticato ha portato avanti le sue idee, attraversando luoghi e culture così lontani, restano una testimonianza preziosa. “Forza, equilibrio, coraggio e giudizio, mio caro Puppo. Non lo dimentichi mai”.

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